Dante muore in esilio, a Ravenna, nel settembre 1321. Davanti alla grandezza del Poema sacro, alcuni anni dopo, i cittadini di Firenze richiesero ai Priori delle Arti una sua lettura pubblica per consentire a tutti di apprenderne gli insegnamenti, “tam in fuga vitiorum, quam in acquisitione virtutum”. Nella petizione si precisava che per questa lettura occorreva “unum valentem et sapientem virum, in huiusmodi poesiae scentia bene doctum”.

Così Firenze, cinquant’anni dopo la morte di Dante, nell’agosto del 1373, decise questa “riparazione” verso il grande poeta che aveva esiliato. Fu incaricato Giovanni Boccaccio che ben conosceva la Commedia e aveva già scritto il “Trattatello in laude di Dante”. Continua