Clemente VII, nel settembre 1533, commissionò a Michelangelo il “Giudizio Universale” della Cappella Sistina, trent’anni dopo che aveva dipinto la volta. L’artista, a quasi 60 anni, accettò l’ardua impresa.
L’immenso affresco sembrerebbe un caotico ammasso di corpi, ma in realtà c’è una struttura simbolica profondamente meditata. Anche dal punto di vista teologico. Secondo Heinrich W. Pfeiffer sj “Michelangelo vorrebbe offrire allo spettatore un’architettura formata di corpi nudi: è probabile che con questo egli faccia riferimento alla Chiesa composta di membra vive”. Continua