E’ clamoroso – per un papa – confondere il diavolo (dalla dopppia faccia) con Gesù. E’ successo giovedì quando Bergoglio ha evocato erroneamente un capitello della cattedrale di Vézelay: uno “scambio di persone” emblematico di questo pontificato, anche se dovuto probabilmente a qualche ghostwriter superficiale.

E’ invece farina del suo sacco il confonderli (Gesù e il diavolo) addirittura per prospettare che Giuda si sia salvato (senza essersi pentito) dando ad intendere così che nemmeno lui è finito all’inferno…

Non si sa se questo papa creda all’inferno, ma – a sentire lui – se c’è sembra che ci vadano solo quelli che sono contrari all’immigrazione di massa, quelli che usano condizionatori o bicchieri di plastica e i cristiani che seguono il Vangelo alla lettera.

In ogni caso in quello stesso discorso di giovedì sera al Convegno ecclesiale di Roma, Bergoglio non si è limitato a tali enormità sul capitello di Vezélay.

Lui – di suo – ha pure inanellato una serie incredibile di altre “perle” al limite della blasfemia: Gesù che nell’episodio dell’adultera “fa un po’ lo scemo” (espressione inaudita che il sito vaticano ha cambiato in “fa un po’ il finto tonto”, ma c’è la registrazione…) e poi Gesù che – nello stesso episodio in cui la donna è stata salvata dalla lapidazione – “ha mancato verso la morale” (testuale anche questo). Poi addirittura Gesù che non era uno “pulito” (ha usato proprio questa espressione) dando a intendere non si sa cosa (meglio non chiederselo nemmeno).

Alla fine Bergoglio ha addirittura affermato che una grande maggioranza dei nostri matrimoni sacramentali sono nulli” (costringendo padre Lombardi a spiegare poi che, sul sito vaticano, è stato corretto il testo: “una parte dei nostri matrimoni”).

E sempre lo stesso vescovo di Roma – per completare la performance – ha aggiunto a questa spericolata e devastante affermazione che invece tante “convivenze” sono “matrimoni veri” (legittimando così, di fatto, le convivenze, dopo aver delegittimato matrimoni sacramentali solidi e veri).

Naturalmente ciò che per l’opinione pubblica laica è solo curioso e perfino divertente come uno spettacolo da sfasciacarrozze, dal punto di vista cattolico è devastante, è una specie di flagello che si è abbattuto sulla Chiesa e rischia di demolirla.

OLTRE IL LIMITE

Tanto che Robert Spaemann, uno dei maggiori filosofi e teologi cattolici, amico personale di Benedetto XVI, è tornato a tuonare venerdì su “Die Tagespost” con un articolo dal titolo eloquente: “Anche nella Chiesa c’è un limite di sopportabilità”.

Riporto una sua frase:

alcune affermazioni del Santo Padre si trovano in una chiara contraddizione con le parole di Gesù, con le parole degli apostoli e con la dottrina tradizionale della Chiesa… Se nel frattempo il prefetto della congregazione per la dottrina della fede (Card. Mueller) si è visto costretto ad accusare apertamente di eresia il più stretto consigliere e ghostwriter del papa, vuol dire che la situazione è davvero andata sin troppo oltre. Anche nella Chiesa cattolica romana c’è un limite di sopportabilità”.

Spaemann ha anche criticato l’abituale ambiguità di Bergoglio specie su certi temi, toccati nell’Amoris laetitia, dove – per non farsi cogliere in eresia manifesta – dice e non dice, allude, ma non si espone, tira il sasso e nasconde la mano.

Ecco dunque le parole di Spaemann:

Papa Francesco non ama la chiarezza univoca. Quando, poco tempo or sono, ha dichiarato che il cristianesimo non conosce alcun ‘aut aut’, evidentemente non lo disturba affatto che Cristo dica: ‘Il vostro parlare sia sì, sì, no, no. Il di più viene dal maligno’ (Mt 5, 37). Le lettere dell’apostolo Paolo sono piene di ‘aut aut’. E, infine: ‘Chi non è per me, è contro di me!’ (Mt 12, 30)”.

Spaeman era già intervenuto il 28 aprile scorso contro l’ “Amoris laetitia” di Bergoglio, spiegando che vi sono “frasi decisive, che cambiano in maniera sostanziale l’insegnamento della Chiesa”, “che si tratti di una rottura è qualcosa che risulta evidente a qualunque persona capace di pensare che legga i testi in questione…. Se il papa non è disposto a introdurre delle correzioni, toccherà al pontificato successivo rimettere le cose a posto ufficialmente”.

Un altro importante filosofo cattolico, Josef Seifert, collaboratore di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, è recentemente intervenuto con critiche durissime, che ha motivato così:

il Papa non è infallibile se non parla ex cathedra. Vari Papi (come Formoso e Onorio I) furono condannati per eresia. Ed è nostro santo dovere – per amore e per misericordia verso tante anime – criticare i nostri vescovi e persino il nostro caro Papa, se essi deviano dalla verità e se i loro errori danneggiano la Chiesa e le anime”.

Oltretutto alle enormità del magistero bergogliano si aggiungono le sue decisioni di governo della Chiesa ormai di sapore sudamericano.

DITTATURA

Ad esempio, Bergoglio ha varato una serie di provvedimenti che sottraggono prerogative ai vescovi e li sottopongono a una sorta di spada di Damocle discrezionale, col rischio di rimozione nel caso non si adeguino al verbo bergogliano.

Infatti dopo i due Sinodi, in cui l’opposizione di vescovi e cardinali alla “rivoluzione” bergogliana è stata vasta e decisa, ora nel mondo ecclesiastico tutti tacciono impauriti.

Tanto che Mons. Athanasius Schneider, vescovo in Kazakhstan (dove ricordano bene cosa sia una tirannia), ha dichiarato:

“quando, in una Chiesa, arriviamo al punto in cui fedeli, preti e vescovi hanno paura di dire alcunché, come in una dittatura, questa non è la Chiesa”.

Tuttavia fra i cattolici laici sono sempre di più le voci di sconcerto che si alzano. Soprattutto negli Stati Uniti.

Ieri per esempio Phil Lawler, su “Catholic Culture”, commentando il discorso papale di giovedì, ha pubblicato un duro commento intitolato: “Il danno (ancora una volta) delle dichiarazioni del papa sul matrimonio”. Dove mette in luce anche altre “perle” di quell’intervento.

PERSECUZIONE

Colpisce, per quanto riguarda le questioni pastorali, l’insensibilità di questo papato verso la tragedia dei cristiani perseguitati e invece la sua accondiscendenza verso regimi discutibili e perfino verso dittature disumane, che continuano a perseguitare e incarcerare i cristiani.

Il caso più eclatante – insieme a quello dei regimi islamici – è quello della Cina.

Già aveva fatto scandalo l’intervista di Bergoglio del 2 febbraio scorso ad “Asia Times”, in cui aveva taciuto completamente sugli enormi problemi di diritti umani e libertà religiosa che ha la Cina (dove ci sono ancora nei lager vescovi come mons. Su Zhimin), ma in quell’intervista, rivolto ai tiranni comunisti di Pechino, Bergoglio aveva pronunciato “parole sfrenatamente assolutrici di passato, presente e future della Cina” dimenticando “quei milioni e milioni di vittime che il papa mai nomina, neppure velatamente” (Magister).

“Ciò che sconcerta molti cattolici cinesi” scrive Sandro Magister “è il silenzio che le autorità vaticane mantengono sui vescovi private della libertà”.

Negli ultimi giorni poi ha fatto clamore il caso del vescovo di Shangai Ma Daqin, che – dopo quattro anni di domicilio coatto – ha firmato una autoaccusa, di quelle tipiche dei tempi staliniani o della rivoluzione culturale maoista, nei quali sostiene di aver sbagliato e fa l’apologia dell’Associazione patriottica che è la Chiesa di regime della Cina comunista. La pratica dell’autoaccusa è tornata di gran moda in Cina.

Ma c’è di più. Padre Bernardo Cervellera, uno dei più informati conoscitori della Chiesa in Cina, nel suo sito “Asia news” (pur essendo bergogliano) per amore di verità ha dovuto riferire: Un vescovo cinese teme che qualcuno in Vaticano abbia pilotato la ‘confessione’ di Ma Daqin per far piacere al governo cinese”.

Di certo c’è che milioni di cristiani cinesi, che eroicamente vivono la loro fede sotto la persecuzione, sono rimasti delusi, confusi e addolorati per quel voltafaccia. Ma anche per quello che è diventata Roma negli ultimi tre anni

Una Roma dove si sentono risuonare parole inaudite verso il Figlio di Dio come quelle pronunciate giovedì scorso nella Basilica di San Giovanni in Laterano da Giorgio Mario Bergoglio.

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Antonio Socci

 

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