Il problema è l’uso politico della paura. Perché oggi, padrona incontrastata della scena pubblica e dei sentimenti privati, è la paura della pandemia, del contagio, di questo nemico invisibile e feroce che si può nascondere dovunque e d’improvviso può assalirti e condannarti in poche ore a una morte atroce, solo come un cane.

Una paura di tutto un popolo (e di quasi tutto il mondo) come mai si era vista serpeggiare fra la gente. Ma, attenzione, c’è un’operazione politica in corso in Italia che fa leva proprio su questa ansia collettiva.

La tentazione del potere di usare la paura c’è sempre stata, come spiegava anni fa Zygmunt Bauman:

“Di sicuro la costante sensazione di allerta incide sull’idea di cittadinanzanonché sui compiti ad essa legati che finiscono per essere liquidati o rimodellati. La paura è una risorsa molto invitante per sostituire la demagogia all’argomentazione e la politica autoritaria alla democrazia. E i richiami sempre più insistiti alla necessità di uno stato di eccezione vanno in questa direzione”.

Queste parole di Bauman fanno pensare all’Italia oggi alle prese con l’epidemia da coronavirus. Continua