Ieri Papa Francesco, all’Angelus per la festa dell’Epifania, ha ricordato un evento molto importante, storico, avvenuto a Gerusalemme il 5 gennaio 1964: “Sessanta anni fa, proprio in questi giorni, il Papa San Paolo VI e il Patriarca Ecumenico Atenagora si incontrarono rompendo un muro di incomunicabilità che per secoli aveva tenuto lontani cattolici e ortodossi. Impariamo dall’abbraccio di quei due grandi della Chiesa sulla strada dell’unità dei cristiani, pregando insieme, camminando insieme, lavorando insieme”.

In effetti, da circa mille anni, la Chiesa di Roma e la Chiesa orientale sono divise, per ragioni che sarebbero superabili come dimostrò lo storico  Concilio di Firenze. Continua

C’è uno sfondo quasi apocalittico nello storico incontro di papa Francesco con il patriarca ortodosso Kirill e s’intravede nella solenne Dichiarazione che hanno firmato: Dalla nostra capacità di dare insieme testimonianza dello Spirito di verità in questi tempi difficili dipende in gran parte il futuro dell’umanità”.

E’ un’ombra apocalittica che – in modo discreto – si trova nel magistero di tutti gli ultimi papi, da Pio XII a Benedetto XVI (ne parlo proprio nel mio libro, “La profezia finale”).

Siamo del resto nell’epoca della minaccia atomica planetaria e oggi del terrorismo globale. Il tempo in cui l’autodistruzione dell’umanità è diventata possibile.

E’ stato lo stesso Francesco, ripartendo verso il Messico, a sottolineare sull’aereo questo aspetto con una frase enigmatica: “Io mi sono sentito davanti a un fratello… Due vescovi che parlano… sulla situazione del mondo, delle guerre, che adesso rischiano di non essere tanto ‘a pezzi’, ma che coinvolgono tutto”.

Finora Francesco aveva detto che è in corso una “terza guerra mondiale a pezzi”. Ora intravede il rischio della sua esplosione globale. Continua