Giovanni Guareschi voleva essere la voce “dei milioni e milioni di uomini comuni che, con la loro assennata mediocrità, tengono in piedi la baracca di questo mondo”.

Torna in mente oggi perché, nell’Italia profonda, l’Italia popolare, il 2 novembre ancora si visitano i cimiteri e si ricordano i nostri morti, quei “milioni di uomini comuni” da cui abbiamo ricevuto la vita e il cui lavoro, le cui sofferenze, hanno costruito la nostra Italia. Continua

Ogni giorno, a proposito della marea migratoria, da Sinistra arrivano sermoni moraleggianti sul dovere dell’accoglienza generalizzata e incondizionata degli stranieri.

Peraltro danno spesso, tacitamente, ad intendere che tutti siano “profughi” (quando – in realtà – solo una piccola percentuale è costituita da profughi).

Eppure se, nella nostra storia nazionale, qualcuno ha da fare un “mea culpa” sull’accoglienza dei profughi, è proprio la Sinistra, almeno quella comunista.

La vicenda – perlopiù cancellata dalla storiografia ufficiale – riguarda addirittura dei profughi italiani, verso i quali avevamo dunque un doppio dovere di accoglienza e di solidarietà.

Accadde nel secondo dopoguerra. Sto parlando degli italiani del Quarnaro e della Dalmazia, di Zara, Pola e Fiume.

In quelle disgraziate terre del confine orientale, già martoriate dalla guerra, il comunismo titino arrivò brutalmente e “la volontà delle autorità comuniste jugoslave” fu subito quella di “eliminare ogni traccia di italianità” (Gianni Oliva). Continua