“È vero, mi danno sempre del filorusso, ma io ero pagato dall’Urss nel 1973, quando scrivevo per Nuova Generazione, il periodico della Fgci…”. Così Lucio Caracciolo, sul Corriere della sera, risponde a chi oggi attacca Limes accusando la rivista di essere filorussa.

Chissà cosa ne pensano quegli esponenti della sinistra che, forse per far dimenticare il Pci, partito fratello (anzi figlio) di quello sovietico, oggi ostentano il loro furore antirusso. Come Claudio Petruccioli che è stato anche segretario nazionale della Fgci, prima di diventare dirigente del Pci. Continua

Quel 28 giugno 1914, a Sarajevo, in Bosnia che era parte dell’Impero austro-ungarico, si festeggiava San Vito e l’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono asburgico, arrivato in visita alla città, ne percorreva le vie su un’auto scoperta.

Ad un certo punto un terrorista serbo-bosniaco scagliò contro il corteo una bomba che però rimbalzò sull’auto dell’arciduca ed esplose sotto un altro veicolo senza alcun danno per Francesco Ferdinando e la moglie.

Dopo una cerimonia in municipio, il corteo tornò nelle vie, “ma l’autista” dell’Arciduca, spiega Roberto De Mattei nel libro Infelix Austria?, “sbagliò strada e si trovò di fronte all’osteria” dov’era Gavrilo Princip che faceva parte dello stesso gruppo terroristico e che, vedendo l’Arciduca, gli sparò e lo uccise. Continua

C’è un aspetto curioso nelle polemiche di questi giorni fra Stati Uniti e Unione europea. Negli ultimi mesi Mario Draghi è intervenuto diverse volte per demolire le disastrose politiche della UE che ci hanno portato al collasso industriale e al declino economico che ha impoverito i nostri popoli (politiche che, a suo tempo, Draghi stesso ha condiviso e di cui, anzi, è stato protagonista, ma questo passa in cavalleria).

Qual è stata la reazione dei giornali conformisti e dell’establishment europeista davanti alle sue cannonate? Tutti in estasi. Applausi scroscianti, elogi, monumenti a cavallo al grande banchiere.

Ora la Casa Bianca ha appena pubblicato il documento che delinea la strategia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti, mettendo a fuoco lo stesso declino europeo, e come viene accolto? Fischi, grida scandalizzate e proteste. Nessuna riflessione seria e approfondita. Continua

“Promuovere la grandezza dell’Europa”. È il titolo del capitolo che la Casa Bianca ha dedicato al nostro continente nel documento che delinea la strategia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti.

Eppure a leggere i titoli di prima pagina dei giornali di ieri sembrava il contrario. “L’attacco choc di Trump all’Europa” (Corriere della sera). “Trump scarica l’Europa” (la Repubblica). “Europa addio, strappo americano” (La Stampa). “Trump scarica l’Europa” (Il Resto del Carlino). “Il nemico di Trump è l’Europa” (Il Foglio). “Guerra di secessione” (Il Manifesto). “Trump e l’odio contro l’Europa. ‘La sua civiltà sarà cancellata’” (Domani).

Titoli che stupiscono perché il documento Usa dice: “L’Europa rimane strategicamente e culturalmente vitale per gli Stati Uniti. Il commercio transatlantico resta uno dei pilastri dell’economia globale e della prosperità americana… Non solo non possiamo permetterci di ‘scaricare’ l’Europa: farlo sarebbe autolesionistico rispetto a ciò che questa strategia vuole ottenere”.

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È evidente che, nell’attuale scenario geopolitico, ci sono forze che ancora spingono (dopo quattro anni di guerra) per la prosecuzione del conflitto russo-ucraino, dimenticando quello che è costato a noi, dal punto di vista economico, ma dimenticando pure quello che è costato e costa all’Ucraina.

Iuliia Mendel, ex portavoce di Zelensky e appassionata patriota ucraina, ha esortato i suoi a sottoscrivere l’accordo di pace in quanto “ogni accordo successivo per l’Ucraina sarà solo peggiore, perché stiamo perdendo. Stiamo perdendo persone, territorio ed economia. Il mio Paese” ha aggiunto “si sta dissanguando. Molti di coloro che si oppongono istintivamente a ogni proposta di pace credono di difendere l’Ucraina. Con tutto il rispetto, questa è la prova più evidente che non hanno idea di cosa stia realmente accadendo in prima linea e all’interno del Paese in questo momento”. Continua

Donald Trump riprende l’antica consuetudine delle proclamazioni presidenziali, che risale a George Washington, e lancia l’Anti Communism Week (la settimana dell’anticomunismo) come “solenne ricordo della devastazione causata da una delle ideologie più distruttive della storia… Il comunismo ha devastato nazioni e anime. Oltre 100 milioni di vite sono state spezzate da regimi che hanno cercato di cancellare la fede, sopprimere la libertà e distruggere la prosperità”.

Lo spunto è l’anniversario della caduta del Muro di Berlino (vedi foto), ma il Corriere della sera nota che il testo è stato pubblicato, “forse per coincidenza, forse no”, appena dopo la vittoria di Zohran Mamdani come sindaco di New York. In realtà il testo contiene una lettura degli ultimi 35 anni di storia ed è la visione geopolitica della presidenza Trump. Continua

Bernard Henri-Lévy, nei giorni scorsi, ha scritto su X: “Sono cinque anni che documento i massacri dei cristiani da parte dei Fulani di Boko Haram! Cinque anni di avvertimenti sul Wall Street Journal e Paris Match sul rischio di un genocidio!… Gli Stati Uniti si svegliano. Finalmente… Grazie!”

È vero, Donald Trump, che è tornato alla Casa Bianca quest’anno, dimostra anche su questo una grande sensibilità che non c’era in epoca Dem. Ha tuonato: “Gli Stati Uniti non possono restare a guardare mentre tali atrocità accadono in Nigeria e in molti altri Paesi. Siamo pronti, disposti e in grado di salvare la nostra grande popolazione cristiana in tutto il mondo!”. Continua

Il segretario della Cgil, Maurizio Landini, una settimana fa, parlando del Piano di pace di Trump per Gaza (che non si capisce come rientri nelle competenze della Cgil), ha detto che la Meloni “si è limitata a fare la cortigiana di Trump”.

È scoppiata una polemica sul termine “cortigiana” perché – ha rilevato la premier, dizionario alla mano – significa “Donna di facili costumi. Prostituta”. Meloni ha giustamente tuonato: ecco a voi un’altra splendida diapositiva della sinistra: quella che per decenni ci ha fatto la morale sul rispetto delle donne, ma che poi, per criticare una donna, in mancanza di argomenti, le dà della prostituta”. Continua

Perfino due critici duri di Donald Trump, come Marco Travaglio e Giuliano Ferrara, gli riconoscono il merito della straordinaria impresa del Piano di pace per Gaza.

Il primo ha scritto: “molti pro Pal hanno accolto la notizia che riempie di gioia Gaza e Israele con un misto di fastidio e cordoglio… Chi vaticinava che Trump avrebbe riempito il mondo di guerre non può ammettere che ne ha fermata almeno una”.

E Ferrara, ieri, dopo anni di attacchi a Trump, ha riconosciuto che, nel suo viaggio lampo in Israele ed Egitto per varare il Piano, Trump è stato “destinatario di decine di ovazioni e di lodi iperboliche, per una volta credibili e meritate”. Continua

È facile constatare a quanti attacchi o insulti Giorgia Meloni, come presidente del Consiglio, evita di rispondere ogni giorno. Solo raramente interviene.

Ma è comprensibile l’indignazione che ieri le ha dettato queste parole in difesa di un grande Pontefice, padre della nostra generazione e simbolo di libertà per tutto il mondo: “A Roma hanno imbrattato la statua dedicata a San Giovanni Paolo II scrivendo ‘fascista di merda’ e disegnando una falce e martello. Dicono di scendere in piazza per la pace, ma poi oltraggiano la memoria di un uomo che della pace è stato un vero difensore e costruttore. Un atto indegno commesso da persone obnubilate dall’ideologia, che dimostrano totale ignoranza per la storia e i suoi protagonisti”.

Purtroppo non sorprende che – dopo i disordini e le violenze del 3 ottobre – nella nuova manifestazione del 4 ottobre (festa di San Francesco) si sia insultato pure Giovanni Paolo II. Continua