L’estate dei giornali offre un campionario di curiosità sorprendenti.

DE VULGARI ELOQUENTIA

All’espressione figlio di puttana, “nella variante ‘fili dele pute’ che si legge nell’affresco della basilica romana di San Clemente, del secolo XI, spetta il primato di più antico insulto scurrile attestato in italiano”.

Lo scrive Lorenzo Tomasin, recensendo, nell’inserto cultura del “Sole 24 ore” (31/7), il libro di Pietro Trifone, “Brutte, sporche e cattive. Le parolacce della lingua italiana” (Carocci). Un volume erudito dove si scopre pure che il termine “mignotta” evoca il “francese mignot(te), che all’origine è un appellativo affettuoso (‘graziosa’, ‘piacevole’)”.

Dante nel “De vulgari eloquentia” – titolo che non allude alle parole volgari, ma alle lingue volgari, cioè quelle parlate dai popoli – accenna anche al “tristiloquium turpissimum” e indica il romanesco come un dialetto alquanto sboccato. Continua

Beppe Grillo per gli auguri natalizi ha rilanciato un vecchio articolo di Goffredo Parise del 1974, intitolato “Il rimedio è la povertà”, ed è stato rimbeccato da Giuseppe De Rita che ha notato come “i cantori della povertà non sono mai poveri”.

In effetti le cronache mondane di Dagospia non ci mostrano un Grillo col saio che mangia pane secco, ma un paffuto signore nella villa sul mare o sullo yacht ancorato in Costa Smeralda.

Buon per lui, ma non sembra il miglior testimonial dell’idea di “decrescita felice” di Serge Latouche, anche perché la decrescita l’abbiamo avuta davvero in questi anni e gli italiani hanno verificato che non è per nulla felice.

E’ anche una gaffe politica quella di Grillo, considerato che il M5S oggi fa il pieno di consensi proprio fra i giovani e gli arrabbiati che sono rimasti vittime del crollo del Pil in questi anni di crisi. Del resto questo pontificare di povertà dallo yacht fa tornare in mente un tornante grottesco della storia italiana: gli anni Settanta. Continua