E’ curioso lo slancio umanitario che ha colto d’improvviso la Sinistra italiana di fronte all’inedita marea migratoria di questi mesi. Perché storicamente non ha proprio le carte in regola in tema di “accoglienza”.

Su queste colonne più volte è stato ricordato l’atteggiamento comunista nei confronti dei profughi di Istria e Dalmazia, nel dopoguerra.

La vicenda – quasi assente dalla storiografia ufficiale – riguarda 300 mila profughi italiani che dovettero fuggire dalle loro case, dalla terra dei loro padri, perdendo tutto.

Verso di loro – che scappavano dal comunismo titino – avevamo un doppio dovere di accoglienza e di solidarietà perché erano italiani e pagavano loro per tutti noi, per la guerra persa.

Eppure la sinistra comunista non accolse questi nostri connazionali come fratelli, ma come avversari, con manifestazioni ostili, insulti e sputi. Una vergogna.

C’è poi un’altra vicenda, più vicina nel tempo, che io stesso ricordo di aver vissuto personalmente: la tragedia dei cosiddetti “boat people” vietnamiti e cambogiani che scappavano dal “paradiso comunista” fra il 1975 e il 1980.

La Sinistra italiana, dal ’68, per anni aveva manifestato nelle piazze in favore dei Vietcong e della guerriglia comunista indocinese. Quando costoro trionfarono in Vietnam e in Cambogia, imponendo la loro disumana tirannia, centinaia di migliaia di disperati scapparono dai “liberatori” comunisti o via terra o sulle barche. Molti finirono annegati, ammazzati dai pirati o mangiati dagli squali. Ci furono anche tanti bambini tra le vittime.  Continua