Il piacere. In apparenza non c’è parola più moderna, edonistica ed estiva. La pubblicità e i media la celebrano come un dovere e fa venire in mente l’industria del divertimento, la movida, le spiagge, Ibiza e le discoteche romagnole.

Per i più colti il pensiero andrà al romanzo “Il piacere” di Gabriele D’Annunzio con cui – a giudizio di Benedetto Croce – “risuonò nella letteratura italiana una nota, fino ad allora estranea, sensualistica, ferina, decadente”.

Eppure – chi lo avrebbe mai detto? – “piacere” è anche una parola chiave della Divina Commedia. Certo, appare anzitutto nella sua accezione consueta, nel canto V dell’Inferno, quello di Paolo e Francesca: “Amor, ch’a nullo amato amar perdona,/ mi prese del costui piacer sì forte,/ che, come vedi, ancor non m’abbandona”. Continua