In vista delle elezioni europee – e quindi del redde rationem – a sinistra è iniziato il fuggi fuggi da questa UE, governata dalla Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen, che fu votata dalla coalizione Ppe, Socialisti, liberali e Macron (con l’aggiunta del M5S).

Evidentemente si rendono conto di quanto sono impopolari le politiche fanaticamente ideologiche (e pure inutili) che – anzitutto su spinta della sinistra – hanno imposto ai popoli, con costi insostenibili per la gente comune. Continua

Nel caos del Pd, fra risse di correnti, pessime notizie da Bruxelles e sondaggi apocalittici, è passata in secondo piano la vera novità politica: il (possibile) divorzio fra democristiani e comunisti con l’eventuale riesumazione di un simil-Pci sulle ceneri del Pd e la fuoriuscita della cosiddetta “componente cattolica” (la vecchia sinistra dc). Continua

Stando a ciò che ha scritto Matteo Renzi nel suo libro – secondo l’anticipazione di ieri del “Corriere della sera” – il PD dovrebbe chiedere scusa agli italiani, al Centrodestra e al M5S.

Infatti qual è stato il ritornello di Enrico Letta e del suo partito dal 20 luglio, per tutta la campagna elettorale?

Hanno ripetuto di continuo che il Centrodestra e il M5S sono irresponsabili perché hanno fatto precipitare il Paese nel baratro della crisi di governo e delle elezioni anticipate mentre viviamo una situazione nazionale e internazionale tragica.

Centrodestra e M5S sono stati accusati dal Pd di aver mandato a casa Draghi tradendo così l’Italia e gli interessi degli italiani, per meschini interessi di bottega partitica.

Ma in realtà le cose sono andate in modo opposto, come racconta Renzi, uno dei protagonisti che ha vissuto in prima persona le ore convulse del 20 luglio che hanno portato allo scioglimento anticipato delle Camere.

Ieri è uscita l’anticipazione dell’edizione aggiornata del suo libro, “Il mostro”, in cui l’ex segretario del Pd ricostruisce le sue mosse dopo che il M5S prese le distanze dal governo.

Prima iniziativa. Renzi avvicina Giorgetti: “Giancarlo, sai meglio di me che sarà un autunno complicato. Se mandiamo a casa Draghi per chiunque governerà sarà peggio. Anche per voi”.

Gli chiede dunque di convincere Salvini: “Se dice davvero di sì al Draghi bis, io provo a convincere il Pd”. Salvini non è entusiasta, ma dice sì al Draghi bis “la Lega c’è. E se c’è la Lega” scrive Renzi “Forza Italia non può che starci”. Continua

Nel discorso di venerdì alla Leopolda, Matteo Renzi ha parlato dell’elezione del nuovo presidente della Repubblica: “sarà la priorità assoluta” ha detto “cercheremo un profilo riformista, europeista, che sia contro il sovranismo”.

Sono parole che sorprendono in un leader accorto e preparato come Renzi. Infatti il programma politico e ideologico che lui ha delineato non c’entra nulla con la figura del Capo dello Stato e con la sua elezione. Continua

Ma noi toscani siamo proprio come ci dipingono? A Fabio Martini, della Stampa, l’ex ministro socialista Rino Formica ha detto che Matteo Renzi è “furbo”, “può far male”, ma “è un capo senza truppe” e non sarà decisivo nella corsa al Quirinale.

Poi Formica ha tirato fuori questo ricordo:

“Nel 1944 conobbi Benedetto Croce… ad un certo punto, parlando di violenza politica, Croce disse: vi siete mai chiesti come mai in Italia non c’è stato un corpo spietato come le SS? E rispose: da noi poliziotti e carabinieri sono tutti ragazzi del Sud, ragazzi di buon cuore. Pensate invece se fossero stati tutti toscani…”.

Se è una battuta non fa ridere. Di sicuro mostra che il filosofo poco sapeva sulla vera natura delle orribili SS. Ma cosa c’entra con i toscani? E con la corsa al Quirinale? Perché Formica ha riportato questa battuta? Continua

Era il 29 giugno quando Beppe Grillo pronunciò il suo durissimo giudizio su Giuseppe Conte: “non può risolvere i problemi perché non ha né visione politica, né capacità manageriali. Non ha esperienza di organizzazioni, né capacità di innovazione”.

Due settimane dopo è arrivato il “patto della spigola” che però non ha cancellato quelle parole, le ha solo messe nel congelatore.

Al momento, Conte – per prendere il controllo completo del M5S – non può permettersi di mostrarsi risentito con Grillo, perché domina un altro e più importante risentimento: quello verso Draghi (reo di aver preso il suo posto a Palazzo Chigi) e verso Renzi (reo di averlo sfiduciato).

Del resto pochi credono alla “pace di Bibbona”. Come riferisce Emilio Pucci sul “Messaggero”, un big grillino dice: “Il fondatore M5s non si farà mettere all’angolo, è evidente che lo sta mandando avanti per poi farlo bruciare”. Continua

L’agonia di questo governo si trascina in un’imbarazzante ricerca di transfughi che paralizza tutto, mentre l’Italia è in emergenza sanitaria ed economica. L’obiettivo è un qualche rattoppamento dell’esecutivo. Oggi Eugenio Scalfari su “Repubblica” sostiene che “Conte è appoggiato in questo suo tentativo anche dal presidente della Repubblica”. Ma, per quanto mi risulta, questo non è vero. Il Presidente Mattarella è invece il primo ad essere sconcertato dalla situazione a cui vorrebbe metter fine per dare all’Italia la stabilità di guida di cui ha assoluto bisogno. Ed ecco l’articolo che ho pubblicato stamani su “Libero”.

 

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Ma come e perché siamo arrivati a questo punto? Come e perché ci siamo ritrovati ad essere fra i paesi più devastati del mondo dal Covid (per numero di vittime e crollo economico), mentre il governo dà lo spettacolo avvilente di questi giorni?

Perché questo esecutivo non risponde del suo fallimento, nemmeno in Parlamento, sebbene (come dimostra il formidabile libro di Luca Ricolfi, “La notte delle ninfee”) i suoi disastrosi errori siano palesi?

Come e perché quell’Italia che è stata un tempo la quarta potenza industriale del mondo, oggi depressa e collassata, è ormai un cumulo di rovine? Continua

Sono in corso grandi manovre attorno alla (possibile) crisi di governo. Ieri Paolo Mieli, sul “Corriere della sera”, ha cercato di convincere il Pd che gli converrebbe scegliere le elezioni, perché questa coalizione di governo è tenuta insieme solo dal deprimente desiderio dei suoi parlamentari “di tenersi stretto il proprio seggio”, quindi non ha respiro e visione.

Mieli ha ricordato che tutto questo è stato bocciato da due grandi vecchi della Sinistra come Macaluso e Formica che ritiene addirittura “un obbligo” andare al voto, lasciando che sia un nuovo e legittimato parlamento (dopo il taglio dei seggi) a scegliere il prossimo Capo dello Stato, i membri del Csm e i giudici costituzionali. Continua

I nodi del governo stanno venendo al pettine e il nodo principale è “l’anomalia Conte” (come ebbe a dire la renziana Bellanova).

Il 23 maggio 2018 Giuseppe Conte, ricevendo l’incarico di formare l’esecutivo M5S-Lega, disse: “sarà il governo del cambiamento”. Invece nel 2019 ha realizzato il cambiamento del governo restando premier: un presidente del Consiglio che succede a se stesso, capovolgendo la sua maggioranza, è un caso unico nella storia d’Italia.

E’ stato possibile perché Conte non è un politico, uno statista, non si è mai presentato alle elezioni con una bandiera e un programma, non ha (o almeno non ha mai esposto) una sua visione del Paese o del mondo, non ha identità ideologica. Non ha avuto neanche precedenti impegni pubblici e non ha rivestito ruoli istituzionali (come Ciampi o Dini o Monti o Draghi) così da reincarnare la figura del tecnico.

Conte – secondo lo storico Ernesto Galli della Loggia“è un signore assolutamente sconosciuto” che d’improvviso diventa premier, ma che “non rappresenta niente e nessuno”. Fu chiamato proprio perché era la scelta più anonima e la meno ingombrante per Lega e M5S del 2018 (del resto non è neanche iscritto al M5S). Per questo Galli della Loggia lo ha definito “il trionfo dell’anomalia politica italiana, un’anomalia assurda”. Continua

I parametri vitali del governo Conte bis ieri indicavano “decesso”, a voler prendere per buone le parole di Ettore Rosato, vicepresidente della Camera e coordinatore nazionale di “Italia Viva”, che ha dichiarato: “A oggi non c’è più la fiducia tra la maggioranza e il premier”.

Infatti un tempo, dopo un’esternazione simile di un importante esponente di un partito di governo, il presidente del Consiglio sarebbe salito al Quirinale a rassegnare le dimissioni.

Ma ormai è totalmente saltata la grammatica istituzionale e politica e sappiamo che parole come quelle di Rosato prospettano, casomai, una trapasso in differita. Infatti i quotidiani da giorni mettono in pagina la cronaca di una morte annunciata che sembrerebbe doversi verificare, definitivamente, dopo il 6 gennaio. In questo caso l’Epifania, che “tutte le feste si porta via”, ci libererebbe pure dei guastafeste (come ieri li ha definiti Vittorio Feltri). Continua