Da cittadino elettore ritengo essenziale restituire quanto prima la parola agli italiani. Anche per riavere finalmente una rappresentanza parlamentare che rispecchi davvero l’orientamento politico del nostro popolo e non sia falsata da “premi di maggioranza” incostituzionali come accade oggi.

Tuttavia – al di là delle chiacchiere di Renzi – ritengo impossibile che il Pd vada in Parlamento a sfiduciare il suo stesso governo. Pagherebbe un prezzo d’immagine pesante. Inoltre abbiamo anche a che fare con delle regole.

Quella della “coerenza” fra sistema elettorale della Camera e del Senato è discutibile e di difficile decifrazione: ognuno la interpreta come più gli conviene e soprattutto è solo un argomento politico. Infatti in passato è accaduto più volte che i diversi sistemi elettorali delle due Camere abbiano dato due maggioranze diverse, da comporre poi politicamente.

Più importante mi pare un orientamento giuridico che oggi politici e media hanno totalmente dimenticato, ma che fece molto discutere qualche anno fa. Si tratta del “Codice di buona condotta elettorale” che fu messo a punto dalla European Commission for Democracy through Law (la “Commissione di Venezia” che era presieduta da Antonio La Pergola).

Si tratta di un organo consultivo del Consiglio d’Europa, ma il documento che ha elaborato sulle materie elettorali è stato giudicato rilevante dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, “consacrato” dalla risoluzione 1320 (del 2003) dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa e ripresa dal Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa (2004).

NON SI PUO’

Nelle Linee guida di quel documento – fra le altre cose – si dice che non si può modificare la legge elettorale nell’anno che precede la chiamata alle urne: Continua

L’anno fatale che dette inizio alla tragedia fu il 1917. In questo 2017 dunque cade il centenario della “rivoluzione russa” e il comunismo non russa più in Europa, è proprio morto.

Altrove è ancora vivo e lotta contro di noi (fra Cina, Corea del Nord, Vietnam, Laos e Cuba, sono circa un miliardo e mezzo i sudditi che vivono tuttora sotto il tallone di regimi rossi).

Però sul finire del 2016 ha provveduto ad andarsene Fidel Castro che era l’ultimo simbolo storico del comunismo internazionale ancora in vita. E per una curiosa coincidenza in questo inizio di 2017 in Italia sta (ri)morendo “l’Unità” (o almeno così pare) che era l’ultimo reperto rimasto del partito comunista più grande d’occidente, il Pci appunto.

Del resto se dal comunismo passiamo al postcomunismo e allarghiamo la visuale su tutta la Sinistra, cioè sul cosiddetto campo progressista, la situazione è egualmente disastrosa: le iscrizioni al Pd sono dimezzate – per esempio – sia in Emilia che a Torino e il governo Pd, presieduto da Paolo Gentiloni, sta per diventare l’ultimo dei Mohicani in Europa.

Infatti il socialista Hollande in Francia è stato disastroso e i candidati socialisti alle presidenziali d’oltralpe sono dati per sconfitti in partenza. Poi, come ho già scritto su queste colonne, la Sinistra è in panne pure in Gran Bretagna, in Germania e in Spagna. Ed è crollata rovinosamente nelle roccaforti sudamericane: Brasile e Argentina.

CAPO DANNO

In questi giorni però c’è un’altra disfatta, la più grande: l’uscita di scena – rancorosa e sgangherata – di colui che è stato il vero leader dello schieramento “progressista” mondiale, Barack Obama, detto Sbarack per il “fair play” che dimostra dopo la sconfitta sua e di Hillary. Continua

Il “Wall Street Journal” l’ha segnalato giorni fa, ma in Italia ancora non ce ne siamo resi conto. Eppure si tratta di un fenomeno epocale che lascerà il segno per lungo tempo.

Dunque il fatto storico a cui stiamo assistendo da qualche mese è il crollo rovinoso di tutti i partiti tradizionali della Sinistra in Europa e in America.

La sconfitta di Hillary Clinton (insieme a quella, da lei stessa provocata, di Bernie Sanders) negli Stati Uniti ha portato con sé la disfatta del Partito Democratico, anche nelle elezioni dei parlamentari e dei governatori.

E la presidenza Trump ha tutta l’aria di inaugurare un ciclo, come fece la prima presidenza Reagan.

Per restare nel continente americano, anche senza ricordare la scomparsa di Fidel Castro, la destituzione della Presidente del Brasile, Dilma Rousseff segna il collo della sinistra più rappresentativa a livello internazionale (anche in Argentina ha vinto il centrodestra di Mauricio Macrì).

Quello europeo poi è un panorama di rovine per i partiti tradizionali della Sinistra. In Gran Bretagna i laburisti di Corbyn, già male in arnese, sono stati “asfaltati” dal referendum sulla Brexit.

In Italia il Partito Democratico – perfino nella sua versione più accattivante, quella di Matteo Renzi – si trova ora a pezzi e si sta leccando le ferite dopo la disfatta del referendum di domenica.

In Francia la presidenza di Hollande è stata così disastrosa che l’uscente nemmeno è stato ricandidato e si prospetta un match fra i gollisti di Fillon e il Front National di Marine Le Pen. Gli elettori di sinistra si troveranno a scegliere fra la Destra e il Centrodestra. Continua