Il caso che ha suscitato più ironie, nella rivoluzione del politicamente corretto, è quello del parlamentare Usa Emanuel Cleaver, del partito Democratico, che, recitando la preghiera di inizio dei lavori del Congresso, ha concluso con “Amen and Awomen” (in realtà “amen” non è maschilista: è un’antica parola ebraica-aramaica che non c’entra nulla con l’inglese “men”).

Ormai la rivoluzione “politically correct” galoppa dappertutto, anche in Emilia dove un tempo sognavano altre rivoluzioni: il comune di Castelfranco Emilia ha deciso di usare sui propri canali social lo “schwa”(una “e” rovesciata) per promuovere un linguaggio inclusivo e non discriminatorio (così dicono) verso le donne o verso chi non si riconosce nel cosiddetto “binarismo di genere”.

Dunque scrivono: “A partire da mercoledì 7aprile moltǝ nostrǝ bambinǝ e ragazzǝ potranno tornare in classe!”, anziché “molti nostri bambini e ragazzi” (maschile che, nell’italiano corrente, include tutti).

Lo schwa è un segno grafico difficile da pronunciare. I napoletani, nel loro dialetto, usano un suono simile, per esempio nell’espressione mamm’t, ma non c’entra nulla con il “politicamente corretto”.

Se però si contesta l’uso del maschile universale, si dovrebbe cominciare a correggere anche quelle parole che finiscono in “a”, ma includono maschi e femmine. Sarebbe da ridere. Continua