TERRIBILI DELITTI. L’INCAPACITA’ DELLA CHIESA ODIERNA DI DIRE L’ENORMITA’ DEL MALE CHE DILAGA DEL MONDO DA QUANDO E’ STATO ELIMINATO DIO. E LA PAURA DI INDICARE IL SALVATORE (PER OCCUPARSI DELL’AUTONOMIA DIFFERENZIATA)
La strage di una povera famiglia, a Paderno Dugnano, di cui si è autoaccusato un figlio, senza alcun fatto scatenante, è ormai una tragedia sommersa da un mare di chiacchiere.
Ma colpisce il mutismo della Chiesa. Sempre loquacissima, con i suoi principali esponenti, su qualunque argomento politico o sociale, di colpo si squaglia sulle sole materie che sarebbero di sua competenza: il Male, il Male assurdo “senza movente” e senza spiegazione, l’abisso del cuore umano, l’espiazione, la salvezza e Dio.
L’intervista sulla Stampa di don Claudio Burgio, cappellano del carcere Beccaria dov’è rinchiuso il giovane Riccardo, è emblematica: il sacerdote parla come un assistente sociale. Di certo è una brava persona che svolge un lavoro delicato, ma al giornale non ha detto nulla di specificamente cristiano, nulla sull’origine o la natura di quel Male che ottenebra gli esseri umani e nulla sulla salvezza.
Ha pure elogiato il silenzio. Strano. Gli uomini di Chiesa intervengono su tutto e poi tacciono davanti al Male, al motivo stesso per cui Gesù Cristo è venuto al mondo?
In un’altra intervista a Famiglia Cristiana, don Burgio ha riconosciuto sinceramente la disfatta e l’impotenza della Chiesa (di questa Chiesa politicizzata): “Anche noi preti non riusciamo più a dare risposte convincenti, credibili, provocatorie nel senso buono…. Anche noi come Chiesa balbettiamo di fronte ai grandi interrogativi sulla vita”.
Le gerarchie da mattina a sera fanno comizi sull’emigrazione, sul premierato e l’autonomia differenziata: non riescono a occuparsi dell’abisso del cuore umano, del senso della vita, del peccato del mondo o della vita eterna.
“Ho la sensazione, anzi la certezza, che questi ragazzi non sappiano a chi rivolgersi”, riconosce lealmente don Burgio. E così certifica il fallimentodi questa Chiesa (in tutte le sue diverse realtà).
È l’ammissione della disfatta di una Chiesa che parla in politichese e “sociologhese” (o si chiude nell’autoreferenziale associazionismo), ma non si strugge di passione per una generazione a cui nessuno più fa incontrare Cristo.
Del resto don Burgio ha scritto un libro che si intitola “Non esistono ragazzi cattivi” e va fiero del suo slogan che piace alla mentalità corrente. Perché siamo tutti buoni, come diceva Rousseau, e le colpe sono della società.
Purtroppo però il Vangelo dice l’opposto: dice che tutti noi uomini siamo cattivi (Mt 7, 11), capaci di cose efferate, e abbiamo bisogno di una guarigione radicale (una conversione).
Il mondo è così intossicato dal male e dal Maligno, che c’è stato bisogno che Dio stesso si facesse uomo, subendo un supplizio orrendo, per prendere tutto il male su di sé e per vincerlo con l’amore. Risorgendo dalla morte. Se “non esistono ragazzi cattivi”, non esistono esseri umani cattivi e non c’è bisogno di essere salvati: ma allora perché è venuto in terra Gesù Cristo?
Non sanno che dire, questi ecclesiastici, davanti al Male. Non hanno letto Dostoevskij (leggono Repubblica che insegna che il male è l’avversario politico e le colpe sono “della società”) e quindi non vedono che stiamo vivendo proprio i tempi da lui preconizzati nelle sue opere. Tempi anticristici.
Quando ho manifestato perplessità per l’intervista di don Burgio qualcuno mi ha chiesto: “e tu cosa diresti?”.
Direi che avendo cacciato Dio, i demoni scorrazzano e le anime dei giovani – che sono più vulnerabili – sono il terreno di caccia privilegiato.
Avrei detto che senza amore non si può vivere, ma che tutti crediamo che amare sia possedere, mentre invece è donare e sacrificarsi.
Avrei detto che immersi in un mondo così la vita non ha senso e non ha più molto valore e la stessa ragione obnubilata (da molte cose) non riesce talora a distinguere la realtà dall’immaginario, dal mondo virtuale o dai propri incubi.
L’emancipazione da Dio (“reo” di imporre “proibizioni”) doveva essere il regno della libertà e della felicità e invece…
Certi abissi poi (basti pensare a quello che è accaduto nel Novecento) sono così umanamente inspiegabili, con un tale ottenebramento della ragione, che è inevitabile pensare alla presenza di Satana.
Ma gli ecclesiastici non osano più parlare agli uomini dell’esistenza del Maligno per non passare da vecchi oscurantisti (anche se, a dire il vero, papa Francesco ne parla) e non osano annunciare agli uomini Dio e la salvezza perché non vogliono sembrare fondamentalisti bigotti.
Come avvertì Joseph Ratzinger: “Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare ‘qua e là da qualsiasi vento di dottrina’, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni”.
Già nel 1969 Ratzinger aveva previsto: “avremo presto preti ridotti al ruolo di assistenti sociali e il messaggio di fede ridotto a visione politica”. Oggi ci siamo. Negli ambienti clericali si parla di “Chiesa dei poveri”. Ma – come ha insegnato Madre Teresa – “la prima povertà dei popoli è di non conoscere Cristo”.
Don Divo Barsotti scriveva: “Si vorrebbe di fatto oggi che il cristianesimo fosse chiamato a salvare e liberare l’uomo dalla povertà (economica, ndr) e non soprattutto dal peccato. Se i cristiani stessi dovessero crederlo, proprio nel loro impegno sociale, essi dimostrerebbero di non credere più nella ‘loro’ missione, di aver rinunciato alla salvezza promessa da Dio, per farsi portatori di un ‘altro’ messaggio e artefici di un’‘altra’ salvezza, che sarebbe poi soltanto illusione”.
Una Chiesa così è parte del problema.
Antonio Socci
Da “Libero”, 6 settembre 2024