Ieri c’era euforia nel centrodestra per il sorprendente trionfo di Casini e Fini a Ballarò.
Alcuni del loro entourage, scrutando gli avversari, commentavano: “se la stanno facendo sotto”.
E non alludevano alla famosa dirigente della sinistra che – secondo Dagospia – avrebbe disertato un dibattito per un attacco di “dissenteria” (auguri di pronta guarigione).
Ma si riferivano a Fassino e Rutelli che hanno disertato “Matrix”, dove dovevano confrontarsi di nuovo con Fini e Casini. I leader ulivisti hanno detto di voler così protestare contro la supposta performance di Berlusconi a “Terra”.
Ma molti hanno pensato che volessero evitare di ripetere la figuraccia di martedì sera (del resto anche Prodi resta un uomo in fuga: ha fatto saltare pure il confronto con Berlusconi a “Terra”).
Vedere Casini e Fini, a Ballarò, è stato come vedere la Roma vincere fuori casa, a Torino, contro la Juve per quattro a zero.
La loro performance ha rivelato che il centrodestra ha due punte eccellenti.
Migliori del centravanti (il Berlusconi di oggi somiglia un po’ a Ronaldo, che è pur sempre un goleador, ma appesantito).
Invece la grinta e la preparazione mostrate da Pier e Gianfranco, martedì, hanno fatto intuire il felice rinnovamento generazionale che il centrodestra poteva (e può ancora) realizzare.
Male ha fatto il Cavaliere a tenere in ombra queste due punte per trasformare le elezioni (ancora una volta) in un referendum su se stesso.
Oltretutto secondo i sondaggi Casini e Fini sono più popolari di lui fra gli italiani.
Male farebbe a immaginare di tenerli in ombra domani con la storia del vicepremier donna (a proposito: va benissimo la Moratti, ma lasci perdere la Prestigiacomo che è una frana).
E male ha fatto – sempre Berlusconi – pochi giorni fa, a dire che diffidava degli alleati con il nome in “ini”. Loro avrebbero potuto ricambiare diffidando dell’alleato che finisce per “oni” e non l’hanno fatto.
A proposito di “oni” avrebbero potuto prendere le distanze dalla popolaresca performance del premier sui “coglioni”. E invece, lealmente, Casini – pur dissociandosi dalla scelta linguistica – ha chiesto ai giornalisti perché mai Prodi può dare del delinquente, del matto e dell’ubriaco agli altri senza che le vestali del bon ton si straccino le vesti.
A “Ballarò” i due consoli del centrodestra sono stati leali col Cavaliere, e poi intelligenti, preparati e brillanti.
Fini ha smesso di recitare la parte, un po’ bolsa, dello statista politically correct, ha ripreso i panni del guastatore (che gli riesce splendidamente quando resta calmo) e ha letteralmente devastato il campo avversario.
Casini ha sparato la palla in gol a ripetizione mostrando la grinta e la preparazione del leader.
Fassino e Rutelli alla fine erano suonati come campane.
L’oliato meccanismo di Ballarò (la pubblicità dopo le invettive della Sinistra, l’esperto straniero che parla come Pecoraio Scanio, le interruzioni continue) è andato letteralmente in pezzi.
La conclusione è semplice: habemus consules.
Casini e Fini hanno fatto propria la “rivoluzione berlusconiana” che è innanzitutto comunicativa (l’idea del contratto con gli elettori, la difesa della gente dall’oppressione fiscale e statalista, la fine dei sofismi politicanti, una sana aggressività, senza complessi, verso la Sinistra, l’impegno su obiettivi di modernizzazione).
Ma aggiungono a questo lo smalto delle “facce giovani”, i toni rassicuranti, la mancanza di conflitti di interesse e soprattutto la capacità di articolare anche un discorso d’insieme su “dove va il mondo”, su “cosa vogliamo per questo paese”.
Insomma un sano discorso sulla politica e i valori. Quello su cui Bush ha ottenuto la sua rielezione.
Ciò su cui Berlusconi invece si ritrae totalmente, barricandosi sul tema unico ed esclusivo (angusto) delle tasse.
Casini e Fini hanno un’idea del mondo che è in sintonia almeno con metà dell’Italia. Devono solo essere più coraggiosi ed espliciti sui loro contenuti e troveranno dalla loro la maggioranza degli italiani.
Un esempio: la tragedia del piccolo Tommaso. Solo Casini ha capito bene che il Paese è stato percosso da una fortissima emozione, che la classe dirigente aveva il dovere di ascoltare e che la sinistra non poteva interpretare questa indignazione. Ma il centrodestra deve.
La gente non accetta che i colpevoli del massacro del bambino se la cavino con una condanna di alcuni anni che poi viene fatalmente diluita nel tempo.
Repelle l’idea di mantenere questi signori per anni a spese della collettività. Si poteva e si può dare il segno di una risposta più dura e di una pena deterrente, prospettando, per esempio, i “lavori forzati” per i colpevoli di eccidi particolarmente efferati.
I “lavori forzati” quantomeno nella versione italiana cioè il carcere speciale dell’Asinara, chiuso dal governo Prodi nel 1997. Lì i detenuti dovevano mantenere, con il loro lavoro, l’isola, non vivevano sulle spalle della società e avevano un cammino di “ripensamento” ed espiazione più serio.
Un altro tema: il nucleare. E’ stato toccato da Casini, da Fini e da Tremonti. Ma dovrebbe essere trasformato in grande battaglia politica. C’entra l’economia (le nostre bollette di casa, le più care d’Europa, il sistema produttivo svantaggiato), c’entra la politica internazionale e la sovranità nazionale (con la dipendenza dal petrolio siamo alla mercé dei califfi e dei despoti di vario genere), c’entra il buon senso (compriamo comunque energia di origine nucleare dai nostri vicini), c’entra l’ambiente (il nucleare è l’unica fonte di energia capace di realizzare il protocollo di Kyoto, oltretutto ormai con impianti sicuri). Perché non farne un grande obiettivo strategico per l’Italia di domani?
E poi i valori forti della vita e della famiglia, quelli dell’identità cristiana e umanista dell’Italia e dell’Europa, la battaglia contro la deriva zapaterista e quella eugenetica.
Casini è il più lucido e conseguente (insieme, dobbiamo dirlo, alla Lega che però sbaglia troppo spesso i toni e gli argomenti).
Fini ha avuto uno sbandamento suicida nel referendum dell’anno scorso quando si è rimangiato un patrimonio di battaglie per un salto della quaglia che lo ha portato alla disfatta e ha devastato l’identità di AN.
Ma Fini può tornare sui suoi passi. Su questa frontiera, con Casini, può ambire a rappresentare quel 75 per cento degli italiani che – anno scorso – hanno deciso di mandare in malora tutti i giornali, le lobby e i partiti organizzati. Si trovano così in sintonia con la parte più interessante di Forza Italia (da Pera a Tremonti, da Formigoni a Pisanu) e con la Lega.
Comunque sia “Ballarò” ha segnato una svolta. Se vince il centrodestra gli effetti positivi di questa leadership plurale saranno ovvi, mentre il centrosinistra esploderà.
Se vincesse il centrosinistra la Casa delle libertà può evitare la dissoluzione avendo comunque trovato una leadership giovane su cui puntare per la ricostruzione e la rivincita.

Fonte: © Libero – 6 aprile 2006

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