“La cartina parla da sola!”, scrive Gérard Couvert sul sito francese “Boulevard Voltaire”. In effetti è davvero eloquente.

I dati del primo turno delle elezioni presidenziali francesi sono stati commentati in lungo e in largo, ma nessuno aveva pensato di sovrapporre la mappa dei Dipartimenti – con i relativi vincitori – alla mappa delle moschee presenti sul territorio francese.

Forse per autocensura – insinua Couvert – infatti il risultato è impressionante ed “è istruttivo sia sulla sociologia del voto e la sua probabile evoluzione, sia sugli sviluppi di civiltà che vedremo nel prossimo decennio”.

Il simbolo della moschea, nella cartina, ha tre grandezze diverse: il più grande indica che in quella zona c’è una moschea per meno di 7.500 abitanti; il simbolo a grandezza media per una popolazione dai 7.500 ai 12.500; il simbolo più piccolo tra 12.500 e 15.000 abitanti.

Nelle zone dove manca il simbolo non significa che non ci sono moschee, ma che ce n’è una per una popolazione oltre i 15.000 abitanti.

In pratica questa cartina è una rappresentazione della densità di popolazione musulmana nei diversi dipartimenti.

Per esempio nel Dipartimento Seine-Saint-Denis c’è una moschea per 3.500 abitanti, “che è un po’ più di quello che troviamo a Damasco”, spiega Couvert. Invece in Vandea c’è una moschea per 114.000 abitanti.

Ovviamente non è una mappa esattissima, perché diversi luoghi di culto islamici non sono dichiarati pubblicamente.

In ogni caso basta il colpo d’occhio per capire che le zone dove ha vinto Marine Le Pen si sovrappongono quasi esattamente alle zone a più alta densità di popolazione islamica. Mentre nelle zone dove l’Islam è scarsamentre rappresentato ha vinto Macron. Continua

E’ doloroso ammetterlo, ma sull’Italia spadroneggiano proprio tutti. Grazie alla sottomissione, più o meno zelante, delle nostre “classi dirigenti” (si fa per dire).

Un paio di esempi. Obama mette nel mirino Putin (mentre non batte ciglio per mesi davanti ai massacri dell’Isis) ed ecco che noi veniamo costretti a porre alla Russia sanzioni economiche che ci costano un occhio della testa (in tempi di crisi).

Sarkozy ha brutti sondaggi alla vigilia delle presidenziali, dunque s’inventa una sciagurata guerra alla Libia per abbattere Gheddafi (e risalire nei sondaggi) ed ecco che noi siamo arruolati, obtorto collo, in quell’impresa demenziale che destabilizza un Paese alle porte di casa e mette a rischio i nostri contratti petroliferi (che guarda caso fanno gola proprio alla Francia).

Il danno e la beffa. Ma è soprattutto la Germania a farla da padrona. Direttamente o tramite quella succursale del governo tedesco che chiamano ipocritamente “Unione europea”.

IL RUGGITO DEL CONIGLIO

L’ultimo esempio è di queste ore. La Merkel ancora detta la linea all’Europa pretendendo che tutti mantengano le sanzioni alla Russia, ma intanto la Germania, zitta zitta, raddoppia il gasdotto del Nord (North Stream) con la Russia (con Gazprom): ha l’obiettivo strategico di diventare lo snodo dell’energia per tutta l’Europa.

Naturalmente a restarci fregata è la solita Italia (e l’Europa meridionale) perché nel 2014 l’Europa – accusando Gazprom di monopolismo – aveva fatto saltare il gasdotto del Sud – South Stream – che avrebbe avvantaggiato l’Italia (l’Eni era capofila).

Sono i tedeschi, che dettano legge. Noi siamo sudditi e il “ruggito del coniglio” dei giorni scorsi, al vertice Ue, di Renzi – pur lodevole – finisce per essere patetico, perché resta solo uno sfogo di parole “permesso” dalla Merkel ai sudditi.

Magra consolazione per Renzi poter dire: “ne ho prese tante, ma le ho detto ‘birbante!’”. E’ drammaticamente chiaro che noi siamo una colonia assoggettata e da spolpare. Continua

Inabissato nei sondaggi al 15 per cento di (im)popolarità, il minimo storico, François Hollande è contestato per i suoi fallimenti politici (sciopero nelle scuole) ed economici (il Pil è in calo e la ripresina è abortita).

Perfino con la legge Taubira (adozioni a coppie gay) si è trovato contro una sorprendente maggioranza popolare. Continua

Dove sono finiti tutti i mistici dell’euro – economisti, giornalisti, politici, intellettuali – che dieci anni fa imperversavano su tutti i pulpiti per decantare le virtù taumaturgiche della moneta unica e “le magnifiche sorti e progressive” dell’Italia nell’euro? Continua