© “Libero”, 13 agosto 2006

REPLICA DEL MINISTRO BERSANI

Caro Direttore,
alle pagine che mi dedica Antonio Socci non replico nulla. Rispetto le sue opinioni; quando sono pungenti o addirittura inutilmente offensive, porgo l’altra guancia. Le chiedo tuttavia di poter precisare un punto che non interessa a nessuno, ma moltissimo a me. Non mi sento affatto “pelagiano”. Due battute palesemente male interpretate di un’intervista non possono consentire uno stravolgimento delle mie convinzioni. Non sono sofismi. Socci conosce bene l’assoluta attualità di quella disputa. Ne discuterei volentieri anche con lui, ma pare non voglia darmi la patente, non solo per la mia ignoranza, che potrebbe sempre mettere alla prova, ma per il mestiere che faccio. Chiedo allora: come si fa a parlare di radici cristiane dell’Europa (locuzione che ho condiviso in ogni sede) e poi pensare che la discussione su quelle radici sia una esclusiva dei chierici o degli illuminati? Non dovrebbe essere non dico obbligo, ma almeno facoltà di un politico farsi una qualche idea in proposito?
Vorrei in ogni caso tranquillizzare. Come sempre, andrò al Meeting indossando i miei panni. Non mi metterò a fare il teologo, né porterò acqua al mare spiegando Giussani a chi deve spiegarlo a me.

Cordialmente
Pier Luigi Bersani

RISPOSTA

Mi dispiace che il ministro Bersani si sia un po’ risentito di qualche espressione ironica: sappia che personalmente lo considero comunque fra i migliori della sua parte e della parte avversa. E non da ora. Del resto lo stile e l’intelligenza con cui risponde confermano che è una stima molto ben riposta. Diversamente da Michele Serra – che ieri sulla Repubblica è intervenuto con superficialità da orecchiante, non avendo letto il mio articolo, ma solo il resoconto del Corriere – Bersani va alla sostanza della mia contestazione. Non è questa la sede per approfondire la disputa delicata che oppose Agostino e Pelagio e voglio dare molto volentieri la mia disponibilità al ministro per discuterne come e quando vuole (dovunque si sia interessati a “libertà e grazia”, questione centrale della fede cristiana). Qui però devo precisare che non sono io ad aver male interpretato la sua intervista. Lei, stando al resoconto di “Famiglia cristiana”, sostiene che il pensiero di Agostino su Dio e la libertà umana (che – mi lasci dire – lei stravolge) è “una perfetta metafora del concetto assolutistico”. Mentre quello di Pelagio conferisce “un ruolo all’uomo” e arriva “attraverso vari passaggi, a un’idea di democrazia”. Nell’intervista lei, legittimamente, mostra di riconoscersi in questa posizione contrattualistica e dialogica, ma poi afferma addirittura che fu abbracciata da san Gregorio Magno e nientemeno dalla Chiesa “il cui messaggio doveva essere fondamentalmente pelagiano”. Mi lasci dire che lei innanzitutto opera una semplificazione razionalistica di quel mistero in cui – per Agostino e per la Chiesa – coesistono onnipotenza di Dio e libertà umana, perché lo riduce a un problema politico di bilanciamento dei poteri del re. La questione invece è molto più complessa. Se poi l’intervistatore ha stravolto il suo pensiero dovrebbe contestare lui non me. Perché a me sembra di averlo interpretato alla lettera (e allo stesso modo l’ha interpretato il sito di Sandro Magister sull’Espresso). Ho ritenuto sbagliate le sue tesi anche perché lei dimentica che il pelagianesimo è dottrina condannata come eretica dalla Chiesa. E ho fatto presente che i suoi argomenti sono antitetici a quelli che ripetutamente aveva svolto don Giussani. In questo senso ritengo che per presentare in una sede come il Meeting un libro di Giussani se ne dovrebbe conoscere molto bene il pensiero. E mi sembra chiaro che lei sia stato scelto con un criterio politico (che io non condivido quando c’è in gioco l’annuncio cristiano). Ma lungi da me la pretesa di dare patenti. Non ne ho i titoli e non mi piacciono. Concludo osservando che non avrei avuto nulla da ridire se il Meeting l’avesse invitata, insieme ad altri politici, a discutere, come lei dice, delle radici cristiane dell’Europa che è questione eminentemente politica. Quella sì sarebbe stata una splendida idea. Non dubito che lei avrebbe avuto cose molto interessanti da dire.

Antonio Socci

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LETTERA AL CORRIERE DELLA SERA del 15 agosto 2006

Signor Direttore,
Le chiedo gentilmente di rettificare quanto mi viene attribuito nell’articolo comparso il 14 agosto sul ministro Bersani, me, Pelagio e S. Agostino.

Non mi sono mai sognato di contestare l’invito al Meeting di Bersani che anzi – ho scritto – sarebbe stato interessante ascoltare su tanti temi (l’economia per esempio). Mi è sembrato solo assurdo affidare a lui il momento clou del Meeting, cioè la presentazione del nuovo libro di don Giussani, evento che da sempre propone con chiarezza l’intuizione del cristianesimo da cui nasce il Meeting. Il ministro Bersani non mi sembra il relatore ideale non solo per le sue tesi su Pelagio e S. Agostino, che sono esattamente antitetiche a quelle sviluppate da don Giussani, non solo perché non mi pare un accurato conoscitore e frequentatore di Giussani, ma anche perché mai un tale evento è stato affidato a un ministro. La scelta è singolare. Un po’ come se il tradizionale comizio di chiusura della Festa dell’Unità fosse affidato al direttore dell’Osservatore romano. La decisione mi è parsa dimostrare da parte del Meeting un sostanziale disinteresse per i contenuti e una chiara scelta politica. E’ secondo me l’ennesimo segnale che la Compagnia delle opere sta fagocitando Comunione e liberazione. Perciò si assiste a uno snaturamento del Meeting che così non ha più una proposta e un’identità. Grazie.

Antonio Socci

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LETTERA AL GIORNALE DEL 15 agosto 2006

Signor Direttore,
come lei sa, per antica amicizia, non replico mai ad attacchi volgari e conditi di falsità. Così farò anche nel caso dell’articolo di Luigi Amicone uscito sul Giornale di domenica. Mi permetta solo di informare i suoi lettori, per il rispetto che meritano, di un particolare perché possano valutare chi è l’autore di quell’invettiva e chi è il sottoscritto. Dunque il suddetto Amicone, direttore di Tempi, a un certo punto, con la sua tipica “eleganza” mi sfida (“voglio vedere se hai le palle”) a un “duello rusticano davanti al popolo del Meeting”, cioè a una disputa pubblica a Rimini sulle critiche che io ho rivolto al Meeting. Ovviamente mi sono subito detto disponibile, ma il suddetto Amicone, dopo aver lanciato la sfida pubblica, su un giornale nazionale, mi ha fatto sapere in privato che no, ovviamente mai e poi mai lui può proporre al Meeting una cosa simile, né il Meeting accetterebbe un dibattito finalmente libero su questi argomenti. Naturalmente il direttore di Tempi avrebbe potuto, col suo giornale, organizzare lui, a margine del Meeting, tale dibattito, ma non ritiene evidentemente di potersi permettere i “lusso” di essere un uomo libero e nemmeno una persona seria. Con ciò il “caso Amicone” per me è chiuso, resta invece aperta la questione importante: il “problema Meeting”, anzi il “caso CL”.

Quindi il tracimare della Compagnia delle opere sulla natura ecclesiale del movimento e la necessità di un clima di cordiale libertà al suo interno. Non c’è solo il “dialogo” con i lontani (come il ministro Bersani che si “incorona” come teologo sul palco del Meeting), ma sarebbe auspicabile anche il dialogo libero in casa propria, con i familiari. Che oggi sembra assolutamente vietato.
Con i più cordiali saluti,

Antonio Socci

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