Esattamente trent’anni fa, alle elezioni politiche del 27-28 marzo 1994, accadde un evento che avrebbe segnato la vita pubblica dei decenni successivi: la vittoria di Silvio Berlusconi che aveva appena fondato Forza Italia e aveva costruito – in tempi strettissimi – una coalizione di centrodestra (diversificata per territorio) prima inimmaginabile.

È ormai un avvenimento che appartiene alla storia. Si faranno studi e analisi sulle vicende di quegli anni, ma bisogna porsi anche una domanda di più largo respiro sui cambiamenti culturali che il “berlusconismo” politico comportò. Continua

Oggi Alessandro Banfi ha scritto nella sua rassegna stampa: “Venerdì il più importante giornale economico italiano aveva rilanciato un’intervista all’economista Niall Ferguson, che insegna a Stanford. La domanda di fondo è quella angosciosa e che tutti gli osservatori economici si fanno nelle ultime settimane: come uscire dalla grande crisi dell’inflazione, della corsa dei prezzi del gas e del petrolio? Risposta di Ferguson: ‘Oggi non serve Draghi – sintetizza con efficacia – ma Kissinger’. Cioè l’Europa e il mondo non hanno bisogno di politica monetaria o di price cap ma di diplomazia. Di pace”. Quello che dice Ferguson conferma ciò che riporto in questo articolo.

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Ieri, ancora una volta, il Papa ha espresso la sua angoscia per la china che sta prendendo la guerra: “Ho detto che era una terza guerra mondiale a pezzi, ora è totale”.

Ha ricordato che “il mondo era stato preservato dalla guerra atomica, purtroppo dobbiamo continuare a pregare per questo pericolo”. Il pontefice ha sottolineato i “seri rischi per le persone e per il pianeta”. Perciò ha esortato infinite volte a trattare.

Eppure nessuno dei governanti lo ascolta. Neanche si cercano spiragli. Non si parla proprio di pace. Si sentono solo urla di battaglia e minacce apocalittiche (Liz Truss, poco prima di diventare premier britannico, ha addirittura dichiarato che è pronta” ad utilizzare le armi nucleari).

La guerra in Europa è il grande problema rimosso della campagna elettorale italiana. Eppure è da lì che ci arrivano i problemi economici e sociali più grossi, che in autunno potrebbero diventare devastanti, fino a mettere in ginocchio la nostra economia, causando milioni di disoccupati. Continua

Enrico Letta – forse per la disperazione causata dai sondaggi – ha fatto una scelta controproducente: soffiare sul fuoco della contrapposizione e avvelenare il clima della campagna elettorale, trasformandola in una sorta di tribunale apocalittico del Bene e del Male, come se fosse una guerra civile.

Lo si è visto con il manifesto manicheo dove contrappone una metà nera (la destra cattiva) e una metà rossa (il Pd buono), intimando di scegliere tra Putin e l’Europa.

Questa contrapposizione metafisica (sommersa dalle battute e dai memedella rete) ha esposto Letta anche all’ironia di Marco Travaglio che gli ha chiesto: “ma se la destra ti fa così schifo perché continui a rimpiangere il governo” con Lega e Forza Italia? Continua

La vicenda delle comunali di Verona dimostra che – quando prevalgono i personalismi – si può rischiare di perdere anche una competizione che era stravinta in partenza.

Il Centrodestra dovrà far tesoro di questa lezione, ora che – in attesa della campagna elettorale per le politiche del 2023 – ha il tempo per mettere a punto la strategia e preparare le sue truppe.

Infatti sulla carta questa coalizione parte vincente. Ieri il professor Roberto D’Alimonte ha presentato, sul quotidiano di Confindustria, il sondaggio Winpoll-Il Sole 24 ore, da cui emerge un Centrodestra stimato addirittura fra il 51 e il 52 per cento (FdI sopra al 25 per cento, la Lega sopra al 15 per cento, Forza Italia attorno al 10 per cento e un altro 1 per cento di Coraggio Italia). Continua

Era scontato. Ora è Giorgia Meloni ad essere scaraventata nel tritacarne da quell’establishment ideologico-politico che pretende di avere il monopolio delle idee ammesse: la gogna mediatica serve a puntellare il Palazzo e a far restare al potere sempre i soliti.

Per anni è stato “bombardato” Silvio Berlusconi perché Forza Italia era il partito di maggioranza e lui il federatore e leader del centrodestra. Poi è stata la volta di Matteo Salvini, quando il consenso della sua Lega ha toccato il 34 per cento (alle europee del 2019).

Oggi che Fratelli d’Italia rischia di essere, stando ai sondaggi, il primo partito, sopra al 20 per cento, l’attacco si concentra sulla leader della Destra. L’obiettivo è sempre lo stesso: impedire al Centrodestra di vincere le elezioni politiche. In genere è sempre lo stesso anche il rito della caccia alle streghe. Continua

Le dichiarazioni di Berlusconi sulla guerra in Ucraina hanno fatto infuriare il “partito della guerra”, soprattutto perché è storicamente impossibile contestare l’atlantismo del Cavaliere.

Eppure ci hanno provato certi (autonominati) paladini dell’ortodossia atlantica che (com’è ovvio) arrivano tutti da sinistra.

Anzitutto Paolo Mieli (viene dal ’68 e da Potere operaio) che ieri ha addirittura assimilato Berlusconi ai “Partigiani della pace” del tempo di Togliatti (Berlusconi comunista?) in un editoriale sul “Corriere della sera”, diretto da Luciano Fontana, già capo dell’ufficio centrale dell’Unitàdi Veltroni, il quale Fontana, sempre ieri, ha sparato contro “quei politici molto comprensivi verso Putin” (ma è stato Macron a dichiarare che se si vuole la pace è meglio “non umiliare la Russia”).

Poi c’è Giuliano Ferrara, nato nell’élite comunista, che è stato sessantottino e dirigente del Pci. Sul “Foglio” dell’atlantismo dogmatico c’è pure Adriano Sofri – che fu capo e simbolo di “Lotta Continua” – di cui ieri è stata ripubblicata un’intervista a Pannella contro il pacifismo. Continua

Le dichiarazioni di Silvio Berlusconi a proposito della guerra in Ucraina(una settimana fa, venerdì e ieri) sono improntate al realismo, alla volontà di pace e al desiderio di evitare ricadute economiche devastanti per l’Italia e per il mondo:

“Non posso che condividere la preoccupazione di tanti per uno sviluppo incontrollato del conflitto. Il fatto stesso che si parli, con qualche leggerezza di troppo, del possibile uso di armi nucleari significa mettere in discussione quella soglia, ben chiara a tutti persino negli anni della guerra fredda, che escludeva l’uso dell’arma atomica in un conflitto locale. Non possiamo che condividere quindi gli appelli di quanti – primo fra tutti Papa Francesco – invocano di fare ogni sforzo per giungere alla pace al più presto. Per porre fine all’orrore della guerra, e al tempo stesso per garantire al popolo ucraino il suo legittimo diritto all’indipendenza e alla libertà”.

Ma se neppure il Papa era stato risparmiato dall’accusa di putinismo, per aver strenuamente fatto appello alla trattativa, non poteva certo essere risparmiato il Cavaliere. Continua

Il dissidio fra i leader dei tre partiti del centrodestra sembra grave. Non si era mai visto nulla del genere. E, a questo punto, anche se torneranno necessariamente a incollare i cocci, perché nessuno di loro può permettersi rotture definitive, resteranno ben visibili le incrinature.

Come potranno evitare che domani possano provocare nuove fratture? Al centrodestra non basterà più un semplice incontro di pacificazione fra i leader. Stavolta non può finire a tarallucci e vino. Dovranno chiarirsi armandosi di pazienza, di spirito costruttivo e di umiltà.

Ma forse è necessario a questo punto anche un salto di qualità che si lasci alle spalle il passato. Magari con una figura di “federatore” super partes per voltare pagina e aprire una nuova fase politica. Continua

Un vecchio leader democristiano, Pierluigi Castagnetti, che i media ritengono molto vicino al presidente Mattarella, nei giorni scorsi – considerando la tensione fra Usa e Russia – ha scritto un tweet alquanto saggio:

Non scherzare col fuoco. Va bene la reazione USA alla minaccia russa di invadere l’Ucraina con 175000 uomini. Va bene la vicinanza UE all’Ucraina. Ma che facciamo per evitare che? Forse è ora di dire che la pretesa russa che l’Ucraina non entri nella Nato ha qualche senso”.

Parole di realismo andreottiano. Infatti l’ingresso dell’Ucraina nella Nato – peraltro in violazione degli impegni presi con Mosca dai presidenti americani – non è solo una questione diplomatica fra Usa e Russia, ma è un rischio colossale per tutti noi: potrebbe essere la scintilla che rischia di trascinarci in un conflitto, prima economico, con disastrose sanzioni e grossi problemi per le forniture di gas, ma forse poi anche militare. Continua

Rientrata la polemica relativa alle dichiarazioni di Giancarlo Giorgetti, tutto sembra tornare come prima.

La strategia del Centrodestra, a quanto pare, resta quella del passato: presentarsi unito alle prossime elezioni, vincerle e governare l’Italia in base al proprio programma, indicando – come premier – il leader del partito che ha preso più voti.

I sondaggi continuano ad assegnare a questa coalizione un’ampia maggioranza e ciò probabilmente consolida in Salvini e Meloni la convinzione che non ci sia nulla da ripensare, ma solo da marciare sicuri verso il trionfo.

Ma, ammesso e non concesso che i tre partiti (di cui due al governo, oggi, e uno all’opposizione) arrivino veramente uniti alle elezioni; ammesso e non concesso che Forza Italia, dopo la scelta del nuovo Capo dello Stato, non si frantumi, ma perseveri nell’alleanza con Lega e Fratelli d’Italia, sono proprio sicuri, Salvini e Meloni, che a loro basti vincere nelle urne per governare? Continua