A più di un anno dalla batosta elettorale – con la velocità del bradipo – ieri il Pd ha eletto il nuovo segretario. E’ Nicola Zingaretti, colui che ha vinto le primarie.

Il primo motivo per cui è stato scelto lui è psicologico: la sua bonomia,la sua faccia da allegro salumiere. Com’è noto il Pd è da sempre profondamente antipatico. Il sociologo (di area) Luca Ricolfi ci aveva addirittura scritto un libro: “Perché siamo antipatici”.

E’ un problema atavico, dovuto alla spocchia della Sinistra, al suo senso di superiorità e a quel suo sottile disprezzo  per chi ha idee e valori diversi e per il popolo che pensa con la propria testa “populista”.

Sembrò che Renzi – da toscano – potesse traghettare il Pd verso l’affabilità. Era giovane e aperto, non più settario come la vecchia Sinistra. Ma poi Renzi stesso diventò, per il sentimento popolare, simpatico come un riccio di mare nelle mutande.

Ecco dunque Zingaretti che ora ha la missione di tornare a sintonizzarsi con “la gente” e ci prova con la bonomia sorridente e sempliciona del gestore del negozio di alimentari  sotto casa che – quando ti mancano gli spiccioli – ti rassicura: “non c’è problema, ci rifacciamo la prossima volta”.

Andrea Scanzi lo ha dipinto così: “Te lo immagini proprio dietro il banco, col cappellino del Vitiano e le unghie un po’ sporche di migliaccio. Saresti portato a chiedergli al massimo tre etti di finocchiona, va da sé tagliata a mano, e invece da lui esigono l’impossibile. Come fosse un Che Guevara sotto mentite spoglie, in grado financo di ridestare un partito catatonico”.

Infatti lo vedi arrancare in ragionamenti che – in tutta sincerità – rasentano la supercazzola. Tipo questo sentito ieri: “A questo punto dobbiamo muoverci e metterci in cammino, tutto quello che succede intorno a noi ce lo dice… dobbiamo muoverci, insieme: con spirito innovativo, con un partito inclusivo. Dobbiamo rimettere al centro la persona umana”

Un vecchio leader del Pci come Paolo Bufalini diceva: “C’è una cosa peggiore del perdere le elezioni ed è non sapere perché si sono perse”.

In effetti nella narrazione di Zingaretti non c’è traccia di riflessione autocritica sulle vere ragioni che hanno portato al tracollo del Pd. Che sono due: l’enorme e incontrollato afflusso migratorio degli ultimi anni e il dramma economico e sociale rappresentato – per l’Italia – dall’euro e dalle politiche dell’Unione europea

Zingaretti non ha rivendicato nemmeno quello che di positivo, sull’emigrazione, cominciò a fare Minniti (come resipiscenza tardiva e parziale del Pd). Sono tornati al “migrazionismo” tipico della Sinistra.

D’altronde Il nuovo segretario naviga in mezzo alle contraddizioni. Come primo gesto dopo la vittoria delle primarie ha fatto visita a Chiamparino, a Torino, in appoggio alla battaglia pro Tav. Subito dopo si è messo ad applaudire Greta, addirittura dedicandole la vittoria per mettere il cappello sulla manifestazione ecologista. Come stiano insieme la Tav e l’ecologismo non si sa. Sembra il “ma anche” veltroniano immortalato da Crozza.

Pure sulla “via della seta” – che nell’attuale governo viene caldeggiata soprattutto dal M5S – la contraddizione è stridente. Non solo perché la Cina è pur sempre un regime comunista ed è criticata dagli Stati Uniti, ma anche perché a iniziare il dialogo con Pechino furono altri.

Consideriamo il premier Gentiloni. Titolo del “Sole 24 ore” del 14 maggio 2017: “Gentiloni in Cina: ‘L’Italia può essere protagonista della nuova Via della seta’ ”.

A proposito: Gentiloni ieri è stato eletto presidente del PdAnna AscaniDeborah Serracchiani sono diventate vicepresidenti.  Nel Pd si passa con estrema facilità da Veltroni a Bersani, poi a Renzi e poi a Zingaretti. Sembra che tutto si rivoluzioni e invece non cambia mai niente e anche le persone sono sempre quelle. Cambiano solo di posto. 

Un po’ come la storiella del “facite ammuina” attribuita alla marina borbonica: All’ordine Facite Ammuina: tutti chilli che stanno a prora vann’ a poppa e chilli che stann’ a poppa vann’ a prora; chilli che stann’ a dritta vann’ a sinistra e chilli che stanno a sinistra vann’ a dritta…”.

L’obiettivo di Zingaretti è minimo:guadagnare qualche punto percentuale alle europee rispetto alle politiche del 2018 per sopravvivere.  

Del resto nelle sue parole si sono perse le tracce della “vocazione maggioritaria”  del Pd di Veltroni, come pure è naufragata quell’iniziale tentazione attribuita al nuovo segretario che consisteva nel propiziare una crisi di governo per sostituire la Lega in una nuova maggioranza con il M5S. Sembra proprio che il Quirinale non voglia saperne.

Che futuro può avere un Pd che torna ad abbracciare il “rosso antico” ?Beppe Fioroni, che nel Pd non è stato un passante, prima delle primarie aveva messo in guardia dall’elezione di Zingaretti il quale – a suo parere – “mira semplicemente a restaurare la sinistra. Non posso nascondere l’allarme che provoca un’impostazione del tutto incoerente con la genesi ideale del Pd. Anche i cosiddetti moderati, una volta considerati interni alla vicenda di un partito insieme di sinistra e di centro, ora sono individuati come interlocutori esterni, con i quali al più dialogare a distanza. Dunque, siamo a un cambio radicale di motivazioni e prospettive”.

Fioroni concludeva: “Non vorrei che fosse sottovalutato il rischio di una possibile degenerazione, con il ritorno baldanzoso e inconcludente sotto la vecchia tenda della sinistra. Quella di una volta”. 

Se lo dice lui…

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Antonio Socci

Da “Libero”,  19 marzo 2019

Appare grottesco il tentativo di francesi e tedeschi di rifilarci il loro mite e remissivo Paolo Gentiloni come l’ideale premier che gli italiani dovrebbero scegliere per il futuro.

Di sicuro andrebbe benissimo per le politiche di Parigi e Berlino (ma non per difendere gli interessi italiani)

Macron, dieci giorni fa, lo ha detto esplicitamente. Con Gentiloni a Palazzo Chigi, Francia e Germania (che lui chiama “l’Europa”) hanno fatto bingo: “consentitemi di dire che l’Europa ha avuto molta fortuna ad averlo. Mi auguro – ha aggiunto – che potremmo continuare il lavoro che abbiamo cominciato”.

Un’ingerenza nelle elezioni italiane per sponsorizzare Gentiloni? Certo. Loro si intromettono quanto vogliono. Dove lo trovano un altro così? Gentiloni è una pasta d’uomo, è così remissivo con lorsignori.

La Francia spadroneggia nella vita economica italiana e poi ci prende a schiaffi quando gli italiani puntano ai loro cantieri? Il nostro premier non si scompone.

La Francia – per affermare i suoi interessi su quelli italiani – ha combinato con Sarkozy il disastro libico, che oggi è pagato soprattutto dall’Italia con l’immigrazione selvaggia? Sì, ma poi Macron schiocca le dita e subito Gentiloni è pronto ad aiutare i francesi in Niger con nostri soldati.

Guido Crosetto ha scritto in un tweet: “Stiamo andando in Niger per difendere l’Uranio della Francia. Cioè del paese che da anni cerca di colonizzarci. Geni assoluti!” Continua

Ieri Massimo D’Alema ha bombardato il centrosinistra che ha governato finora: “io ho visto governanti che hanno passato anni a baciare la pantofola della Merkel e adesso sono passati alla pantofola di Macron”.

Poi, in questa intervista alla “Stampa”, ha rincarato la dose: si è accorto che i francesi – oggi protagonisti di un grande shopping in Italia – hanno con noi un atteggiamento “coloniale”.

Perciò critica “la fragilità della classe dirigente italiana” e riconosce che “gran parte dei principali asset nazionali stanno finendo nelle mani di capitale straniero, soprattutto francese, ma non solo”.

Mentre la “reciprocità” ha aggiunto “non c’è” perché “a noi non è consentito andare a fare shopping in casa d’altri”.

Dunque siamo sottomessi agli stranieri? Dice il lìder Massimo: “non è una novità che una parte della classe dirigente sia subalterna allo straniero” .

Parole pesanti e drammatiche. Ma lui, D’Alema, non è stato in questi anni all’opposizione. Certo, ha una questione personale con Renzi, ma non risulta che si sia schierato contro questi governi del centrosinistra. Continua

Forse è il clima pre-elettorale che induce alla propaganda. Fatto sta che in questi giorni il premier Gentiloni sprizza ottimismo da tutti i pori. Sembra che veda brioche dappertutto come la regina Maria Antonietta.

A lui e allo stato maggiore del Pd sfugge il paese reale, che “non ha pane”, cioè fa fatica sui beni essenziali. Non vedono il vero stato di salute dell’Italia. Anzi – per restare in tema – si può dire che sfugge loro anche lo stato di salute degli italiani.

Perché quello della sanità è davvero uno dei “termometri” (è il caso di dirlo) più indicativi della crisi e della decadenza sociale in cui questo Paese sta precipitando da anni.

Secondo la prima edizione dell’“Osservatorio sul bilancio di welfare delle famiglie italiane” presentato nei giorni scorsi da Mbs Consulting, questi anni di forzata austerità europea sono andati a gravare sui servizi fondamentali della vita della gente inducendo il 36,1% delle famiglie a rinunciare ad almeno una prestazione essenziale (un dato che sale addirittura al 56,5% per le fasce sociali più deboli).

E’ soprattutto l’assistenza agli anziani e ai non autosufficienti che è stata penalizzata del 76,2%, ma anche le cure sanitarie (36,7% di rinuncia ad almeno un intervento, che per i più svantaggiati è il 58,9%).

Uno degli indicatori più inquietanti del naufragio di questi anni è proprio quello relativo alle cure sanitarie perché mette in gioco i beni vitali e la distruzione dello stato sociale: quando si arriva ad avere una massa di migliaia e migliaia di persone che – una volta che si ammalano – non hanno i soldi per curarsi e comprare medicine, nemmeno per un semplice mal di denti, si sta davvero scivolando verso il Terzo Mondo. Continua

A Gad Lerner piacciono le missioni impossibili. Basti dire che tempo fa ha accettato di dar consigli alla “presidenta” Boldrini su come diventar simpatica alla gente. I risultati sono noti.

Ora sembra si sia votato a un altro obiettivo sovrumano: trasformare Pisapia in un leader, in uno statista. Ma – trovandosi di nuovo ad arare il mare – sembra ripiegare su quello che gli riesce meglio: la parte “destruens”, demolire le altre candidature alla leadership nella grande rissa del centrosinistra.

Un’occasione d’oro gli si è presentata in questi giorni, quando Antonio Funiciello, Capo staff del presidente del consiglio Gentiloni, ha firmato sul “Foglio” un lungo articolo per dimostrare che l’unico possibile candidato premier del dopo elezioni è – guarda caso – proprio Gentiloni.

SCHIETTO

Per accreditarlo Funiciello ha usato tanti argomenti, ma ha avuto pure la pessima idea di ricorrere anch’egli alla scorciatoia ormai percorsa da tanti: quella di riscrivere la biografia, una tentazione che solitamente porta nel pantano del ridicolo.

Infatti ha affermato: “l’unico premier di centrosinistra di un paese rilevante è Paolo Gentiloni, un liberaldemocratico schietto che con la tradizione socialista ha qualche contatto, ma nessuna diretta o indiretta discendenza”. Continua

Beppe Grillo per gli auguri natalizi ha rilanciato un vecchio articolo di Goffredo Parise del 1974, intitolato “Il rimedio è la povertà”, ed è stato rimbeccato da Giuseppe De Rita che ha notato come “i cantori della povertà non sono mai poveri”.

In effetti le cronache mondane di Dagospia non ci mostrano un Grillo col saio che mangia pane secco, ma un paffuto signore nella villa sul mare o sullo yacht ancorato in Costa Smeralda.

Buon per lui, ma non sembra il miglior testimonial dell’idea di “decrescita felice” di Serge Latouche, anche perché la decrescita l’abbiamo avuta davvero in questi anni e gli italiani hanno verificato che non è per nulla felice.

E’ anche una gaffe politica quella di Grillo, considerato che il M5S oggi fa il pieno di consensi proprio fra i giovani e gli arrabbiati che sono rimasti vittime del crollo del Pil in questi anni di crisi. Del resto questo pontificare di povertà dallo yacht fa tornare in mente un tornante grottesco della storia italiana: gli anni Settanta. Continua