Questa Unione europea non c’entra niente con l’Europa dei popoli. E’ solo una “Grande Germania” che domina a spese di tutti gli altri stati, ormai sudditi.

La Germania afferma il suo interesse geopolitico con l’unica “arma” che può usare – la moneta e la politica economica deflattiva – dopo che (con la sconfitta bellica del III Reich) ha rinunciato alla forza militare, a una politica estera e a un’identità nazionale. Proprio nella moneta ha posto la sua identità.

Macron propone alla Francia di fare la “spalla” di Berlino (di fatto è la strategia di Hollande), sperando così di poter lucrare rendite di posizione. L’Italia è il solito vaso di coccio, una terra di conquista di potenze straniere come accade dal XV secolo.

Abbiamo una classe dirigente che non ha idea dei progetti geopolitici in campo e non ha una strategia di difesa dell’interesse nazionale. E’ il modo migliore per venire spolpati. Ma se non si capisce il presente non si ha una chance di sopravvivenza.

La crisi in cui ci troviamo deriva da due fallimenti ideologici e imperiali (come fallì il sistema comunista e la sua ideologia). I due fallimenti suddetti rimandano al “partito di Davos” e al “partito della troika”, che rappresentano il tempio delle élite e delle tecnocrazie dominanti.

PRIMO FALLIMENTO

Il primo di questi due “errori” è l’utopia che si è affermata negli Stati Uniti, dagli anni Novanta, di un mondo unipolare: il “nuovo secolo americano”.

Si basava su deregolamentazione dei mercati finanziari, sottomissione degli stati ai mercati e ingresso della Cina nel Wto.

Il mondo unipolare è stata l’ultima follia ideologica del Novecento. Condivisa dai Democratici (famiglia Clinton/Obama) e dai Repubblicani “neocon” (Bush e dintorni).

Cambiava solo l’ideologia da imporre al mondo: laicista-liberal nel primo caso, “neoconservatrice” nel secondo. Ma il dominio unico, finanziario-militare, era l’obiettivo condiviso (così come tutte le guerre degli ultimi venticinque anni).

“Quel” modello di globalizzazione clintoniano è naufragato per i fallimenti militari e strategici di Bush e Obama e per l’esplosione della bolla speculativa, con la crisi americana del 2007-2008 (pagata dall’Europa, dai ceti medi e dai ceti popolari).

Infine è naufragato per l’arrivo di Putin al potere a Mosca che ha riportato sulla scena il secondo protagonista planetario.

Gli Usa infatti si erano illusi di aver annientato la Russia rendendola una colonia. Con il ritorno della Russia indipendente, a Washington hanno pensato scioccamente di demonizzarla, fino a imporle sanzioni, per isolarla.

Da qui le scelte (disastrose) di Obama (per esempio sulle “primavere arabe”, l’Ucraina e la Siria) e il disegno aggressivo della Clinton che sarebbe arrivata forse a un vero e antistorico scontro militare con la Russia.

SECONDO FALLIMENTO

L’altro progetto in via di fallimento – “vassallo” del primo – è appunto l’Unione europea come “Grande Germania” camuffata: la moneta unica e la politica economica imposta da Berlino hanno messo in ginocchio gli altri Paesi, deprivandoli pure di sovranità politica.

Anche questo progetto piccolo-imperiale è sostenuto e legittimato da un’ideologia che mescola insieme le bandiere laiciste/liberal (contro radici cristiane e valori tradizionali) con l’enfasi della retorica europeista che lancia anatemi sulle patrie e i diversi interessi nazionali (infatti c’è un solo interesse nazionale, quello tedesco, e si camuffa come europeismo).

Fa parte di questa ideologia anche l’apertura all’immigrazione di massa come strategia (folle e suicida) per sopperire alla denatalità (prodotto della cultura laicista) e per disporre del noto “esercito industriale di riserva” che tiene bassi i salari e il costo del lavoro (c’è chi si illude di avere nei migranti anche un bacino elettorale).

LA SVOLTA

Lo scenario cambia con l’arrivo alla Casa Bianca di Donald Trump (avversato dalle due fazioni gemelle: neocon e liberal) e con la Brexit che ha sottratto la Gran Bretagna all’impero continentale tedesco.

A queste due svolte si aggiunge “la fine della spinta propulsiva della Cina, che ora si rivolge al mercato interno, sostituendo le importazioni e facendo così crollare il commercio mondiale. Essa” scrive Giulio Sapelli “vede ora fuggire dalle sue terre gran parte degli investimenti esteri diretti ad alta tecnologia e intensità di capitale umano: i cinesi non sanno esprimere queste capacità e le industrie di pregio mondiale tornano a casa. La Cina, però, conquista in potenza militare e geostrategica ciò che oggi perde in potenza economica, si riarma grazie alla Russia e a buona parte degli stati asiatici e si espande aggressivamente alla conquista del Mar Cinese Meridionale”.

L’ennesimo frutto della politica di Obama che isolando la Russia l’aveva spinta verso la Cina.

QUEL CHE ACCADRA’

Sapelli è certamente uno degli osservatori più acuti del presente. Nel suo libro “Un nuovo mondo. La rivoluzione di Trump e i suoi effetti globali” (Guerini e Associati) traccia le strategie in campo e tenta delle previsioni.

Il libro è molto interessante per i tanti scenari che illumina, ad esempio la guerra in corso nell’Islam fra potenze sunnite e Iran sciita che ha conseguenze globali.

Sapelli segnala poi “la spregiudicatezza del Regno Unito, che ha scelto di abbandonare l’Europa per un accordo strategico di lungo periodo con la Cina sul piano finanziario e militare”.

Ma non c’è solo la Gran Bretagna ad “aspirare a un disegno imperiale”, perché pure la Francia “mira a un dominio in Africa a spese soprattutto dell’Italia” (vedi la guerra alla Libia di Gheddafi voluta da Sarkozy).

NUOVO MONDO

Sullo scenario globale il Grande Gioco è segnato anzitutto dalla presidenza Trump come inizio dell’“era del realismo internazionale” che “può essere vitale per l’Italia: può voler dire la fine delle sanzioni alla Russia”, che ci sono costate molto care, “una pressione sulla Germania perché moderi e poi abbandoni l’ordoliberismo devastatore, la pace nella Mesopotamia”, con la ricostruzione sarà anche un incentivo all’economia.

Secondo Sapelli “questi sono tutti passi della neo-sistemazione internazionale del mondo, essenziale per la sopravvivenza economica italiana – nazione centrale per le vicende europee, monetarie e politiche”.

Ma il contesto ideale sarebbe – per Sapelli – la costruzione di “un’Europa gaullista, ossia un’Europa che vada dall’Atlantico agli Urali” e alleata degli Usa.

Perché il mondo “va verso un bipolarismo Usa-Russia, con una geometria variabile di accordi e di dure battaglie commerciali con la Cina”, la quale punta al dominio dell’Asia o a imporsi come terzo polo planetario.
Questa “messa all’angolo” della Germania e lo sfarinamento del suo impero europeo sarà un’ottima cosa per l’Italia, se saprà metterlo a frutto.

Ma l’epoca Trump decollerà davvero?

POTERI FORTI

Sapelli vede il neopresidente sotto una spada di Damocle: “Trump rischia l’impeachment ogni giorno, se tira troppo la corda come è già accaduto in Brasile e come rischia di accadere anche in Russia se non si fanno tacere i blocchi di potere contrapposti”.

Cosa significa “se tira troppo la corda”?

Dopo l’elezione di Trump, Sapelli firmò un commento che esordiva così: “La grande triangolazione mondiale è iniziata. Trump irrompe sulla scena internazionale ancora ‘sub condicione’ sino a quando le forze potenti del sistema delle classi dominanti nordamericane non avranno deciso se lasciarlo salire al seggio più alto della cuspide del potere mondiale o rovinarlo con un battito poliarchico delle sopracciglia”.

A quali “forze” alludeva? Al cosiddetto “Stato profondo” e a quell’establishment che conta più del voto popolare e può rovesciarne le scelte.

Noi in Italia lo abbiamo già sperimentato, con il conseguente commissariamento.

In Francia con Macron l’establishment è sceso direttamente in campo. Da tener presente in quest’epoca di realismo: gli elettori contano fino a un certo punto. Purtroppo.

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Antonio Socci

Da “Libero”, 7 maggio 2017

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