È un progresso? O piuttosto un regresso? Una trentina di anni fa i lupi sono usciti dal mondo delle fiabe, dalla letteratura, dai libri di storia e – non è chiaro il perché – hanno cominciato a riprodursi nei nostri boschi. Sempre di più e con danni sempre maggiori agli allevamenti.

Il Financial Times scrive che l’Italia ne ha più di tremila esemplari ed è in cima alla classifica europea. La Commissione europea ha calcolato che i lupi ogni anno uccidono, nei Paesi Ue, più di 65.500 capi di bestiame. Continua

Sono tornati i lupi, animali belli e suggestivi, ma anche perniciosi per gli allevatori. Soprattutto animali carichi di evocazioni simboliche ed emotive radicate nel profondo del nostro immaginario.

Nei giorni scorsi sia “Repubblica” che il “Corriere della sera” hanno messo il lupo in prima pagina. Perché ormai sono tornati.

Ne è stato segnalato uno pure tra Boffolara e Magenta – dove ha mangiato un agnello – e il direttore del Parco del Ticino, Claudio Peja, esulta: “Dal medioevo non c’è più stato un lupo in pianura. Siamo una riserva Unesco. Per noi è una grande notizia”.

Immagino lo sia un po’ meno per il pastore proprietario dell’agnello. “In questi anni” dice Peja “erano arrivati il Picchio nero da Nord e l’istrice da Sud”. Ma colpisce quell’evocazione del medioevo a proposito del lupo.

In effetti c’è stato un tempo in cui i lupi erano i padroni incontrastati dell’Europa, delle pianure, delle colline e dei monti, ed è da allora che il lupo ha conquistato e occupato un posto nel folklore e nell’immaginario dei popoli italici ed europei. Qual è stato il tempo dei lupi? Continua