Abbiamo tesori immensi, in Italia, ma non solo quelli noti, come il paesaggio, il patrimonio artistico, la buona cucina, il sole, il mare i nostri centri storici: è un capitale straordinario anche la nostra splendida lingua italiana.

Purtroppo è misconosciuta e maltrattata, a cominciare dalla scuola dove non s’insegna più il suo uso corretto ed elegante (del resto se la stessa classe dirigente sbaglia i congiuntivi e la sintassi…).

Per riscoprire questo tesoro di identità – da far assaporare agli studenti – è utile leggere il libro di Annalisa Andreoni, “Ama l’italiano. Segreti e meraviglie della lingua più bella” (Piemme).

Grazie allo stile brillante e appassionato dell’autrice lo si legge tutto d’un fiato con divertito piacere e non solo per i capitoli sulla lingua dell’amore, della beffa, della parodia, del canto, della musica, delle invettive e degli insulti. E’ addirittura una lettura emozionante.

Che poi la nostra sia considerata all’estero la lingua “più bella” – come recita il sottotitolo – è una vera scoperta. L’autrice ha collezionato i giudizi di alcune importanti personalità della cultura nel corso dei secoli da cui si resta davvero sorpresi e commossi.

“Sono veramente innamorato di questa bellissima lingua, la più bella del mondo… per me non c’è dubbio che gli angeli nel cielo parlano italiano” fa dire Thomas Mann a un suo personaggio.

Già Goethe la definiva “la lingua amata”. Madame de Staël, ha esaltato pure i dialetti italiani e ovviamente il toscano: “È una vera gioia ascoltare i toscani… le loro espressioni, piene d’immaginazione e di eleganza, danno l’idea del piacere che si doveva provare ad Atene, quando il popolo parlava quel greco armonioso che era come una continua musica”.

Poi ha scritto: “Chi non ha mai sentito il canto italiano non sa che cosa sia la musica. Le voci in Italia hanno una morbidezza e una dolcezza che ricordano sia il profumo dei fiori che la purezza del cielo. La natura ha destinato quella musica a questo clima, l’una è come il riflesso dell’altro”.

Il poeta inglese John Keats proponeva “che l’italiano soppiantasse il francese in ogni scuola del Paese, giacché è pieno di vera poesia”. Per il poeta russo Osip Mandel’štam la nostra è “la più dadaista delle lingue romanze” e “si insedia così al primo posto in campo internazionale”.

Ma la Andreoni cita anche autori contemporanei, come Elizabeth Gilbert, autrice del romanzo “Mangia prega ama”, che scrive: “Da anni desideravo imparare l’italiano – una lingua che trovo più bella delle rose”. O la giornalista americana Dianne Hales il cui libro ha questo titolo eloquente: “La Bella Lingua. My Love Affair with Italian, the World’s Most Enchanting Language”.

Secondo la Hales c’è tanta gente che vuole studiare l’italiano perché è sentito come “bello, divertente e sexy”. E’ la lingua “più musicale” e “anche la lingua che meglio esprime le emozioni”. I suoi suoni – aggiunge – sono “praticamente identici a quelli che riecheggiavano negli anfiteatri e nei fori dell’antica Roma” e “trovano corrispondenze nel DNA linguistico di tutti noi. […] In Italia persino i rumori hanno una coloritura diversa”.

Non a caso Jean-Jacques Rousseau diceva: “se c’è in Europa una lingua adatta alla musica, è certamente la lingua italiana” (concordava Denis Diderot).

La Andreoni spiega da dove viene la bellezza musicale dell’italiano. Le ragioni sono: il suo sistema vocalico, la valorizzazione di tutte le sillabe anche quelle atone, la grande mobilità dell’accento delle nostre parole, la libertà sintattica della nostra lingua, il suo variopinto repertorio lessicale, le tantissime sfumature.

Ma anche l’aver ereditato “la bellezza del latino e del greco” e il suo affondare le radici in capolavori – come la “Commedia” – che sono fondamenti della civiltà e della letteratura del mondo: “La bellezza della lingua italiana non può in alcun modo andare disgiunta dalla bellezza della letteratura italiana, e ciò per un duplice motivo: perché l’italiano è nato come lingua letteraria, e tale è rimasto a lungo, e perché la letteratura italiana in sé è tra le più belle e ricche al mondo, e nei primi secoli ha prodotto capolavori”.

Peraltro – diversamente da quanto accade nelle altre lingue – noi possiamo godere facilmente di questi tesori letterari antichi perché sono scritti nella lingua che ancora parliamo. L’autrice accosta i versi d’amore di Leopardi

Che mondo mai,

che nova

immensità, che paradiso è quello

là dove spesso il tuo stupendo incanto

parmi innalzar!

 

e quelli di Petrarca

 

Quante volte diss’io

allor pien di spavento:

costei per fermo nacque in paradiso.

Così carco d’oblio

il divin portamento

e ’l volto e le parole e ’l dolce riso

m’aveano, e sì diviso

da l’imagine vera,

ch’io dicea sospirando:

qui come venn’io, o quando?

Credendo esser in ciel, non là dov’era.

Sembra incredibile che i due poeti siano separati da 500 anni e che noi comprendiamo così bene pure un poeta del Trecento. Accade così perché proprio la letteratura ha custodito per secoli la nostra lingua e con essa la nostra identità. Con l’Umanesimo e il Rinascimento l’italiano diventò la lingua delle élite in Europa. Poi è diventato di fatto la lingua della Chiesa Cattolica, un’immensa realtà spirituale planetaria.

Oggi – scrive la Andreoni – “l’italiano è la quarta lingua straniera più studiata al mondo, dopo l’inglese, lo spagnolo e il cinese, e prima del francese e del tedesco. Nell’anno scolastico 2015-2016 sono stati 2.233.373 gli stranieri che si sono impegnati nello studio della nostra lingua. È un numero che gli esperti considerano imponente e che segna un aumento di 400.000 unità rispetto all’anno precedente”.

L’italiano è uno straordinario vettore di diffusione della nostra cultura e anche delle nostre imprese nel mondo. Se la nostra classe politica lo capisse…

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Antonio Socci

Da “Libero”, 23 dicembre 2017

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