Se tutto il Meeting diventa una passerella non c’è più una proposta cristiana chiara e originale, ma solo una sfilata di idee equivalenti… Oltretutto il ministro Ds l’ha sparata grossa sul pelagianesimo: l’esatto contrario di ciò che dissero a Rimini Ratzinger e Giussani.

Dopo aver dichiarato guerra a tassisti, avvocati e farmacisti il ministro Bersani è stato invitato ad assestare una sberla pazzesca anche alla teologia. Anzi due: la prima alla storia dottrinale della Chiesa (con un’esilarante intervista a Famiglia cristiana), la seconda al pensiero di don Giussani che il ministro è stato chiamato ad “illustrare” al Meeting di Rimini.

E’ anche per questo (ma non solo) che io ho disdetto. Lo dico, scusandomi del fatto personale, per premettere che non ho nulla contro il Meeting in sé, uno splendido evento. Ero stato invitato a Rimini (e ringrazio) a presentare il mio ultimo libro, “Il genocidio censurato”. Ero già in programma per domenica 20 agosto alle 15. Ma ho detto no. Non mi interessa la promozione. Non condivido ciò che il Meeting sta diventando.

Capisco – anche se non condivido – la necessità di far fare passerella a ministri, sottosegretari, politici vari (di tutti gli schieramenti), pure nani e ballerine, ma per questo ci sono già decine di incontri in quella settimana di fine agosto. La Fiera di Rimini rischia già per sei giorni di essere la fiera delle vanità. Ma almeno il settimo è il giorno del Signore. C’è sempre stato un momento “clou” che esprimeva il cuore dell’esperienza di Comunione e Liberazione da cui nasce il Meeting, il momento in cui l’annuncio di Gesù Cristo era limpido e affascinante: coincideva di solito con la presentazione del nuovo libro di don Giussani. E’ infatti all’inconfondibile accento di Giussani, alla sua capacità di comunicare il senso della vita e di rendere presente Gesù Cristo, che migliaia di giovani (e non giovani) che vanno al Meeting sono più interessati.

Ebbene quest’anno a presentare il libro di don Giussani (l’ultimo: “Dall’utopia alla presenza”) è stato chiamato il ministro diessino per lo sviluppo economico Pierluigi Bersani. Avrei capito se si fosse chiamato Bersani a discutere di politica economica, dove già sta facendo i suoi danni (avendo dichiarato guerra al ceto medio) e dove ha preso lucciole per lanterne alimentando per tutta la campagna elettorale la storiella propagandistica del “declino” e del latte che manca alle famiglie italiane nella quarta settimana. Magari su queste sue trovate poteva essere messo a confronto con Tremonti (che invece parlerà a Rimini il giorno prima). Ma chiamare Bersani a illustrare il pensiero di Giussani è qualcosa di peggio di un’assurdità: mi pare una barzelletta, neanche molto rispettosa di Giussani. E’ come chiamare Mastella a fare una lezione in tedesco su Hegel. O chiedere a Di Pietro una conferenza sulla poesia persiana medievale. O ingaggiare Emilio Fede per un corso sulla mistica di Teresa d’Avila o sulla meditazione del “sangue” in Caterina da Siena. Per carità, tutto è possibile, ma come antico frequentatore del Meeting (dalla prima edizione) mi pare che non tutto sia accettabile.

Don Giussani non è stato solo il padre di un’intera generazione (e di altre che verranno), ma è stato uno dei più geniali pensatori cristiani della modernità. Lo stesso Joseph Ratzinger – che pure è un grande – si è detto più volte suo debitore. Ebbene, far presentare il pensiero di Giussani dal ministro Bersani potrà essere buono per la Compagnia delle opere (il cui nesso con CL continua ad essere a me del tutto incomprensibile), ma non mi pare che esprima una grande considerazione per le migliaia di giovani che vanno al Meeting e che non sono affatto “truppe cammellate”, come spesso vorrebbe la stampa, ma persone molto consapevoli, intelligenti ed esigenti.

Non che l’essere (stati) comunisti e l’occuparsi di economia – di per sé – impedisca di dire cose intelligenti, anche in fatto di fede e di avere domande autentiche sulla vita. Per esempio il Claudio Napoleoni di “Cercate ancora” – che s’interroga drammaticamente su Gesù, sulla salvezza dell’umano e sull’Eucaristia – sarebbe stato molto interessante da ascoltare. Ma Bersani non è Napoleoni. E se qualcuno avesse avuto qualche dubbio sulla sua adeguatezza ci ha pensato lui stesso a esporre i suoi titoli con un’intervista appena uscita a “Famiglia cristiana”. Sarebbe il suo biglietto di presentazione per il Meeting. Il Bersani “gigante della teologia” viene fuori in tutte le sue dimensioni. Il ministro esordisce rivelando che in casa sua si leggeva “Famiglia cristiana”. I maligni potrebbero concluderne: allora si capisce perché da giovane aderì ad Avanguardia operaia e poi è diventato un burocrate del Pci emiliano. Ma a parte le facili ironie, il ministro racconta di aver fatto una delle più grande scoperte della storia dell’umanità, una geniale trovata “che non vedo ancora smentita”. Eccola: “il pensiero politico occidentale, che è il più avanzato del mondo, è figlio diretto del pensiero teologico”. Questa – sottolinea Bersani – è “una mia idea della politica”. Come commentare? Sarebbe come se Bersani ci avesse appena rivelato di aver scoperto un continente di là dall’Atlantico e averlo chiamato “America”. Rivendicando gelosamente la paternità dell’idea. Viene da sorridere e da dargli un’amichevole pacca sulla spalla (evidentemente il ministro ha poca dimestichezza pure con Marx e con le sue origini filosofiche hegeliane). Poi il ministro spiega che da questa “sua” idea scaturì la decisione di fare la tesi, per la laurea in filosofia, su san Gregorio Magno. E qui Bersani si avventura in una disastrosa selva di gaffe e di assurdità che, ritengo, avrebbe provocato in Giussani qualche divertita battuta. Il ministro esordisce affermando che “nei primi secoli dopo Cristo il pensiero cristiano viveva due estremi, quello agostiniano e quello pelagiano”. Poi Bersani spiega che, in sostanza, da S. Agostino viene l’assolutismo e da Pelagio l’ “idea di democrazia”. Già qui siamo alle barzellette, ma il nostro va avanti. San Gregorio risolse il conflitto, a sentire Bersani, dando ragione in sede teorica ad Agostino, ma in pratica fondando “una Chiesa il cui messaggio doveva essere fondamentalmente pelagiano, perché se il parroco non può neanche dire che bisogna fare i bravi in quanto Dio ha già fatto tutto per conto suo, cosa ci sta a fare?”

E’ difficile mettere in fila una tale quantità di castronerie. Bersani fa di Agostino un eretico e di Pelagio un padre della Chiesa. E’ vero esattamente il contrario: Agostino è il Padre della Chiesa e Pelagio è l’eretico condannato ripetutamente da Roma. Ma il punto importante è un altro. Capisco che a quest’apologia di Pelagio l’intervistatore di Famiglia cristiana non abbia ritenuto di obiettare. Ma il “pelagianesimo”, come degenerazione moralista e volontarista del cristianesimo, è il grave pericolo contro cui si è battuta per anni CL, con “Il Sabato” e “30 Giorni”, il rischio contro cui don Giussani ha sempre ammonito: “il pelagianesimo è l’eresia propria del tempo di oggi”, è l’opposto del cristianesimo spiega in “Dal temperamento un metodo”.

Su questa battaglia CL fu allora affiancata da un grande uomo di Chiesa: Joseph Ratzinger. Che all’unisono con Giussani affermò: “Questa modalità moralistica di attualizzazione dell’Antico Testamento finisce necessariamente in un fallimento; in questo punto preciso stava già l’errore di Pelagio, il quale ha oggi molti più seguaci di quanto non sembri a prima vista”. Ratzinger fece questa accorata denuncia il 1 settembre 1990 parlando, guarda caso, al Meeting (sedici anni fa). E quello di oggi?
Sostituire Giussani e Ratzinger con il Bersani-pensiero? No, grazie.

Fonte: © “Libero” del 10 agosto 2006

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