Pochi sanno che “Fratelli d’Italia”, l’inno che sentiamo ad ogni partita della Nazionale di calcio e che l’allora presidente Ciampi voleva fosse cantato dagli atleti, in realtà è solo un inno nazionale “provvisorio”. Dal 1946.

In tre legislature il Parlamento ha provato a renderlo definitivo, ma invano. Pare sia un’impresa sovrumana.

La legge 222 del 23 novembre 2012 prescrive addirittura di insegnarlo nelle scuole, ma senza averlo adottato ufficialmente: solite stranezze dell’Italia di oggi, come fare una casa cominciando dal tetto.

Adesso l’incredibile vicenda potrebbe concludersi positivamente. In questa settimana infatti la Commissione affari costituzionali della Camera esaminerà una nuova proposta di legge per l’adozione ufficiale dell’inno: è la quarta volta, si spera quella buona. Tuttavia – visti i tempi strettissimi della legislatura – non c’è niente di sicuro.

E’ un tormentone che rischia di diventare il simbolo dell’inconcludenza della politica italica e del vuoto di sensibilità nazionale. L’iter della legge – di per sé – potrebbe essere veloce, non dovrebbero esserci ostacoli politici, ma non è detto. Viviamo tempi strani. Continua

Ieri si celebrava il 25 aprile. Nella mia famiglia, per motivi storici, è davvero una festa della liberazione. Così avrei voluto scrivere su Twitter: viva l’Italia libera e indipendente dall’occupante tedesco.

Ma – mi sono detto – qualcuno potrebbe accusarmi di “sovranismo”? Si può ancora sventolare il tricolore e parlare di indipendenza nazionale e di occupanti tedeschi? Si può ancora rivendicare la sovranità degli italiani? Oppure è diventato disdicevole parlare di “patria”, di “indipendenza” e di “libertà”?

Non siamo forse nel Paese le cui élite hanno teorizzato da qualche decennio la necessità del “vincolo esterno” (cioè di stranieri che ci danno ordini) perché quello italiano – a loro dire – sarebbe un popolo incapace di governarsi da solo?

Eppure quando è stato libero di governarsi quello italiano è stato il popolo del “miracolo economico”. Dopo le rovine della Seconda guerra mondiale abbiamo fatto stupire il mondo.

Come, perché e quando abbiamo perso l’identità, l’orgoglio e la fiducia in noi – perdendo poi gran parte della sovranità – è una storia che sta cominciando a emergere, ma che aspetta ancora di essere scritta.

Fatto sta che oggi ci troviamo obbligati ad “appartenere” politicamente e monetariamente – come sudditi – a quella “Grande Germania” che si fa chiamare “Unione europea”. Continua