C’è una lirica di Gerard Manley Hopkins intitolata “A che serve la bellezza mortale?”. Dove il poeta scrive: “vedi, fa così: tiene calda/ l’intelligenza dell’uomo alle cose che sono;/ a quanto significa il bene”.

E conclude: “Basta che l’incontri; riconosci,/ in cuor tuo, del cielo il dolce dono; poi parti, abbandonalo./ Sì, augura, a tutti augura, di Dio la più graziosa bellezza, la grazia”.

Perciò il mio “Te Deum” – al tramonto dell’anno Domini 2011 – sta tutto in una riga. Questa: “Ti ringrazio di avermi creato e fatto cristiano”.

Come recitavo nelle mie preghiere di bambino che poi sono le preghiere di ogni buon cristiano. Una frase semplice che dice tutto.

Ti ringrazio di avermi creato , di avermi pensato dall’abisso del tempo, di aver voluto proprio me, col mio volto, nella terra di san Francesco e santa Caterina, in questo tempo… di avermi amato dall’eternità        , di avermi dato la splendida famiglia in cui sono nato, di avermi fatto venire al mondo e avermi fatto crescere in questo brandello di terra Toscana, in questo giardino con questo albero di melograno rosso fuoco e questo grande tiglio profumato, sotto un cielo così azzurro.

E – dopo avermi chiamato dal nulla all’essere – ti ringrazio di avermi fatto cristiano così da scoprire che “la tua grazia vale più della vita”.

Veramente di più. E mille e mille grazie quotidiane mi ubriacano di stupore.

Ringraziare del resto significa predisporsi a ricevere altre grazie. Così mi è stato insegnato. Saggezza e grandezza del decimo lebbroso: ringraziare…

Ma – a questo proposito – un giorno è accaduto un fatto strano. La Regina del Cielo in persona è venuta fra noi, c’è da trent’anni, un fatto mai visto in duemila anni di cristianità.

E’ venuta – a Medjugorije – letteralmente per salvarci, nella nostra sorte terrena ed eterna.

Questa splendida Regina, altissima e meravigliosa, viene tra noi ogni giorno ed ecco che ogni giorno – da trent’anni – ringrazia di averla accolta e ascoltata.

Proprio così dice: “grazie di aver risposto alla mia chiamata”. Alla fine di ogni suo messaggio esprime col sorriso questa sua gratitudine. Sempre.

Ogni giorno, da trent’anni.

Viene con questa sublime gentilezza, con questa bontà d’animo, con questa grazia che farebbe piangere di gioia se solo ci soffermassimo a pensare.

Che vorrà dire? Forse che lei è il “grazie” di Dio a noi. Il “grazie” del Creatore, che è tutto, alla creatura che è nulla. Ma un nulla che Lui ama follemente. Grazie perché ci lasciamo amare e salvare.

La stessa gentilezza per cui, a Lourdes, 150 anni fa, dando del “voi” a Bernadette, a cui tutti davano del “tu”, le chiese se poteva farle la gentilezza di tornare lì, alla grotta di Massabielle nel giorno da lei indicato.

Le chiese questo favore. Lei, la Regina del cielo e della terra. Il favore – quasi, si direbbe – si essere ricevuta da quella fanciulla povera, malaticcia, disprezzata da tutti.

Lei, la grande Regina, che era venuta dal cielo per apparire in una fangosa grotta usata di solito per ricoverare pecore o maiali.

Lei che era scesa in questa lurida grotta. Perché Lui, che era il Creatore del mondo, era voluto nascere in un’altrettanto lurida grotta.

Lei che è “madre d’ogni nuova grazia/ che ora scende sulla nostra razza”.

Come recita un’altra bellissima lirica di Hopkins intitolata: “The blessed Virgin compared to the air we breathe”. Ovvero: La Beata Vergine paragonata all’aria che respiriamo.

Da cui voglio prendere solo pochi versi:

“colei che

ha solo questo compito –

far trasparire tutta la gloria di Dio,

la gloria di Dio che l’attraversa

e da lei s’effonde,

solo così e non per altra via.

Dico che siamo avvolti

dalla misericordia tutt’attorno

come dall’aria: questa

è Maria”.

Madre di tutte le grazie e volto luminoso di ogni “grazie”.

Antonio Socci

 Da “Tempi”, dicembre 2011

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