Andiamo sempre peggio, si sente dire al Bar del pensiero luogocomunista. Si ripete: i poveri sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi, e poi violenze, inquinamento, catastrofi, esaurimento delle risorse, fame e malattie, sottosviluppo, inevitabili migrazioni di massa.

“Questa è l’immagine che quasi tutti gli occidentali vedono nei media e si imprimono nella mente. Io la chiamo visione iperdrammatica del mondo, una concezione stressante e ingannevole”. Così scrive Hans Rosling  in “Factfulness” (Rizzoli).

Questo libro, il cui autore è membro dell’Accademia di Svezia e fondatore della sezione svedese di Medici senza frontiere,
elenca una serie impressionante di dati che dimostrano l’esatto contrario. 

Ovvero che il mondo va sempre meglio, l’umanità ha compiuto progressi spettacolari  e ha conseguito un benessere inimmaginabile.

Quindi i media ci danno una rappresentazione totalmente ribaltata  della situazione? La risposta è: sì. Ma c’è un’altra rappresentazione ribaltata  della realtà (e, in questo caso è più difficile trovare i dati veri che ci fanno scoprire la verità): si tratta del tema Europa/Italia

Quando si parla dell’Unione Europea i media vanno in sollucchero. Fin da quando è stata varata – circa 25 anni fa – si predisse che questo esperimento politico (con la moneta unica) ci avrebbe portato nella terra promessa dove scorre latte e miele, ci avrebbe fatto ricchi e ci avrebbe protetto da tutte le intemperie finanziarie e politiche. 

E’ accaduto l’esatto contrario (vedremo i dati) e va sempre peggio, ma la rappresentazione mediatica continua a raccontare la favola della propaganda iniziale. 

C’è un nesso fra i due fenomeni, quello globale (positivo) e quello euro-italiano (negativo)? Certo che c’è. Ma prima vediamo un po’ di numeri.

Sono dati ufficiali della grandi istituzioni internazionali. Ecco qualche esempio. 

BUONE NOTIZIE DAL MONDO

Nel 1800l’85% della popolazione mondiale viveva nella condizione di povertà estrema. Venti anni fa era il 29% e oggi il 9%. Un successo strepitoso (con un balzo eccezionale negli ultimi 20 anni), eppure nessuno se ne rende conto.

Scrive Rosling: “Nel 1800, quando gli svedesi morivano di fame e i bambini britannici lavoravano nelle miniere di carbone, l’aspettativa di vita era di circa 30 anni in tutto il mondo. Il dato era sempre stato questo. Circa metà dei bambini moriva durante l’infanzia. Quasi tutti gli altri perdevano la vita tra i 50 e i 70 anni. Perciò la media si aggirava intorno ai 30”. Oggi nel mondo l’aspettativa di vita media è di 72 anni (da noi sopra gli 80).

Consideriamo poi “tutte le vittime di inondazioni, terremoti, tempeste, siccità, incendi e temperature estreme, nonché i decessi durante gli sfollamenti e le pandemie che seguono questi episodi”. 

Oggi, spiega Rosling, il numero annuale di decessi dovuti a tali calamità è solo il 25% di quello di un secolo fa, ma siccome la popolazione è aumentata di 5 miliardi da allora, il crollo dei decessi è ancora più clamoroso: abbiamo solo il 6% dei decessi di cent’anni
fa
. Grazie agli enormi progressi che ci permettono di difenderci.

Un dato che esemplifica il miglioramento della qualità della vita: oggi l’80% delle persone ha un qualche accesso all’elettricità

Inoltre si ripete che l’Africa è una bomba a orologeria, che, con il boom demografico, la fame, le malattie e il sottosviluppo porteranno in Europa milioni di migranti. 

Si ignora invece che in questi anni, in cui i paesi europei stentano a far crescere il pil dell’1%, in Africa la crescita è ben superiore e paesi come Ghana, Nigeria, Kenya o Etiopia (come il Bangladesh in Asia) sono cresciuti sopra al 5 %

E ci sono paesi come Tunisia, Algeria, Marocco, Libia ed Egitto che “hanno aspettative di vita superiori alla media mondiale di 72 anni. In altre parole, si trovano dove la Svezia era nel 1970”.

Rosling elenca pure una serie di cose orrende che sono sparite o stanno sparendo dal mondo: dalla schiavitù legale ai paesi con casi di vaiolo, ai morti in incidenti aerei. 

In fortissima diminuzione  la percentuale di persone denutrite (passate dal 28% del 1970 all’11% del 2015), le armi nucleari (da 64 mila del 1986 a 9 mila del 2017), le sostanze nocive per l’ozono (da 1663 del 1970 a 22 del 2016, in migliaia di tonnellate), il lavoro minorile, l’inquinamento  derivante da piombo nella benzina e incidenti con perdite di petrolio.

Invece cresce nel mondo la resa cerearicola per ettaro (da 1.400 KG per ettaro del 1961 a 4 mila del 2014), la superficie terrestre protetta da parchi, l’alfabetizzazione (dal 10% del 1800 all’86% del 2016) per non parlare della ricerca scientifica, della democrazia (e del voto femminile).

Si potrebbero elencare molti altri indici, riportati da Rosling. Ovviamente sono indici di benessere prevalentemente economico, che non escludono l’esistenza di altri problemi umani o fatti molto negativi.

PESSIME NOTIZIE EURO-ITALIANE

Veniamo invece al caso euroitaliano: perché da noi – al contrario del resto del mondo – le cose sono andate indietro 

Bastino due dati: nel 1999 il prodotto interno lordo dell’eurozona era il 22% di quello mondiale. Nel 2017 è ormai al 16%. Una caduta micidiale.

Nel 2000 l’economia USA superava del 13% quella dell’eurozona, nel 2016 questa percentuale era raddoppiata: al 26%.

Anche se i media continuano a raccontare la favola dell’UE felice, la gente comune  si è accorta dell’inganno, paga sulla propria pelle il peggioramento della qualità della vita e comincia a protestare, nelle urne (Italia e Gran Bretagna) o nelle piazze (Francia).

C’è un nesso fra i due fenomeni, quello globale (positivo) e quello (negativo) relativo a Italia/Europa? Sì. Il nesso si chiama globalizzazione. Fino alla caduta del Muro di Berlino si è avuto un progresso globale ordinato e regolato, guidato e trainato dagli Stati Uniti e dall’Europa occidentale.

Dagli anni Novanta si è imposta una globalizzazione selvaggia, con un Mercato globale senza regole e, per esempio, l’ingresso di colpo sulla scena di un gigante come la Cina che, di fatto, fa concorrenza sleale a tutti.

La follia europea è stata quella di legarsi le mani con i Trattati di Maastricht (che hanno al centro il mercato e l’inflazione, anziché il lavoro e la crescita economica) e con una moneta unica che, oltre a impedire le preziose politiche monetarie nazionali, ha regalato alla Germania un marco super-svalutato e a noi una lira sopravvalutata.

Così i tedeschi hanno vampirizzato le altre economie europee, specie quella italiana. Infatti in 18 anni di euro la manifattura italiana è crollata del 16%, quella tedesca è cresciuta del 30%.

Ecco perché nel 1999 – all’ingresso nell’euro – il reddito pro-capite degli italiani era il 96% di quello tedesco, mentre nel 2015 dopo sedici anni di euro il reddito degli italiani è il 76% di quello dei tedeschi. 

Il nostro reddito pro capite è addirittura diminuito  da 34.802 dollari del 1999 a 34.752 del 2017. Negli anni ottanta, un italiano risparmiava in media 1/4 del suo reddito: oggi quasi zero.

L’Italia che, fra 1960 e 1979, vedeva crescere il Pil del 4,8% medio annuo (ed era ancora al 2% fra 1980 e 1999), dal 2000 al 2018 è ferma : la crescita media annua allo 0,2% significa che siamo in coma.

E questo si paga salatamente nella qualità della vita. Significa più disoccupazione e povertà, meno investimenti in infrastrutture, nell’educazione e nella sanitàSignifica blocco del cosiddetto “ascensore sociale”

Significa avere giovani senza un futuro, senza possibilità di fare un progetto di vita e significa anche gravissima denatalità. E’ la via del declino irreversibile.

.

Antonio Socci

Da “Libero”, 10 febbraio 2019

Mario Draghisi laureò nel 1970, alla Sapienza di Roma, sotto la guida del grande economista Federico Caffè, con una tesi intitolata: “Integrazione economica e variazione dei tassi di cambio”. 

In sostanza Draghi, con Caffè come relatore, sosteneva “che la moneta unica (europea) era una follia, una cosa assolutamente da non fare”.

La cosa deve imbarazzarlo, oggi che è presidente della Banca centrale europea, cioè “Mister Euro”, infatti quando gli viene ricordata la liquida con una battuta. Ma senza spiegare perché ha cambiato idea. Non poteva certo essere una tesi campata per aria quella che fu presentata – nientemeno – da Caffè.

Del resto negli anni successivi, quando la moneta unica europea cominciò davvero a essere realizzata, fior di premi Nobel per l’Economia affermarono che era una follia(come aveva argomentato il giovane Draghi). 

Personalità come Milton Friedman (“la spinta per l’Euro è stata motivata dalla politica, non dall’economia… esacerberà le tensioni”), Paul Krugman (adottando l’euro, l’Italia si è ridotta allo stato di una nazione del Terzo Mondo che deve prendere in prestito una moneta straniera con tutti i danni che ciò implica”), Joseph Stiglitz (“questa crisi, questo disastro è artificiale e in sostanza ha un nome di quattro lettere: euro”).

Poi Amartya Sen: “l’euro è stata un’idea orribile… Un errore che ha messo l’economia europea sulla strada sbagliata…Quando tra i diversi Paesi hai differenziali di crescita e di produttività, servono aggiustamenti dei tassi di cambio. Non potendo farli, si è dovuto seguire la via degli aggiustamenti nell’economia, cioè più disoccupazione e taglio dei servizi sociali. Costi molto pesanti che spingono verso un declino progressivo”.

Addirittura James Mirrless, rivolto agli italiani, ha dichiarato: “guardando dal di fuori, dico che non dovreste stare nell’euro, ma uscirne adesso”. E Christopher Pissarides, un tempo sostenitore dell’euro, oggi è passato sul fronte opposto: “La situazione attuale non è sostenibile ancora per molto. E’ necessario abolire l’Euro per creare quella fiducia che i Paesi membri una volta avevano l’uno nell’altro”.

L’euro più che una moneta è un progetto politico e non ha giustificazioni economiche, riflette solo la strategia tedesca di egemonia continentale. Per questo crea divisione e conflitti. 

Non a caso la Gran Bretagna(che non ha mai aderito all’euro, perché secondo la Thatcher era una minaccia per la democrazia) si è tirata fuori pure dalla UE.

A vent’anni dalla nascita dell’euro è toccato proprio a Mario Draghi, l’altroieri, celebrare il funesto evento con una conferenza a Pisa. Ha affermato che “l’unione monetaria è stata un successo sotto molti punti di vista”. Una perifrasi che, tradotta, significa: è stata per metà Europa una sciagura, ma non possiamo dirlo. 

Anche se la gente se n’è già accorta da sola, sulla propria pellee sulle proprie tasche, come dimostra (dopo il disastro della Grecia) la sollevazione popolare in Franciae il voto del 4 marzo in Italia, dove venti anni di moneta unica hanno prodotto milioni di poveri, ci hanno fatto perdere più del 20 per cento di produzione industriale, hanno messo in ginocchio il ceto medioe hanno fatto sprofondare nella disoccupazione o nella sotto occupazione un’intera generazione di giovani.

Per cascare in piedi, Draghi ha pure ammesso che il “successo” dell’euro tuttavia non ha “prodotto i risultati attesi in tutti i Paesi”. L’ennesima perifrasi per dire che la Germania con l’euro ha fatto un affarone, mentre gli altri hanno preso il pacco.

Peraltro proprio Draghi è tornato a parlare di uscita dall’euro (“uscire dall’euro non garantisce più sovranità”). Ma non dicevano che era irreversibile?

Si può considerare il discorso di Draghi come sintomo della disperazionedi una UE che sta esplodendo. Ma è anche vero che il suo è stato un discorso da politico. E c’è chi, nel Palazzo, pensa a lui, presto in uscita dalla Bce, come a un nuovo Monti per “commissariare” il nostro Paese nei prossimi mesi. E’ più di un’ipotesi ed è molto preoccupante.

.

Antonio Socci

Da “Libero”, 17 dicembre 2018

.

Facebook: “Antonio Socci pagina ufficiale”

Twitter: @AntonioSocci1

Anche il più sfegatato fan di questo esecutivo ha, oggi, la sensazione che il governo si sia cacciato in un vicolo cieco e che sarà molto difficile uscirne senza danni, per l’attuale maggioranza o per il Paese.

Ormai si è capito, infatti, che la Commissione Europea – su mandato di Germania, Francia e degli altri paesi “amici” che vogliono l’Italia sotto scacco – non mollerà mai perché vuole far pagare al governo Lega-M5S le sue posizioni anti UE, per dare una lezione a tutti i “sovranisti” (colpirne uno per educarne cento), anche in vista delle prossime elezioni europee.

La Commissione europea ha in mano la corda (fornitale da chi, nei decenni scorsi, ha ceduto gran parte della nostra sovranità a Bruxelles), mentre il governo italiano ha il nodo scorsoio al collo (per la pesantissima eredità dei governi passati). Continua

Il nostro calendario è un memoriale delle tragedie del Novecento. Oggi ricordiamo la Prima guerra mondiale. In altre date il secondo conflitto. C’è però una terza “guerra” di cui non abbiamo avuto consapevolezza perché non si è combattuta con i bombardieri, ma è stata una guerra economica e politica.

Ci prospettarono un gioioso approdo ai lidi dell’Europa unita: nuova terra promessa dove scorre latte e miele. L’Italia consegnò a questa mitica entità, “l’Europa” (in pratica a Paesi stranieri che perseguono con decisione i loro interessi nazionali), le chiavi di casa: la sovranità monetaria, gran parte della sovranità politica ed economica. In sintesi la nostra indipendenza.

Così è stato fatto senza che gli italiani (e gran parte dei politici) si rendessero ben conto di cosa significava. Per anni siamo stati anestetizzati da una retorica, ancora dominante, che celebra “le magnifiche sorti e progressive” della Ue. Continua

La trasformazione di Forza Italia in Forza Merkel (o Forza Germania) ha dell’incredibile. Infatti la decisione di Berlusconi di appoggiare il candidato della Merkel, Manfred Weber, per la presidenza della prossima Commissione europea, somiglia a un suicidio politico. Anche in vista di un possibile ricompattamento del centrodestra.

Il “Giornale” ha titolato: “Berlusconi lancia Weber. Forza Italia unita al Ppe nell’asse antisovranista”. L’asse è una parola disgraziata per definire un’alleanza con Berlino (se si conoscesse la storia…). Ma poi come può essere antisovranista un partito che si chiama Forza Italia? Continua

E ora c’è chi tifa spread? E’ del tutto legittimo, in democrazia, criticare la manovra economica del governo, ma c’è un partito trasversale (forte nel Palazzo e debole nel Paese) che ha un’irresistibile e inaccettabile tentazione: appunto tifare spread.

O comunque “tifare Mercati” o Unione Europea o Macron o Merkel o qualunque altra entità che possa creare problemi al governo. E magari metterlo in crisi e abbatterlo, replicando quello che accadde nel 2011 al governo Berlusconi.

Non voglio affatto dire che tutti coloro che avversano questo governo “tifino spread” o confidino nello straniero. Anzi, spero sinceramente che solo una piccola minoranza cada in questo errore. Ma temo che la tentazione sia di molti.

Di fatto vuol dire tifare contro l’Italia, anche se gli interessati non lo confesseranno mai neppure a se stessi. Anzi, diranno di voler difendere l’Italia dal populismo gialloverde. E sosterranno sentirsi chiamati a far argine contro gli irresponsabili. Continua

“Guardate che i comunisti di una volta oggi votano Lega”. Queste amare parole di Pier Luigi Bersani non sono una battuta a effetto, sono una constatazione. Basta farsi un giro in Toscana, in Umbria o in Romagna per toccare con mano la realtà. La quale in ogni caso si manifesterà da sola, uscendo fuori dalle urne delle prossime elezioni europee.

Ma lo stato maggiore del PD non ha certo tempo da perdere con le persone comuni, anche perché frequentarle presenta sempre il rischio di venir presi a fischi come è accaduto al segretario Martina a Genova. Continua

Concordo con Vittorio Feltri: la Sinistra è morta. Quella che oggi si definisce “Sinistra” abita ai Parioli e bolla come populisti i poveri delle periferie che un tempo furono la base sociale del Pci.

Per capire quando e perché si è prodotta la sostituzione (o il tradimento) bisogna risalire agli anni Settanta e rileggere due intellettuali eretici: Pier Paolo Pasolini e Augusto del Noce.

Nei giorni scorsi Davide Rondoni, su “Avvenire”, riportava queste parole che attribuiva a Pier Paolo Pasolini, dal discorso (letto dopo la sua morte) per il Congresso del Partito Radicale del 1975: “Io profetizzo l’epoca in cui il nuovo potere utilizzerà le vostre parole libertarie per creare un nuovo potere omologato, per creare una nuova inquisizione, per creare un nuovo conformismo e i suoi chierici saranno chierici di sinistra”. Continua

E’ passato quasi inosservato il recente sondaggio Ipsos relativo al giudizio degli italiani sull’Unione Europea. Eppure è un tema di scottante attualità e il responso popolare è decisamente imbarazzante per salotti e accademie mainstream, che hanno il monopolio del discorso pubblico.

In sostanza la fiducia degli italiani verso le istituzioni europee è precipitato. Nel 2008 era attorno al 75 per cento e ancora nel 2011 raggiungeva il 70 per cento: oggi è crollato al 34 per cento. Continua

Il fenomeno politico più sorprendente della terza Repubblica (e in ascesa) è la Lega di Matteo Salvini. Alle elezioni del 4 marzo ha conquistato la leadership del centrodestra, poi è diventata il pilastro del nuovo governo (a cui dà la sua forte impronta), miete consensi anche al Centro e al Sud Italia ed è accreditata dai sondaggi nazionali fra il 25 e il 28 per cento.

Eppure il Giornale Collettivo del Pensiero Unico e gli intellettuali ne parlano solo per scagliare anatemi e sberleffi. Irrisione e demonizzazione. Nessuno che rifletta su quello che sta accadendo o che spieghi la clamorosa esplosione di consensi per Salvini, che di certo non è dovuta a qualche campagna mediatica perché – anzi – la sua Lega ha tutti contro: l’establishment, i media e la rete.

Tutti a coprirla di critiche e perfino di fango. Cosa che rende ancora più straordinario il consenso massiccio degli italiani per il leader lombardo. Continua