Angelo Panebianco  ieri sul “Corriere della sera” ha vaticinatola prossima esplosione di M5S, ma anche di Pd e Forza Italia, appena cadrà l’attuale governo, soprattutto se il Presidente Mattarella chiederà “il consenso delle forze parlamentari più responsabili a sostegno di un governo di emergenza”.

Questi partiti per salvarsi, secondo Panebianco, dovrebbero aderire al suo: il “partito preso” del maggioritario (lui crede ancora che i problemi si risolvano con l’ingegneria delle leggi elettorali).

Per sostenere i miracolosi poteri del maggioritario (contro il deprecato proporzionale) Panebianco incorre in due clamorosi errori.

Anzitutto afferma che il “virtuoso” maggioritario costringe a “fare le alleanze prima del voto”, al contrario dell’attuale proporzionale che sarebbe dunque reo di ogni male.

E’ per questo – a sentire il professore – che, dopo essersi presentato come parte del centrodestra alle elezioni del 2018, visto l’esito delle urne che non hanno dato maggioranze, “Salvini, come se niente fosse, fece il governo con i 5 stelle”.

Ma Panebianco dimentica che negli anni del maggioritario è accaduta più volte la stessa cosa. Infatti Forza Italia– che si era presentata col centrodestra – nel 2011 appoggiò un governo con il PD(esecutivo Monti), mentre la Lega rifiutò di farlo e stette all’opposizione. 

Anche nel centrosinistra “l’Italia dei valori”– che si era presentata nella coalizione col Pd – andò all’opposizione.

Poi, nel 2013Forza Italia, che aveva partecipato alle elezioni con il centrodestra, addirittura dette vita a una maggioranza di governo col Pd (esecutivo Letta), mentre, ancora una volta, la Lega e Fratelli d’Italia andarono all’opposizione. 

Pure la coalizione di centrosinistra che si era presentata alle elezioni si spaccò perché “Sinistra ecologia e libertà” non aderì al governo Letta e passò all’opposizione. Tutto questo – ripeto – dopo aver votato con il maggioritario.

Nel 2018 c’è stata almeno più trasparenza e correttezza: dopo aver votato con il proporzionale, constatata l’assenza di maggioranze di governo, la Lega di Salvini ha chiesto un preventivo “nulla osta” agli alleatidel centrodestra per tentare di dare un governo al Paese e solo dopo il loro “via libera” ha fatto un governo col M5S.

Dunque si può concludere che il primo argomento di Panebianco è infondato. Poi ne propone un altro e incorre in un nuovo errore storico, dicendo che “il maggioritario scoraggia le scissioni, il proporzionale le incoraggia”.

Ricordiamo di nuovo la vicenda del governo Letta: nel novembre 2013 Forza Italia, che era parte della maggioranza, passò all’opposizione, ma quell’esecutivo restò in piedi perché alcuni parlamentari e ministri berlusconiani fecero una scissione, fondando il “Nuovo Centrodestra” e restando nel governo Letta  (e nei successivi).

Non solo. Proprio nella legislatura più maggioritaria (2013-2018) esplose il fenomeno dei cambi di casacca : ce ne furono quasi seicento. Un fenomeno assai peggiore delle scissioni.

Il “Sole 24 ore” scriveva: “è stata la legislatura più instabile della storia della Repubblica: in 57 mesi i cambi di casacca sono stati la cifra record di 566…  Un valzer che – secondo i calcoli di OpenPolis – ha coinvolto 347 parlamentari. Dunque il 35,53% degli eletti ha cambiato casacca almeno una volta”.

Con ciò le presunte virtù del maggioritario decantate da Panebianco si dissolvono. Poi ci sono i rovinosi difetti.

Infatti le elezioni del 2013 non erano state vinte dal centrosinistra, ma pareggiate: la coalizione capeggiata da Bersani aveva preso il 29,5% alla Camera contro il centrodestra che era al 29,1% e anche al Senato la differenza era minima (31,6 % contro 30,7%). 

Ma proprio per gli effetti distorsivi di quel maggioritario, con un abnorme premio di maggioranza (e anche grazie alla scissione del Nce), il centrosinistra – del tutto minoritario nel Paese – ha potuto spadroneggiare per cinque anni con effetti devastanti.  

Del resto nei giorni scorsi Bersani ha dichiarato in Tv che se fosse al governo si comporterebbe allo stesso modo, per esempio facendo subito lo Ius Soli anche contro l’opinione dell’80% per cento degli italiani.

Basta questo per evitare come la peste il ritorno al maggioritario. Va benissimo l’attuale proporzionale corretto con un piccolo premio di maggioranza.

Invece di pensare alle leggi elettorali i partiti devono pensare a contenuti politici che corrispondano ai veri interessi e ai profondi sentimenti del Paese.

Si vota – se n’è accorto anche Francis Fukuyama – su interessi materiali e identitàPer gli italiani il centrosinistra ha reso il Paese molto più povero e ha umiliato la sua sovranità e la sua identità. Così è crollato il Pd. 

E proprio dall’idea del riscatto economico e della difesa dell’identità (che riguarda sia la prepotenza della Ueche le migrazioni), deriva il consenso stellare che i sondaggi danno oggi alla Lega di Salvini (attorno al 36%), che a questo punto diventa il nuovo pilastro politico del Paese, il suo punto di equilibrio. I professori riflettano su questo.  

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Antonio Socci 

Da “Libero”, 4 marzo 2019

Tutto fa brodo per andare addosso a Matteo Salvini, perfino l’Eneide. Ma sembra che le tante menti erudite e illuminate che in queste ore si stanno rimbalzando su Twitter e Facebook certi versi del poema virgiliano, non si siano rese conto di aver fatto un curioso autogol.

Ecco perché. Un paio di giorni fa mi sono accorto che impazzava su twitter e su facebook questa citazione dell’Eneide: 

In pochi a nuoto arrivammo qui sulle vostre spiagge./ Ma che razza di uomini è questa?/ Quale patria permette un costume così barbaro, che ci nega perfino l’ospitalità della sabbia;/ che ci dichiara guerra e ci vieta di posare i piedi sul lido./ Se non nel genere umano e nella fraternità tra le braccia mortali, credete almeno negli Dei, memori del giusto e dell’ingiusto”.

E’ tratta dal primo libro del poema virgiliano (versi 538-543). Anche Giuliano Ferrara, ormai tornato nel salotto della sinistra da cui proviene, vestiti i panni del Giornalista Collettivo, ha rilanciato un tweet della collega Monica Guerzoni, del “Corriere della sera”, con questa citazione e l’hashtag “migranti”.

Come se Virgilio parlasse della nave Diciotti o della Sea-Watch. Da una rapida ricerca mi sono reso conto che tutto il solito coro progressista del “restiamo umani” da giorni diffonde questa citazione semi colta.

Così, tramite i versi virgiliani, esibiscono la loro raffinatissima cultura (sono tutti grandi classicisti) e redarguiscono duramente il cattivone Salvini mostrando che la voce della civiltà fin dall’antichità lo condanna. 

C’è solo un piccolo problema: non basta far rimbalzare su twitter una citazione dell’Eneide, estrapolata dal contesto; bisognerebbe anche conoscere quel poema. Sarebbe utile.

Se lo si legge infatti si comincia a sospettare che il poema virgiliano (a cominciare da quella citazione) potrebbe portare più acqua al mulino di Salvini che a quello degli autoproclamati umanitari.

I versi citati sono pronunciati dal venerando Ilioneo a nome dei troiani. Intanto va detto che i suddetti troiani sono da considerare profughi– che fuggono dalla nota guerra che ha distrutto la loro città – e come tali, se vogliamo rapportarli al presente, rientrerebbero in quella piccola minoranza di immigrati a cui tutti (Salvini compreso) riconoscono diritto di asilo

In secondo luogo Ilioneo – che sta lamentando la brutta accoglienza ricevuta lì a Cartagine, “in Libia”(per una curiosa coincidenza) – sta parlando alla regina Didonee le chiede di non far bruciare le sette navi troiane perché loro non hanno intenti ostili, sono stati spinti su quella costa dalle tempeste e un’altra è la loro meta, perciò ripartiranno appena hanno riparato le loro imbarcazioni.

Quindi parliamo di pochi profughi che intendono pure restare per poco tempo e poi andarsene. Non parliamo – com’è il caso nostro, oggi – di 600 mila migrantiche sono sbarcati da noi in cinque anni, che sono nostri ospiti, vogliono restare quae hanno dietro altri milioni di personeche intendono raggiungerli. Sono due casi non paragonabili.

Nell’Eneide dunque accade che Didone accoglie a Cartagine questi profughi capeggiati da Enea. Fra i due scoppia l’amore, ma finisce male perché Enea dà una fregatura (peraltro annunciata) alla regina: se ne va, con i suoi, e Didone è tanto disperata che si suicida per essere stata illusa così da colui che aveva accolto e amato. Quindi una storia tragica.

L’approdo vero e definitivo dei troiani è l’Italia. Ma anche in questo caso il parallelocon coloro che arrivano oggi sulle nostre coste come migranti non regge.

Tanto che un professore di lettere, su internet, dopo aver invitato a rispettare almeno Virgilio, commenta:Enea è l’esempio dell’immigrato pericoloso per la cultura e la società italiana. Giunge in Italia, uccide Turno, legittimo re dei Rutuli ed eroe locale e poi si prende la sua promessa sposa, Lavinia”. Quindi fonda una nuova civiltà che spazza via le precedenti

Se usiamo i classici per banali polemiche politiche sull’attualità è facile fare autogol e infatti in questo caso qualcuno potrebbe usare proprio la vicenda di Enea e concludere: “ecco il futuro dell’Italia. Se non chiudiamo le frontiere saremo spazzati viada chi viene da lontano e vuole sostituire la nostra civiltà con un’altra cultura e altri costumi”.

In realtà bisognerebbe rispettare sempre i classici e salvaguardarli dall’uso politico improprio. E’ utile capirne la complessità che è ricca di spunti sorprendenti. 

Fra l’altro, se vogliamo approfondire il “caso Enea”, scopriamo che le cose sono ancora più complesse, infatti per Virgilio i troiani non sono proprio degli stranieri che sbarcano su coste sconosciute, ma sono praticamente degli oriundi.

Infatti il re Latinoli accoglie perché dice di essere a conoscenza che Dardano, capostipite dei Troiani, era nato nella città etrusca di Corito (Tarquinia): “Di qui, dalla sede etrusca di Còrito egli è partito” (VII, 209)

Perciò, in qualche modo, sono tornati alle origini. E Ilioneo conferma: “Sì, qui Dardano è nato:/ qui ci richiama, e insiste con gravi moniti, Apollo,/ al Tevere etrusco, ai sacri stagni del fonte Numìco” (VII, 240-242).

Così infatti era stato detto ai troiani:  “la stessa terra che vi generò per prima dalla stirpe dei padri vi accoglierà reduci nel suo fertile grembo. Ricercate l’antica madre” (III, 93-96).

Tutta l’architettura dell’“Eneide”, che celebra la gloria di Roma, si radica in questo “ritorno” fatale. Perché Roma sboccerà proprio da questa sintesi dei popoli italici. 

L’“Eneide” vuole cantare la grande epopea dei popoli italici che “civilizzano” il mondo, non può essere ridotta a un manifesto migrazionista, per uso propagandistico. 

E’ semmai il poema dell’identità italiana, infatti la parola “Italia” risuona fin dal suo secondo verso: “Armi canto e l’uomo che primo dai lidi di Troia/ venne in Italia fuggiasco per fato”. E’ il poema dei popoli italici.

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Antonio Socci

Da “Libero”, 28 gennaio 2019

E’ sempre più chiaro che, per i popoli di oriente e di occidente, papa Bergoglio è ormai un grosso problema

Il “caso Venezuela”lo ha reso evidente, come pure l’“alleanza” vaticana col regime comunista cinesee, ancora prima, l’esplosione dell’emergenza emigrazioneche ha destabilizzatol’Italia e l’Europa. 

Tutti e tre questi “temi” vedonoconfliggere frontalmente Bergoglio con i popoli interessati e con la politica della Casa Bianca. Non a caso Trump fu attaccato dal papa argentino già durante la campagna presidenziale.

Il pontificato di Bergoglio è infatti un prodotto dell’epoca Obama/Clinton, di cui porta avanti l’agenda, senza più avere però quella sponda politica (e pure Macron ormai è un’anatra zoppa).

La prima destabilizzazione bergogliana ovviamente si abbatté sulla Chiesa  che aveva rappresentato, fino a Benedetto XVI, l’istituzione più autorevole, più rappresentativa e più antica del mondo. E che ora, con Bergoglio, è precipitata nella crisi più grave della sua storia.

Bergoglio ha radicalmente stravoltoi connotati del papato: non più un messaggio spirituale, ma mondano, niente più soprannaturale, ma sempre politica. All’annuncio di Cristo unico salvatore, si è sostituita un’imitazione dell’Onu politically correct, con un forte timbro di sinistra radicale

E’ la vecchia teologia della liberazione. Non a caso proprio in queste ore è stato “pensionato” il cardinale Cipriani, arcivescovo di Lima e capo della chiesa peruviana, sostituito da don Carlos Castillo, discepolo di Gustavo Gutiérrez, il fondatore della teologia della liberazione.

Il pontefice argentino è amichevole o dialogante con i regimi illiberali (islamici o socialisteggianti o comunisti), mentre è duro con i paesi liberi occidentali (in particolare con il presidente Trump e con Matteo Salvini)

In America latina infatti Bergoglio ha rapporti amichevoli con Cuba, con il Venezuela di Maduroe con il compagno presidente boliviano Evo Morales(quello che gli regalò la scultura del crocifisso con falce e martello).

Nei giorni scorsi c’è stata una clamorosa iniziativa di venti ex capi di Stato dell’America Latinache hanno contestatoa Bergoglio, con una lettera pubblica, il suo solenne messaggio di Natale in cui invitava alla concordia il popolo del Venezuela e anche quello del Nicaragua.

Gli ex capi di Stato hanno obiettato: “In questo modo non si mette affatto l’accento sul fatto che il primo Paese è vittima dell’oppressione di una narco-dittatura militarizzata, che non ha remore a violare sistematicamente i diritti alla vita, alla libertà e all’integrità personale e… lo sottopone a condizioni di carestia diffusa e mancanza di medicine. Il secondo Paese, a metà del 2018, è stato vittima di un’ondata di repressione che ha seminato quasi 300 morti e circa 2.500 feriti”

Le parole di Bergoglio, in quei termini, aggiungono i firmatari, “possono essere interpretate anche in modo negativo per la maggioranza dei venezuelani e nicaraguensi”, perché rischiano di essere sentite come “una richiesta ai popoli oppressi, che sono vittime ad accordarsi con i rispettivi aguzzini”, specialmente nel caso del Venezuela, dove “c’è un governo che ha causato 3 milioni di rifugiati”.  

Ma per i profughi provocati da Maduro, Bergoglio non ha affatto l’interesse ossessivo che invece manifesta sempre per i migranti che vogliono venire in Italia

Anzi, ha fatto clamore il fatto che il Vaticanoabbia voluto mandare un proprio rappresentantealla recente cerimonia di insediamento di Maduroche è stata disertata dalla maggior parte dei paesi europei e sudamericani.

Intanto il popolo venezuelano, in miseria, protesta, i vescovi denunciano i soprusi del regime di Maduro e, proprio in questi giorni, in Venezuela è esplosa la crisi istituzionale, perché il presidente dell’assemblea nazionale Guaidò(con l’appoggio del mondo libero) si è fatto avanti per liberare il paese dal successore di Chavez. Così adesso Bergoglio si trova in palese imbarazzoe, pur trovandosi a due passi (a Panama), non ha finora pronunciato parola.

Va detto che anche la clamorosa intervista papale sulla Cina, che aprì la strada all’accordo col regime comunista, stupì, scriveva Sandro Magisterper le parole con cui il papa assolveva in blocco il passato e il presente della Cina, esortandola ad ‘accettare il proprio cammino per quel che è stato’, come ‘acqua che scorre’ e tutto purifica, anche quei milioni di vittime che il papa s’è guardato dal nominare, neppure velatamente”.

Così fu siglato l’accordo con cui il Vaticano ha sostanzialmente consegnato la Chiesa cinese al regime.

La stessa indifferenza verso i cristiani perseguitatimanifestata dal Segretario di Stato di Bergoglio, card. Parolin, quando, di recente, ha dichiarato che non c’è nessuna attività diplomatica del Vaticano a favore di Asia Bibie della sua famiglia e che la tragedia di quella povera donna cristiana “è una questione interna al Pakistan”.

All’Italia invece Bergoglio ritiene di dover prescrivere perfino la politica migratoria, che sarebbe prerogativa dello Stato laico.

Bergoglio ha giocato un ruolo importantedurante la formidabile ondata migratoriadegli ultimi sei anni. Non solo per i continui, quotidiani interventiad abbattere le frontiere. 

Si è saputo di recente che fece pure un intervento direttosull’allora premier Enrico Letta, dopo la tragedia di Lampedusa. Telefonata dell’ottobre 2013dopo la quale fu varata l’operazione “Mare Nostrum”, che di fatto spalancò le porte agli arrivi. 

Dunque un pontificato pernicioso non solo per la Chiesa, ma per i popoli

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Antonio Socci

(nella foto papa Bergoglio con Nicolas Maduro)

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www.antoniosocci.com

Nei mesi scorsi imperversava (anche fuori d’Italia) “Forza Spread”, il partito trasversale di chi faceva il tifo per lo spread, contro l’Italia, pur di abbattere questo esecutivo alla stessa maniera del 2011. 

Poi è diventato “Forza Moscovici”: facevano il tifo per la Commissione Europea, perché punisse duramente l’Italia. C’erano anche degli italiani, sempre con l’illusione che la chiamata degli stranieri– eterna tragedia italica – servisse ad abbattere i loro nemici interni, cioè (ancora) l’attuale governo.

Tutte e due queste speranze sono andate deluse. Così quelle truppe trasversali si sono ritrovate ora sotto l’insegna “Forza recessione”: si riconoscono dalle acclamazioni eccitate di fronte alla stima di Bankitaliasecondo cui il Paese va verso la recessione.

Sperano che il ciclo economico sfavorevole penalizzi Lega e M5S alle prossime elezioni europee e, magari, mandi in crisiil governo già prima o almeno lo costringa a una nuova manovra correttivadi tagli e tasse che faccia crollare il consenso per l’esecutivo.

Questo “partito”, che definirei anti italiano, è una parte (non piccola) del problema. L’altra parte del dilemma è costituito dalle forze di governo, perché – varato il Def – si tratta ora di misurarsi appunto con la minaccia della recessionee con la “questione europea”.

Ancora una volta, per le rigidità ideologiche del M5Sche rischia di paralizzare gli investimenti pubblici, vera molla della crescita, è soprattutto su Matteo Salvini che incombe il compito di trovare la via d’uscita. 

O almeno a lui guarda quella parte maggioritaria della nostra gente che fa il tifo per l’Italia, a cominciare dai ceti produttivi del Nord.

Oltreché essere una via obbligata questa è anche una grande “chance” per il leader leghista che – essendo un pragmatico –  affronta i problemi e anche le scelte strategiche quando concretamente si presentano. 

Dunque il compito che lo aspetta, da adesso alle elezioni europee – mentre presidia le sue tradizionali trincee: immigrazione e decreto sicurezza– potrebbe essere riassunto in tre punti.

PrimoSbloccare gli investimenti pubblici: è una misura necessaria per cercare di scongiurare il rischio recessione, per rimettere in moto l’economia e l’occupazione e per evitare che l’Italia (con la sua industria) rimanga ai margini dei nuovi flussi del commercio mondialeo paghi un prezzo salatissimo. 

Fra l’altro non ci sono solo le grandi operecome TavTap: l’Associazione nazionale dei costruttori edilisostiene che tra ponti, acquedotti, dighe, strade, scuole e altre infrastrutture sono circa 270 i cantieri fermiper le più diverse motivazioni e hanno un valore complessivo di 21 miliardi di euro

Inoltre, secondo gli ultimi dati dell’Anagrafe ufficiale delle opere incompiutedel ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture, risulta che sono circa 670 le opere– appunto – incompiute che hanno un valore di circa 4 miliardi.

Secondo il presidente di ConfindustriaVincenzo Boccia, la riapertura di tutti i cantieri (al di sopra dei cento milioni) pronti a partire darebbe lavoro a 400 mila persone “con una ricaduta sull’economia di 86 miliardi”. Si può facilmente capire tutto quello che ciò significa in una fase critica come questa.

Da parte di Salvini questa battaglia è anche il modo migliore per farsi carico delle istanze del mondo produttivo. Certo, non sarà facile far capire al M5S la necessità di combattere preventivamente la recessione con la riapertura dei cantieri, ma nessuno può illudersi che sia il “reddito di cittadinanza” a far crescere il Pile la prospettiva di una recessione dovrebbe far ragionare i Grillini, perché sarebbe disastrosa per il Paese ed anche per i partiti di governo.

Fra l’altro sarebbe sensato anche di rivedere l’ecotassa sulle autoche rischia di far annullare gli investimenti e il piano industriale di Fiat Chryslerin Italia secondo le dichiarazioni del Ceo di Fca, Mike Manley.

Secondo. L’Italia – nella crisi in cui si dibatte la UE, per le politiche economiche suicidefin qui praticate e poi per la Brexit, per il progressivo affondamento di Macrone per il tramonto della Merkel– dovrebbe cercare un rapporto forte con gli Stati Uniti di Donald Trump

Come Giulio Sapelliha spiegato ieri, in un articolo sul “Sussidiario”, l’Italia è tornata ad avere una sua importanza geopolitica per la presidenza Trump e questo dovrebbe facilitare un forte legamecon quel paese, nostro tradizionale alleato, dove troviamo l’unica economia occidentale forte e in crescita.

Gli Stati Uniti sono il grande interlocutore dell’Italia: è proprio questa perseveranza transatlantica” scrive Sapelli “la migliore risposta all’avvento quale che sia della Brexit. Di questo sono pochissimi in Italia ad avere contezza, a cominciare dagli imprenditori. Comprendere tutto ciò è decisivo, perché solo il legame con gli Usa ci può salvare dal prossimo tsunami mondiale. Si addensano infatti le nubi e si alzano le maree di uno tsunami molto più grande di quello del 2008. La causa di ciò è nella tendenza alla deflazione europea che minaccia tutta l’economia mondiale e segnala la potenza distruttiva del nazionalismo economico tedesco”.

Terzo. La questione europea. La recente autocriticadel presidente della Commissione europea Junckersull’eccesso di “austerità avventata” della UE, soprattutto quella che è stata imposta alla Grecia, è solo un patetico tentativo delle élite di smarcarsi dai propri errori. Lacrime di coccodrillo. La stessa cosa si può dire per la Merkel e per Macron. 

Oggi ci sono tutte le condizioni per “lanciare” – in vista delle elezioni – una “Europa dei popoli” che archivi per sempre l’Europa delle élite attraverso una seria proposta di riscrittura dei Trattati di Maastrichtche restituisca ai popoli, quindi ai parlamenti e agli Stati, quella sovranitàche è codificata nelle loro Costituzioni (a cominciare dalla nostra, per quanto riguarda l’Italia). Niente più e niente di meno che la Costituzione

E’ questo anche l’unico modo per salvare l’Europa, che è una cosa troppo importante e preziosa per essere lasciata ai fallimentari “europeisti” fino ad oggi dominanti.

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Antonio Socci

Da “Libero”, 20 gennaio 2019

La porta di Palazzo Chigi si aprì e non entrò nessuno: era Giuseppe Conte. Così – parafrasando Fortebraccio – si potrebbe sintetizzare la narrazione dei media sull’arrivo alla presidenza del Consiglio dell’attuale premier. 

È letteralmente balzato fuori dall’anonimato, da un giorno all’altro, come un coniglio dal cilindro del mago, senza aver fatto nulla che potesse caratterizzarlo in qualche modo (come docente universitario era poco conosciuto perfino a Firenze dove insegnava).

Essendo stato scelto proprio per una neutra mediazione fra M5S e Lega, sembrava un uomo senza passato, senza idee e senza identità. Ma non senza qualità. Perché – bisogna riconoscerlo – nessuno aveva capito il personaggioe quello che avrebbe fatto. Era stato del tutto sottovalutato.

Per alcuni mesi infatti è stato rappresentato (e pure spernacchiato) come il vaso di cocciofra i due vasi di ferro (Salvini e Di Maio), come l’incolore riempitivodell’esecutivo gialloverde. Come lo zeroche – nella previsione del deficit del DEF, quella approvata dalla UE – si è frapposto fra il 2 e il 4. Una specie di lubrificante, destinato solo a diminuire gli attriti.

CONTE ZIO

Era il perfetto “Conte Zio”dei “Promessi sposi”, come aveva acutamente intuito Marcello Veneziani. E infatti si adattava perfettamente alla sua attività di premier, la descrizione manzoniana di quel personaggio: “Sopire, troncare, troncare, sopire” perché “quest’urti, queste picche, principiano talvolta da una bagatella, e vanno avanti, vanno avanti…”.

A confronto delle dichiarazioni dirompenti dei due vicepremier,  il Conte Zio praticava – per riprendere il Manzoni – “un parlare ambiguo, un tacere significativo, un restare a mezzo, uno stringer d’occhi che esprimeva: non posso parlare”

Nella compagine governativa gialloverde, dava l’impressione di essere – ricorro ancora ai Promessi sposi – “come quelle scatole che si vedono ancora in qualche bottega di speziale, con su certe parole arabe, e dentro non c’è nulla; ma servono a mantenere il credito alla bottega”.

ZIO PEPPINO

Si era autodefinito “Avvocato del popolo”, ma questa bellicosa espressione di sapore rivoluzionario era immediatamente neutralizzata dalla sua antropologia forlaniana.

In effetti la sua bonomia democristiana, la mitezza, l’eleganza, la gentilezza dei modi sono parsi molto rassicuranti e lo hanno fatto crescere sempre più negli indici di popolarità. Quello che doveva essere l’Avvocato del popolo è diventato lo Zio degli italiani. Zio Peppino, l’affabile zio avvocato che fa sempre comodo in famiglia. 

Tuttavia, pian piano, si è creato uno spazio politico rilevantissimo perché il momento storico vede la contrapposizione fra il governo e le élite(l’establishment). 

Così la mediazioneda metodo è diventata Conte-nuto ed è emersa la cifra democristiana del premier. O meglio (ribadisco): forlaniana. Il coniglio uscito dal cilindro è diventato un “coniglio mannaro”.

Fu appunto Arnaldo Forlani, valente leader dc, a vedersi affibbiata per primo, da Gianfranco Piazzesi, questa definizione bacchelliana – tratta dal “Mulino del Po” – che allude all’astuzia politica e alle capacità che possono celarsi dentro un carattere mite.

LA SVOLTA

La trasformazione di Conte, da Peppiniello nostro a statista forlaniano, si è appalesata nella drammatica trattativacon la Commissione europea sul DEF che ha condotto in prima persona e che al tempo stesso gli ha permesso di conseguire un successo storico(dal momento che tutti prospettavano uno scontro dirompente fra Roma e Bruxelles) e di accreditarsi – presso la nomenklatura della Ue– come l’unico vero interlocutore del governo italiano.

L’operazione gli ha permesso anche di guadagnarsi definitivamente la fiducia del presidente Mattarella. Conte – che si è costruita una sua tela di rapporti personali a livello internazionale, in particolare con Trumpe la Merkel– si è fatto ricevere in udienza privata pure da Papa Francesco, il 15 dicembre, probabilmente esibendo non solo la sua fede cattolica (cosa che a Bergoglio interessa molto relativamente), ma soprattutto la sua provenienza giovanile da quella “Villa Nazareth”che è stata il punto d’incontro della potente corrente cattoprogressistavaticana e anche di “cattolici democratici” come Prodi, Scalfaro, Scoppola, Leopoldo Elia e lo stesso Mattarella (da lì viene anche l’attuale Segretario di Stato vaticano, Parolin).

L’ANTI SALVINI

Cosa si siano detti Conte e Bergoglio in quel colloquio non è dato sapere. Fatto sta che a pochi giorni di distanza, il presidente del Consiglio – sul caso dei 49 migranti, che tanto interessava al papa – ha preso la clamorosa posizione che sappiamo, pubblicamente contrapposta a Matteo Salvini“se non li faremo sbarcare li vado a prendere io con l’aereo”.  Poi si è addirittura intestato la “soluzione” di questo caso (la ripartizione dei migranti), ancora una volta in accordo con la UE. 

D’improvviso si è materializzato un Conte imprevisto, un vero “anti Salvini”, capace di batterlo sul terreno dove il vicepremier da sempre trionfa (quello dell’emigrazione). 

Era inevitabile che in questa veste Conte raccogliesse simpatie a Sinistra. Di sicuro ha catalizzato l’interesse degli ambienti catto-vaticaniin cerca di rappresentanza nella crociata migrazionista anti-Salvini.

A questo punto d’improvviso tutti si sono accorti che Conte da comparsa era diventato un protagonista. Con quali prospettive? Il suo passato sembrava incolore. Ma lo era davvero?

PRODIANO/RENZIANO

L’antica collaborazione col suo famoso maestro Guido Alpa non lo caratterizzava politicamente. Gli erano state attribuite, per il passato prossimo, vaghe simpatie renziane e un’amicizia con la Boschi, ma anche questo non sembrava una cosa significativa.

Poi lui stesso ha rivelato di aver “votato per l’Ulivo di Prodi e Pd fino al 2013”. E Renziha sarcasticamente fatto sapere: “Conte me lo ricordo, quando ci mandava i messaggini tutto contento e entusiasta delle riforme che facevamo, della Buona Scuola, del referendum…”.

In sostanza, quel Conte che sembrava senza identità, si rivela invece il classico moderato, catto-progressista, di area PD, che probabilmente non era proprio del tutto sconosciuto – anche al Quirinale – quando Mattarella gli ha dato l’incarico di formare il nuovo governo.

Certo, il fatto che per la guida del loro primo governo i “rivoluzionari” grilliniabbiano scelto un democristiano, di area Pd, strappa più di un sorriso. Ma la cosa non va letta con ironia. E’ un fatto emblematico che spiega molte cose.

Renzi, dopo aver ricordato quei precedenti di Conte, lo ha polemicamente pizzicato aggiungendo: “A suo tempo, nel 2015, aveva tutta un’altra posizionesullo sforzo riformatore del Governo Renzi. È legittimo cambiare idea, specie se ti offrono incarichi importanti. Io penso che le idee valgano più delle poltrone”, 

Ma siamo proprio sicuri che il Conte prodian-renziano abbia avuto un’improvvisa folgorazionegrillina sulla via (non di Damasco, ma) di Palazzo Chigi?

E se – diversamente da quanto pensa Renzi – Conte in realtà rappresentasse proprio una soluzione “istituzionale”per disinnescare e, alla fine, “normalizzazione” il M5S

Fabio Martini, sulla “Stampa”, ha scritto che Mattarella “probabilmente avrebbe gradito che il Pd entrasse a far parte di una maggioranza incardinata sui Cinque Stelle con Conte premier”.

A quel tempo fu proprio Renzi a mettersi di traverso. Ma se con i nuovi assetti del Pd, ridimensionato Renzi, per una crisi dell’attuale governo si ripresentasse questo scenario, non sarebbe proprio Conte il più adattoad assumere la guida di un nuovo esecutivo M5S-PD, benedetto da Mattarella, da Bergoglio e dalla UE

Non è detto che ciò accada. Ma le prospettive politiche che si aprono davanti a Conte sono anche altre. E lo potrebbero “consacrare” definitivamente come il vero anti-Salvini. Come il Prodi del XXI secolo. I conti in Italia non tornano mai, ma Conte sì, tornerà.

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Antonio Socci

Da “Libero”, 13 gennaio 2019

Ma che sta succedendo nella Chiesa cattolica? La situazione non è solo catastrofica: è anche assurda. Infatti la realtà parla di chiese che si svuotanodrammaticamente in Occidente e di un Oriente dove i cristiani sono duramente perseguitati

La realtà parla di sparizione dei tradizionali movimenticattolici, di scontri interni alla Curia, di continui scandalie di enorme confusionefra i fedeli per le trovate rivoluzionariedi papa Bergoglio (che nei giorni scorsi ha pure “dimenticato” il dogma dell’Immacolata Concezione).

Ma di tutto questo gli ecclesiastici non si occupano e non si preoccupano. Ai pastori non interessano le pecore che si stanno smarrendo e disperdendo. 

La casta ecclesiastica è tutta presa dalla politica. E’ una vera febbre. Già questo è surreale, ma non basta. Infatti non vogliono portare nella politica la “dottrina sociale” della Chiesa o i “principi non negoziabili”, come si potrebbe credere. Seguendo il verbo bergogliano hanno un solo tema teologico-politicoda affermare con piglio fondamentalista:i migranti

Dunque i migranti ormai sono diventati la loro bandiera ideologicada sventolare, ma anche, addirittura, una sorta di soggetto messianico con cui ribaltare l’annuncio cristiano, perfino nel presepio: come se gli angeli avessero annunciato ai pastori l’arrivo del “migrante Gesù”, anziché la nascita del Figlio di Dio

Secondo il sentire comune della gente, gli ecclesiastici ormai si occupano solo di migranti, solo di loro parlano. E in effetti le gerarchie clericali si tuffano in politica con il preciso intento fare la guerra a Salvini: è lui il Satana a cui gridare “Vade retro!”, come proclamò la nota copertina di “Famiglia cristiana”

Proprio lui, che pure ha pubblicamente dichiarato di voler difendere le nostre radici cristiane, è il Male contro cui il mondo clericale si mobilita e si scatena.

Ieri Salvini, dall’Abruzzo, ha risposto: “sono un peccatore, ma non fesso. Quest’anno invece che 120 mila, ne sono arrivati solo 20 mila: 100 mila in meno, con un miliardo di risparmio, molti morti in meno e molti reati in meno”.

Significa che il vicepremier non demorde e non vuole che l’Italia torni ad essere il campo profughid’Europa e d’Africa. La maggioranza degli italiani e dei cattolici la pensa come lui

Proprio per questo ormai è continua la “chiamata” all’impegno politico contro Salvini, da parte dell’establishment bergogliano.  

Rispondono “presente” i giornali clericali, la Cei e – sia pure flebilmente – le associazioni cattoliche (o quello che ne è rimasto).

Ieri perfino l’ex presidente della Cei (oggi presidente dei vescovi europei), il cardinal Bagnasco, arcivescovo di Genova, che finora era considerato uno dei pochi rimasti in linea con il magistero di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, si è schierato e si è guadagnato il titolo con cui “La Stampa”ha aperto la prima pagina: “ ‘Obiezione di coscienza’. La mossa della Chiesa contro il decreto sicurezza”.

Il riferimento era proprio all’arcivescovo di Genova: “La carica la suona il cardinale Bagnasco” che – secondo il giornale torinese – “schiera la Chiesa sul decreto sicurezza: ‘Sì all’obiezione di coscienza’”.

Sul caso “migranti della Sea Watch” è intervenuto pure mons. Guerino Di Tora, presidente della commissione per le migrazioni della Cei, che ha tuonato: “Chi si tira indietro non ha la coscienza a posto”.

Anche l’arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice, tuona invitando a non “rimanere in silenzio dinnanzi ai disumani decretiche aggravano la sofferenza di chi è vessato da povertà e guerra”.

Non risulta si siano viste le stesse mobilitazioni, né così aspre denunce della chiesa bergogliana, negli ultimi sei anni in cui, grazie all’euro, alle politiche della UE e ai governi italiani allineati ad essa, da noi sono esplose la povertà e la disoccupazione (con migliaia e migliaia di aziende chiuse). 

Né si ricordano mobilitazioni papali e parole di fuoco in favore delle popolazioni terremotate e dei loro inverni al freddo. Sono solo due esempi (si potrebbero aggiungere la legge sulle unioni civili e altre trovate dei precedenti governi che avrebbero dovuto far reagire la Chiesa).

Nelle (tante) invettive politiche ecclesiastiche non si trova mai la critica all’Unione Europea, anzi: proprio la UE (da non confondere con l’Europa che tutt’altra cosa) sembra sia diventata l’ancora di salvezza politica di questa gerarchia clericale. Proprio questa Unione Europea che è diventata la realtà politica più laicista e anticristiana dell’Occidente. I clericali ne parlano con gli stessi argomenti entusiasti di Emma Bonino.

Quello che però sconcerta la casta ecclesiastica è il fatto che il popolo cattolico non li segua. Anzi, sembra fare la scelta opposta, dando la sua preferenza maggioritaria alla Legae ad altri gruppi sovranisti.

I cattolici, sia quelli più praticanti, che quelli meno praticanti, preferiscono rifarsi a Giovanni Paolo IIe a Benedetto XVI, cioè al tradizionale insegnamento cattolico, piuttosto che alle “rivoluzioni” bergogliane. 

Perciò il disappuntonell’élite clericale è palpabile. Sono generali senza esercito. Lo si percepisce in queste parole di padre Antonio Spadaro, che è lo stratega di papa Bergoglio: “Non basta più formare i giardini delle élite e discutere al caldo dei ‘caminetti’ degli illuminati. Non bastano più le accolte di anime belle… Facciamo discorsi ragionevoli e illuminati, ma la gente è altrove”.

In effetti la gente è altrove, i cattolici dissentono dalla gerarchia bergogliana, applaudendo Salvini. Anche se papa Bergoglio li bastonaproclamando che è meglio essere atei che essere cattolici che rifiutano l’invasione migratoria (oltretutto islamica, dunque assai poco integrabile).

I fedeli cattolici (con tutti gli altri) percepiscono, sulla propria pelle, che questo scombussolamento di popoli che entusiasma le élite (anche dell’Onu), è devastante sia per i paesi di arrivo che per i paesi di partenza(la pensano così anche i vescovi africani).

Dunque padre Spadaro vorrebbe riportare “in linea”la gente che è altrove. Così nei giorni scorsi ha preso la parola per vergareuna sorta di Manifesto politico, pubblicandolo sulla rivista dei gesuiti.

Se il Decalogo dato da Dio a Mosè sul Sinai è chiamato “le dieci parole”, padre Spadaro ha voluto far di meglio: a lui bastano “Sette parole per il 2019”per illuminare le genti (così spera).

Purtroppo però sono parole già sentite e risentite, da anni, in qualunque intervento di esponenti del PD e nei quotidiani articoli di “Repubblica”: la paura, le migrazioni, l’Europa, il populismo, la democrazia…

La sensazione è che tutto questo tuonare poi non porti alla formazione di una lista cattolica alle elezioni europee, perché contarsi sarebbe molto  controproducente. 

I più ritengono che tutto si risolverà in un appoggio ecclesiastico al PD, ancor meglio se guidato da Zingaretti, perché – si dice oltretevere – gli ecclesiastici dell’epoca bergogliana si trovano meglio con i post comunisti che con Renzi.

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Antonio Socci

Da “Libero”, 6 gennaio 2019

Ieri il caso (o meglio il “casino”) del giorno è stato il post pubblicato dal blog delle Stelle, la voce del M5S, dove testualmente si leggeva: “Il Governo, la Manovra del Popolo. La Democrazia è sotto attacco. E’ in corso una delle più violente offensive nei confronti della volontà popolare perpetrata in 70 anni di storia repubblicana”.

Che stava accadendo? Un golpe militare? Un’invasione aliena? Un’offensiva dell’Isis? Niente di tutto questo. Ce l’avevano con i partiti di opposizione che, com’è ovvio, in Parlamento si oppongono alla manovra economica del governo. Normale dialettica democratica. Infattil’assurdo postè stato subito rimosso e il grillino presidente della Camera, Fico, ha attestato che“la democrazia non è sotto attacco” e che è “diritto”delle minoranze “opporsi alla legge di Bilancio” (chi l’avrebbe mai detto?).

Questo scivolone è il segno del nervosismo del M5Sche qualcuno ritiene vicino all’implosione (con sondaggi in discesa). 

Oltretutto proprio il governo è criticato perché ha fatto approvare al Parlamento la legge di bilancio senza rispettare le modalità di discussione e di approvazione previste dalla Costituzione. Dunque se straparlano, proprio dalla maggioranza, di “attacco alla democrazia” fanno autogol.

Un altro autogol è stato anche l’ennesimo attacco alla stampa (a cui peraltro sono stati tagliati i fondi per l’editoria).

Se a giugno si poteva parlare di “pregiudizio universale” da parte dei media che sparavano a zero contro un governo che era appena nato, oggi, di fronte alla manovra economica dell’esecutivo, i giornali hanno tutto il diritto di esprimere le loro critiche.

L’insofferenzaa tali critiche, l’essere impermeabili alle osservazioni anche costruttivedell’opposizione e la disinvoltura nel ridurre le prerogative del Parlamento, francamente preoccupanopure chi non ha mai avuto pregiudizi verso questo governo e anzi ne ha difeso le ragioni.

E’ vero che giornali e sindacati per anni hanno taciuto (o addirittura applaudito) di fronte ai disastri dei governi precedenti(è la memoria di questi disastri che per ora sostiene nei sondaggi questo esecutivo).

Tuttavia anche l’attuale manovra economica si presta a molte e fondate contestazioni. Le preoccupazioni per il futuro dell’economia(manifestate anche da imprenditori del Nord vicini alla Lega) sono serie ed è soprattutto da Matteo Salviniche ci si aspettano delle risposte.

Perché è lui che ha mostrato più di tutti capacità di leadershipnel governo, avendo di fatto risolto in poche settimane un problema drammatico, come l’arrembaggio migratorio, che per anni era stato fatto subire passivamente all’Italia dai governi precedenti che anzi lo avevano dichiarato irrisolvibile.

Le domandeche anche i suoi estimatori si pongono sono tante. Era proprio necessario pagare un notevole costo economicoper fare oggi una manovra che tre mesi fa avremmo potuto fare gratis e senza doverci umiliare davanti alla Ue, che ne è uscita vincitrice?

Ci possiamo permettere una manovra che non rilancia la crescita, che fa salire la pressione fiscale invece di abbatterla, che dà mance assistenziali ad alcuni e punisce altri senza motivo, in un momento di stagnazione economica e con la prossima fine del QE?

Non si rischia, sbagliando manovra, di riconsegnare l’Italia nelle mani dei governi tecnici“lacrime e sangue” e di far crescere – per rimbalzo disperato – la fiducia verso la fallimentare Ue?

Quale futurodell’Italia si vuole e come si ritiene di costruirlo? Per esempio, i possibili aumenti dell’Iva previsti per il 2020 (per 23 miliardi) e nel 2021 (per circa 29 miliardi) come clausole di garanzia verso la UE, quale governo – e quale Italia – può permettersele senza precipitare?

Certo, ci sono anche cose buone nella manovra, ma nel suo insieme sembra comprometterela già delicata situazione della nostra economia. 

Soprattutto colpisce la mancanza di visione del futurodel Paese. Il governo sembra voler coltivare consensi in vista delle europee, ma non spiega dove sta andando.

Allora va ricordata a Salvini – su cui (come mostrano i sondaggi) si appuntano le speranze di molti – la frase di De Gasperiche proprio lui ha citato nella recente manifestazione di Piazza del popolo, a Roma:“Un politico politicante pensa alle prossime elezioni, uno statista pensa alle prossime generazioni”

Ci servono statisti.

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Antonio Socci

Da “Libero”, 31 dicembre 2018

E’ un paradosso. Mentre Matteo Salvini riempie Piazza delpopolo a Roma, ricordando la festa dell’Immacolata, citando De Gasperi e Giovanni Paolo II e, anzi, facendone il punto di riferimento ideale,la burocrazia ecclesiastica della Cei organizza una crociata politica propriocontro la Lega di Salvini, tanto che, sempre ieri, il “Fatto quotidiano” titolava in prima pagina: “I vescovi tornano a far politica”. E nell’interno: “Il progetto diBassetti: così la Chiesa prepara il ritorno in politica”.

In realtà nella storia del cattolicesimo politico non sono mai stati i vescovi a prendere l’iniziativa partitica, quindi più che un ritorno sarebbe un’assoluta (e catastrofica) novità.

L’articolista del “Fatto” spiega che il card. Bassetti ha messo all’ordine del giorno del consiglio permanente della Cei di gennaio la nascita di uno strumento di intervento politico: “così la Chiesa si organizza per dare un’opposizione all’Italia”.

E’ un paradosso perché la Lega si sta candidando a rappresentare l’asse della politica italiana come una sorta di DC del terzo millennio (e non a caso i sondaggi la collocano sulle percentuali della DC).

Ma l’establishment ecclesiastico si contrappone proprio a questa Lega con un manifesto politico sull’Europa (e sull’emigrazione) che ricalca gli argomenti di “Più Europa”, di Emma Bonino, e spazza via i tradizionali temi cattolici.

Resta da capire e da vedere se veramente l’attivismo del card. Bassetti, che telefona continuamente a tutti i vescovi per mobilitarli, sfocerà in qualche iniziativa politica che possa poi trasformarsi in lista, alle elezioni Europee, oppure se sceglieranno di non farsi contare, per evitare pessime figure e anche per evitare contestazioni relative al Concordato del 1984, dove Chiesa e Stato si riconoscono indipendenza e sovranità, ciascuno nel proprio ordine, e non ammettono interferenze dirette.

Per evitare conflitti istituzionali di questo genere tutto l’agitarsi convulso dei vescovi, alla fine, potrebbe servire semplicemente a cercare di smuovere le parrocchie a favore del PD o del possibile, eventuale, partito di Matteo Renzi.

Il quale peraltro ha messo i semi del suo possibile partito con i cosiddetti “comitati civici” che – già dal nome – evocano l’iniziativa di Luigi Gedda e dell’Azione Cattolica nelle elezioni del 1948.

A dire il vero non è chiaro quale sia l’analogia fra quelle straordinarie e storiche elezioni e la situazione attuale dell’Italia.  

A quel tempo era c’era una questione di vita o di morte, sia per l’Italia che per la Chiesa. I “comitati civici” si mobilitarono a favore della Dc contro il comunismo che era arrivato, con le sue armare, fino a Trieste e che, il 18 aprile 1948, rischiava di prevalere nelle urne in tutta Italia. Fu una difesa della democrazia e della civiltà cristiana, una battaglia a protezione della Chiesa e della democrazia italiana.

Nel caso odierno invece la Cei e le associazioni cattoliche ufficiali si schierano in difesa di un’Europa laicista che ha rinnegato le “radici cristiane”, mentre Giovanni Paolo II e Benedetto XVI – a suo tempo – criticarono duramente questa Europa tecnocratica per il suo laicismo e per il dilagare di una mentalità e di politiche nichiliste.

L’iniziativa del presidente della Cei peraltro è non solo un rinnegamento dei precedenti pontificati, ma è anche un rinnegamento del Concilio Vaticano II che ha proclamato la responsabilità del laicato cattolico nel campo della politica.

E’ anche un colossale rovesciamento di posizioni (non dichiarato) nei confronti della cosiddetta “scelta religiosa” che l’Azione Cattolica fece già negli anni Settanta per giustificare l’abbandono della presenza culturale e sociale (in anni in cui dilagava il conformismo marxista).

Nel caso in cui il soccorso della Cei sia indirizzato al PD o al (possibile) partito di Renzi i vescovi dovranno anche spiegare l’appoggio a chi, quando era al governo, ha promosso leggi contrapposte alla sensibilità cattolica.  

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Antonio Socci

Da “Libero”, 9 dicembre 2018

Anche il più sfegatato fan di questo esecutivo ha, oggi, la sensazione che il governo si sia cacciato in un vicolo cieco e che sarà molto difficile uscirne senza danni, per l’attuale maggioranza o per il Paese.

Ormai si è capito, infatti, che la Commissione Europea – su mandato di Germania, Francia e degli altri paesi “amici” che vogliono l’Italia sotto scacco – non mollerà mai perché vuole far pagare al governo Lega-M5S le sue posizioni anti UE, per dare una lezione a tutti i “sovranisti” (colpirne uno per educarne cento), anche in vista delle prossime elezioni europee.

La Commissione europea ha in mano la corda (fornitale da chi, nei decenni scorsi, ha ceduto gran parte della nostra sovranità a Bruxelles), mentre il governo italiano ha il nodo scorsoio al collo (per la pesantissima eredità dei governi passati). Continua

Una bambina di dieci anni dà lezione di saggezza a un mondo scolastico intriso di multiculturalismo “politically correct” e soprattutto dà lezione di cristianesimo ai vertici clericali e vaticani. Due episodi, avvenuti in simultanea, diventano emblematici.

Nelle stesse ore in cui il vertice della Cei e le associazioni cattoliche ufficiali – spinte da papa Bergoglio – si lanciano direttamente in politica, in difesa dell’Unione Europea più laicista e anticattolica, mentre – da “Avvenire” – lanciano una crociata contro le identità, buttando a mare le “radici cristiane” della nostra storia, una bimba di una scuola veneta, con mitezza e semplicità, fa capire a tutti che è assurdo, nella recita natalizia, cancellare il nome di Gesù da una canzone di Natale per non urtare la sensibilità di bambini di un’altra religione. Ha scritto: “A Natale è nato Gesù e noi lo vogliamo dire a tutti”.

E’ puro buon senso, dal momento che si festeggia il Natale appunto perché è la nascita di Cristo. Ma oggi è un tempo in cui anche le cose più elementari e ovvie vengono cancellate. Verrebbe da dire con la Bibbia: Con la bocca dei bimbi e dei lattanti/ affermi la tua potenza contro i tuoi avversari,/ per ridurre al silenzio nemici e ribelli”.

La “lezione” è anzitutto per i vertici clericali, il Vaticano e la Cei, che ormai si stanno tuffando in un’assurda impresa politica la quale ha come capisaldi l’immigrazionismo, il “politically correct” e questa Unione Europea che cancella le “radici cristiane”, le identità, le tradizioni e le sovranità dei popoli. Continua