Di certo l’inglorioso caso Savoia (un casino, anzi un casinò) è utile al governo.
Sono chiassosamente tornati i reali, invece i conti (di Prodi) non tornano, ma nessuno più ne parla.
I conti non tornano né in economia (lo scomparso e controverso “cuneo fiscale, la paventata stangata, la legge Biagi), né in politica estera (Usa, Iraq e Afghanistan), né con la modernizzazione del Paese (le grandi opere che sono state bloccate), né come “immagine pubblica” (la moltiplicazione delle poltrone), né sui temi di costume come la parata del 2 giugno, il gay pride e il “caso Mussi”.
Secondo i giornali di una settimana fa stavano già prendendo le distanze da questo esecutivo gli Usa, la Confindustria, la Chiesa, l’esercito e in parte i sindacati (perfino Eugenio Scalfari ha storto il naso).
Claudio Rinaldi – pur simpatizzante di sinistra – sull’Espresso esternava così il suo sconcerto: “A rendere più fastidiosa la verbosità corrente (dei ministri) contribuisce la sua scarsissima capacità di tradursi in atti di governo. Finora si è pontificato, ma non operato… Al proliferare delle chiacchiere ha corrisposto soltanto il moltiplicarsi delle poltrone, fino al grottesco record di 102 fra ministri, viceministri e sottosegretari”.
Insomma il rodaggio del nuovo governo, secondo Rinaldi, è addirittura “imbarazzante”.
Ma il “casinò royal” ha tolto i riflettori dal casino del centrosinistra, portandoli sul centrodestra. Cosicché Prodi può perfino improvvisarsi accigliato moralista e commentare le intercettazioni telefoniche sulle “belle ragazze” come fosse Montaigne: “Leggendo le trascrizioni delle telefonate mi ha solo intristito questa costanza di disprezzo per la donna. Questa strumentalizzazione è terribile”.
Ora, va detto che Prodi ha un bel po’ di ragione. Il mandrillismo esibito in quelle telefonate è avvilente. Ma – per chi ha votato centrodestra – ancora più desolante è la politica culturale e televisiva di una classe dirigente che aveva promesso di spalancare le finestre del Paese alla modernità e ai valori forti della tradizione, rompendo una plumbea e cinquantennale egemonia culturale della Sinistra, ed ha finito poi per fare solo la tv dei “pacchi”, dei grandi fratelli, delle tette e dei culi, la tv dove la cultura è stata affidata (letteralmente) a Gigi Marzullo.
Non si può far finta di nulla, bisogna pur dare un giudizio su questo naufragio politico, culturale e di costume.
Sul caso specifico non credo che Prodi possa rappresentare tutti i suoi avversari come una suburra di maschilisti infoiati e il proprio schieramento come fosse fatto di immacolati poeti provenzali.
Non è questa nostra sinistra che voleva fare l’Ulivo mondiale con il mitico Bill Clinton? Non mi pare che nella stanza ovale della Casa Bianca sia emersa una così nobile e squisita sensibilità per la donna.
Né mi pare – se la memoria non m’inganna – che Prodi e compagni si siano mai improvvisati severi censori dell’amico Bill come hanno fatto in queste ore per qualche gallo nostrano.
Certo, il problema oggi sollevato da Prodi – la dignità della donna – è di grande momento. Ma a lui spetta innanzitutto affrontarlo da politico. Invece di leggersi, divertito, quelle intercettazioni getti un’occhiata su certe notizie di cronaca.
Eccone una di ieri, davvero impressionante: “Albanese costretta ad abortire cinque volte”. Il colpevole è anch’egli albanese.
Riprendo la cronaca di Avvenire: “Violentata, seviziata, costretta a prostituirsi e ad abortire addirittura cinque volte. E’ la straziante storia di S. A. trentatreenne albanese, giunta in Italia nel 1998 assieme a decine di altri connazionali a bordo di un gommone salpato da Durazzo”.
La magistratura indaga su queste violenze e sevizie, su questi aborti forzati e sul mancato rispetto delle procedure previste dalla legge 194.
Una storia limite? Può darsi. Ma il “mercato” delle ragazzine deportate a prostituirsi dai paesi dell’est è un fenomeno di massa e non è forse l’immigrazione incontrollata che ha permesso alla criminalità di riempire le nostre periferie di queste poverette in vendita?
Non è questo un “disprezzo per la donna” molto più grave di quello che ha fatto insorgere Prodi, visto che, se non altro, dalle intercettazioni (pur umilianti) nessuna risulta costretta a subire una violenza?
Una maggioranza di governo che vuole di nuovo spalancare le nostre frontiere e che si è opposta alla commissione d’inchiesta sull’applicazione della legge 194, nonostante che gli aborti siano tornati a crescere l’anno scorso proprio per le donne immigrate, dovrebbe riflettere più seriamente sulla “dignità della donna”. E capovolgere la sua politica almeno in materia di immigrazione e di applicazione della 194.
Sull’ultimo numero dell’Espresso è uscita la lettera di una donna, Carla, medico ostetrico. Dice così: “da giovane medico avevo fatto la mia scelta spinta da convinzioni laiche ed etiche. Volevo aiutare, in un servizio pubblico e con tutte le garanzie psicologiche e sanitarie, le donne che si trovano a compiere la tremenda scelta dell’aborto.
Volevo salvarle dalla dannazione della clandestinità, ma non sapevo che avrei dannato me stessa.
Della legge 194, che pure metteva in primo piano la prevenzione, sono rimasti solo questi opifici di aborti. I consultori funzionano poco e male, non c’è la possibilità di un aiuto per le donne (penso alle immigrate lontane da casa) che potrebbero anche rivedere la loro scelta coatta”.
La giornalista dell’Espresso risponde gelidamente che la pillola Ru486 sarebbe la soluzione, “una pillola che dal dramma dell’aborto toglierebbe almeno l’aspetto cruento”. Dice proprio così. E nella compagine di governo si pensa e si dice la stessa cosa. Sennonché quella pillola è l’esatto opposto.
Assuntina Morresi e Eugenia Roccella (ex leader del Movimento di Liberazione della Donna) hanno appena pubblicato uno studio impressionante, “La favola dell’aborto facile”.
Vi si legge: “Una campagna ideologica indifferente alla salute delle donne ha diffuso intorno alla Ru486 il mito di un aborto facile. Il nuovo farmaco è apparso come un simbolo di libertà femminile e di progresso.
La realtà è drammaticamente diversa: l’aborto chimico è più rischioso, doloroso, traumatico di quello effettuato con altri metodi. Inoltre dura molto più tempo e riversa ogni responsabilità su chi lo subisce…
Le donne che ne hanno fatto esperienza hanno segnalato spontaneamente centinaia di eventi avversi: infezioni, emorragie gravi, crampi violenti, allergie, complicazioni cardiache e respiratorie.
Quel che è più grave è che di Ru486 si muore. Fino ad oggi sono 13 le donne morte nel mondo ocidentale” tanto che “la maggiore rivista medica internazionale ha stabilito che l’aborto chimico ha una mortalità 10 volte superiore a quello chirurgico”.
Il governo Prodi intende promuovere la dignità della donna con la Ru486 ? E spalancando di nuovo le frontiere all’immigrazione, con somma gioia di tanti trafficanti di ragazze? E intende riconsegnare le donne dell’Afghanistan ancora in mano ai talebani (per non dire degli altri regimi islamici)?
Prodi ha sollevato una grande questione – la dignità femminile – ma sarà giudicato sulle scelte di governo, non sulle belle parole.

Fonte: © Libero – 22 giugno 2006

Print Friendly, PDF & Email