In Italia è a rischio la democrazia? Non bisogna drammatizzare, ma oggi i segnali di un’involuzione che potrebbe far collassare il sistema democratico ci sono davvero e dovrebbero preoccupare tutti.

Non solo perché il governo è formato da due partiti che sono minoranza nel Paese (uno è crollato al minimo storico nelle politiche del 2018 e l’altro ha dimezzato i voti alle europee del 2019).

Non solo perché si sono barricati nel Palazzo, contro il Paese, e manifestano l’intenzione di non restituire la parola al popolo sovrano in nessun caso (nemmeno se crollasse l’Emilia Romagna rossa dopo l’Umbria), anche perché a primavera si decidono centinaia di nomine e poltrone.

Ma la situazione è preoccupante pure per i subdoli tentativi di legare le mani all’opposizione che è maggioranza nel Paese. È noto che la salute di una democrazia si vede anzitutto dalla libertà di azione delle opposizioni. Ma cosa accade oggi in Italia?

Non c’è solo il costante e massiccio attacco mediatico al centrodestra, la demonizzazione dei suoi leader con fiumi di rancore e parole ostili.“Cancellare Salvini” è qualcosa di più del titolo infelice e sgradevole “Repubblica”.

Sembra l’intenzione dei partiti al potere e significa – di fatto – legare le mani all’opposizione, cosa che peraltro è accaduta anche a livello parlamentare con il mancato esame della legge di bilancio alla Camera (e ha rischiato di accadere con il Mes).

È una situazione che dovrebbe preoccupare tutti. Consideriamo il “caso Gregoretti”: i partiti di governo hanno espresso l’intenzione di mandare a processo Salvini, con l’accusa di “sequestro di persona”, per aver ritardato – come ministro dell’Interno – lo sbarco di un gruppo di migranti dalla nave Gregoretti, in attesa della definizione della destinazione.

Salvini dice: “mi mandano a processo per aver difeso i confini (rischia una condanna a 15 anni e rischia pure di non poter più partecipare alla vita politica attiva).

A proposito dell’autorizzazione a procedere la costituzionalista Ginevra Cerrina Feroni ha osservato che “sembra esserci poco di giuridico in tutta l’intera vicenda, come ha argomentato Carlo Nordio”.

Obiettivamente quella di Pd e M5S appare come una decisione politica che mira solo a “cancellare Salvini”, perché quella che dovrebbe essere giudicata in tribunale è stata una scelta politica del governo gialloverde e avrebbe dovuto essere contestata allora, se non fosse stata condivisa dal M5S e dal premier Conte, il quale – per dettato costituzionale (art. 95) – “dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l’attività dei ministri”.

Se la decisione dell’allora ministro Salvini fosse stata illegale o non condivisa, il premier Conte l’avrebbe dovuta contestare e impedire quando venne presa, perché anche lui ne portava la responsabilità.

Ma soprattutto è la sostanza a sconcertare: in quale Paese i partiti di governo decidono di far processare il leader dell’opposizione per le sue scelte politiche che hanno avuto il voto e il mandato degli italiani?

E se poi il leader dell’opposizione – per le sue idee e le sue scelte, votate dagli elettori – fosse davvero condannato alla galera o comunque subisse la privazione dei diritti politici, venendo espulso dal Parlamento? E’ esagerato paragonare questa situazione alla Turchia di Erdogan?

Il clima pesante si ripercuote anche nelle istituzioni. La Corte Costituzionale ha deciso di bocciare come “inammissibile” il referendum elettorale, per l’abolizione totale del proporzionale, chiesto – secondo Costituzione – da otto Consigli regionali (di centrodestra).

L’ideatore del referendum, il leghista Calderoli, ha commentato: Ieri il quotidiano la Repubblica scriveva ‘Cancellare Salvini’ e oggi con la decisione negativa della Consulta sul referendum sulla legge elettorale possiamo scrivere ‘cancelliamo il popolo’”.

Il vicepresidente del Senato sostiene che “la decisione inaspettata della Corte Costituzionale pone fine alla possibilità che possano essere presentati futuri referendum abrogativi in materia elettorale e quindi, di fatto, pone la materia elettorale tra quelle che non possono essere sottoposte a referendum” (diversamente da quanto scrive la Costituzione).

Più duramente Salvini ha commentato: “È una vergogna, è il vecchio sistema che si difende: Pd e 5stelle sono e restano attaccati alle poltrone. Ci dispiace che non si lasci decidere il popolo”.

Dunque il popolo non può decidere nemmeno sulla legge elettorale. La Sinistra al governo infatti vuole cambiare lei la legge elettorale proprio per “cancellare Salvini” scongiurando o mutilando la vittoria del centrodestra col ritorno al proporzionale.

È in questo clima, con questa ossessione di “cancellare Salvini”, che dal cuore benestante e di Sinistra della Bologna prodiana, è emerso un gruppo – come dice Ferrara – di “fiancheggiamento dell’establishment” rosso: le sardine. Che combattono contro Salvini e contro l’opposizione, nella campagna elettorale in Emilia Romagna, fino al puerile tentativo di prenotare prima della Lega la piazza di Bibbiano per “scongiurare” il comizio di chiusura di Salvini in quel luogo.

Vanno in piazza con lo scopo (comico) di supportare il Potere, contro l’opposizione, e con la surreale pretesa di decidere loro (le sardine) in quali modi e con quali argomenti Salvini deve far campagna elettorale. Anche questo è un fenomeno che non si è mai visto in nessun sistema democratico.

Ma perché la Sinistra non ritrova l’orgoglio di presentarsi davanti agli elettori per competere lealmente col centrodestra? Perché ha così paura degli italiani e addirittura si nasconde dietro ad anonimi e intolleranti pesciolini? Possibile che Zingaretti e compagni non abbiano idee per l’Italia che ritengano degne di essere sostenute? Possibile che i leader del Pd non abbiano più neanche il coraggio di presentarsi col loro simbolo e le loro facce nelle piazze per la campagna elettorale dell’Emilia Romagna?

In effetti quello che sta accadendo – e non è raccontato dai media – è qualcosa di impressionante da cui la leadership del Pd sembra paralizzata. Non si tratta solo della vittoria del centrodestra alle europee o del trionfoimpressionante in Umbria, l’ex regione rossa dove la Sinistra è stata stracciata.

Il fatto è che anche in Emilia Romagna – come è accaduto in Umbria – Salvini, da settimane, si presenta con la sua faccia paese per paese, anche quelli più sperduti sull’Appennino e dovunque, proprio dovunque, c’è una folla di persone che lo ascolta e lo applaude. Un fenomeno simile non si è mai visto.

Nessun leader politico nella storia repubblicana ha mai avuto un tale riscontro popolare, oltretutto in due regioni (Umbria ed Emilia Romagna) che avrebbero dovuto essere di Sinistra.

Quello che sta avvenendo quotidianamente – e che Salvini documenta sui social – non trova riscontro sui media, ma ha letteralmente annichilito la leadership del Pd. La quale ha scelto di difendersi dagli italiani barricandosi nel Palazzo.

Zingaretti ha anche annunciato di voler cambiare il nome del suo partito: in effetti l’aggettivo “democratico” è diventato surreale.

.

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 19 gennaio 2020

Print Friendly, PDF & Email