RIMOZIONI

Un anno fa, per il centenario della fondazione del Pci, Pierluigi Battista, raro intellettuale anticonformista, uno che ha spesso criticato la storica indulgenza della cultura italiana nei confronti del comunismo, sul “Corriere della sera” propose “una molto sommaria integrazione per così dire bibliografica (di una bibliografia troppo oscurata o addirittura ignorata) che potrebbe almeno in parte simboleggiare un blando antidoto a una lettura troppo auto-apologetica sparsa a piene mani a cento anni da Livorno’21”.

Seguiva una lunga lista di opere fondamentali per capire cosa è stato il comunismo (e quindi cosa è stato il Novecento): da “Arcipelago Gulag” di Aleksandr Solzenicyn a “I racconti della Kolyma” di Varlam Salamov, da “Gulag” di Anne Applebaum a “Il Grande Terrore di Robert Conquest, autore anche del “Secolo delle idee assassine”. E poi “Prigioniera di Stalin e Hitler” di Margarete Buber-Neumann, “Tutto scorre” di Vasilij Grossman, “L’epoca e i lupi” di Nadezda Mandel’stam, “Il passato di un’illusione” di François Furet, “Il dottor Zivago” di Boris Pasternak, “Buio a mezzogiorno” di Arthur Koestler e una quindicina di altri titoli (si potrebbero aggiungere ancora opere importanti, come – per esempio – “Cigni selvatici. Tre figlie della Cina” di Jung Chang).

ROSSO ANTICO

Non risulta che il centenario del Pci abbia prodotto una riflessione seria su cosa fu (e cosa è) il comunismo, né pare che siano state “integrate” le biblioteche e la visione intellettuale della classe colta italiana. Continua