Il vero protagonista di questa campagna elettorale sta nell’ombra: è il “partito straniero”, che sui giornali (che nella quasi totalità stanno dalla sua parte) viene chiamato “l’Europa”. In realtà l’Europa è da tempo una colonia della Super Germania a cui cerca di associarsi la Francia. E l’Italia è il pollo da spennare (ormai già ridotto malissimo). Questa cosiddetta “Europa” – nelle elezioni italiane – punta sul PD e liste associate (come “Più Europa” di Emma Bonino che significa per l’Italia: più immigrati, più tagli, più tasse, più disoccupazione, più sottomissione dell’Italia, più laicismo anticristiano, più affossamento dello stato sociale e ancora più annientamento dello stato nazionale). Ho cercato di illustrare le vere strategie che si dispiegano e la vera posta in gioco in questo articolo pubblicato da “Libero”.

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C’è una campagna elettorale ufficiale sulla scena e ce n’è un’altra dietro le quinte dove si confrontano forze e progetti di cui gli elettori sono all’oscuro e la posta in gioco è l’Italia stessa.

Anzitutto consideriamo ciò che si vede pubblicamente. Sulla scena appare un Pd che arranca, in caduta libera, con un Renzi bollito, barricato nel bunker con i fedelissimi; poi un centrodestra con buoni sondaggi (come coalizione), ma dove coesistono programmi diversi; e un M5S col vento in poppa come lista singola.

Quindi tre contendenti e sui giornali si ipotizzano le loro possibili combinazioni future, in base all’esito delle elezioni. Questo è ciò che appare. Ma dietro la scena va in onda un’altra partita e i veri contendenti sono solo due. Continua

Appare grottesco il tentativo di francesi e tedeschi di rifilarci il loro mite e remissivo Paolo Gentiloni come l’ideale premier che gli italiani dovrebbero scegliere per il futuro.

Di sicuro andrebbe benissimo per le politiche di Parigi e Berlino (ma non per difendere gli interessi italiani)

Macron, dieci giorni fa, lo ha detto esplicitamente. Con Gentiloni a Palazzo Chigi, Francia e Germania (che lui chiama “l’Europa”) hanno fatto bingo: “consentitemi di dire che l’Europa ha avuto molta fortuna ad averlo. Mi auguro – ha aggiunto – che potremmo continuare il lavoro che abbiamo cominciato”.

Un’ingerenza nelle elezioni italiane per sponsorizzare Gentiloni? Certo. Loro si intromettono quanto vogliono. Dove lo trovano un altro così? Gentiloni è una pasta d’uomo, è così remissivo con lorsignori.

La Francia spadroneggia nella vita economica italiana e poi ci prende a schiaffi quando gli italiani puntano ai loro cantieri? Il nostro premier non si scompone.

La Francia – per affermare i suoi interessi su quelli italiani – ha combinato con Sarkozy il disastro libico, che oggi è pagato soprattutto dall’Italia con l’immigrazione selvaggia? Sì, ma poi Macron schiocca le dita e subito Gentiloni è pronto ad aiutare i francesi in Niger con nostri soldati.

Guido Crosetto ha scritto in un tweet: “Stiamo andando in Niger per difendere l’Uranio della Francia. Cioè del paese che da anni cerca di colonizzarci. Geni assoluti!” Continua

C’è una piaga sociale che dovrebbe allarmare quanto l’esplosione della povertà fra gli italiani e in parte è amplificata proprio dalla massiccia caduta nella povertà di una grossa fascia del ceto medio.

Questa nuova piaga potrebbe diventare altrettanto drammatica e costosa socialmente: si tratta della solitudine.

Secondo un’indagine Istat circa 9 milioni di italiani temono di ritrovarsi soli in un eventuale momento di bisogno dovuto a malattia o altri gravi problemi.

La domanda è stata così formulata: “ha la certezza di poter contare su un certo numero di persone (senza quantificare quante) in caso di gravi problemi personali? Gli altri sono attenti a quanto le accade? In caso di necessità è facile per lei avere aiuto dai vicini di casa?”.

Ai nove milioni di italiani che ritengono di poter avere un supporto “debole”, cioè temono di trovarsi da soli, si aggiungono poi i ventotto milioni di connazionali che danno una risposta “intermedia”. Solo quattordici milioni affermano di poter contare su un sostegno “forte”.

Sono dati riportati dal sito “Quotidiano sanità” secondo cui “dai 35 anni in su la paura di restare di soli colpisce quasi un italiano su cinque”.

Ovviamente fra gli anziani e i più poveri c’è una maggiore incidenza della solitudine. E’ infatti una situazione dovuta all’invecchiamento della popolazione e al crollo demografico, due fenomeni che in Italia sono particolarmente gravi, ma anche alla contestuale e progressiva dissoluzione della famiglia che, in questi anni, nel nostro Paese, ha svolto una straordinaria funzione di supplenza dello “stato sociale” ormai sfasciato. Continua

Ormai da tutte le parti arrivano sberle sugli italiani. Perfino all’incolpevole Befana hanno fatto discriminare i poveri italiani. E’ accaduto ieri a Napoli dove il vescovo bergogliano Crescenzio Sepe, aderendo a un’iniziativa del MCL, ha consegnato regali a 500 bambini immigrati delle varie etnie presenti a Napoli per – appunto – la Befana dei migranti.

E gli italiani? Esclusi. A Napoli non esistono famiglie italiane povere i cui fanciulli meritano quei regali? Strano, perché i dati Istat ci dicono il contrario: i nostri poveri assoluti in Italia, dal 2006 al 2016, sono passati da 2,3 milioni a 4,7 milioni. E i “poveri relativi” sono più di 8 milioni. Ma evidentemente loro – essendo italiani – non meritano attenzione.

Quello napoletano è solo l’ultimo episodio di una tendenza alla penalizzazione o addirittura alla discriminazione degli italiani, che – sotto il regime Pd (e nel clima del bergoglismo) – ha raggiunto livelli tragicomici.

DISCRIMINATI

E’ dei giorni scorsi il caso sollevato dalla Lega di Salvini e da Giorgia Meloni sul Museo egizio di Torino che ha fatto una promozione mirata agli arabi, “ovvero paghi un biglietto e ne prendi due se hai la carta d’identità araba. I cittadini” ha scritto la Meloni “lo hanno scoperto dalla pubblicità apparsa su autobus e tram, rigorosamente in lingua araba e senza traduzione e che ritrae una donna velata e un uomo dietro di lei che sorride. Ricordiamo che l’Egizio di Torino prende sovvenzioni pubbliche, è finanziato coi soldi degli italiani e che tra i cinque membri del CdA ci sono un esponente designato dal Comune di Torino, uno dalla Regione Piemonte e il presidente nominato direttamente dal ministero dei beni culturali”.

Non è il singolo episodio in sé a preoccupare, è la tendenza. C’è stato per esempio il bonus fino a 500 euro per ogni immigrato stabilito dal governo per incentivare i comuni ad accogliere stranieri (con buona pace degli italiani bisognosi, malati o anziani a cui vengono tagliati servizi) e c’è stato pure il premio – come sgravio fiscale – sempre del governo per le cooperative che assumono profughi a tempo indeterminato, cosa che ha fatto dire a Matteo Salvini: “Questo è vero razzismo, se ne fregano dei disoccupati italiani”. Continua

Ieri Massimo D’Alema ha bombardato il centrosinistra che ha governato finora: “io ho visto governanti che hanno passato anni a baciare la pantofola della Merkel e adesso sono passati alla pantofola di Macron”.

Poi, in questa intervista alla “Stampa”, ha rincarato la dose: si è accorto che i francesi – oggi protagonisti di un grande shopping in Italia – hanno con noi un atteggiamento “coloniale”.

Perciò critica “la fragilità della classe dirigente italiana” e riconosce che “gran parte dei principali asset nazionali stanno finendo nelle mani di capitale straniero, soprattutto francese, ma non solo”.

Mentre la “reciprocità” ha aggiunto “non c’è” perché “a noi non è consentito andare a fare shopping in casa d’altri”.

Dunque siamo sottomessi agli stranieri? Dice il lìder Massimo: “non è una novità che una parte della classe dirigente sia subalterna allo straniero” .

Parole pesanti e drammatiche. Ma lui, D’Alema, non è stato in questi anni all’opposizione. Certo, ha una questione personale con Renzi, ma non risulta che si sia schierato contro questi governi del centrosinistra. Continua

Era il febbraio 2016. Papa Bergoglio si trovava sul volo di ritorno dal Messico e – nella solita conferenza stampa aerea – gli fu chiesto cosa pensava della legge sulle unioni civili che era in discussione nel nostro Parlamento. Rispose: “Io non so come stanno le cose nel Parlamento: il Papa non si immischia nella politica italiana”.

In quella stessa circostanza però Bergoglio s’immischiò nella politica americana attaccando Trump per aver proposto di fare il muro contro l’immigrazione al confine col Messico.

Del resto se si parla di migranti s’immischia pure nella politica italiana. A parole Bergoglio, quel 18 febbraio 2016, affermò: il Papa non può mettersi nella politica concreta, interna di un Paese: questo non è il ruolo del Papa”.

Però in pratica egli interviene pesantemente e pretende che l’Italia faccia la legge sullo ius soli.

BOMBARDAMENTO

Ecco qualche titolo di giornale degli ultimi mesi.

“Messaggio di papa Francesco: sì allo ius soli e allo ius culturae” (Repubblica, 21 agosto); “Migranti, Papa Francesco: ‘la nazionalità va riconosciuta alla nascita’ ” (Rai news 21 agosto); “Papa Francesco: “Immigrati, i politici che fomentano la paura seminano violenza razzista” (Libero, 24 novembre). Papa Francesco torna a chiedere lo ius soli, serve una legge più attinente al contesto sociale” (Il Messaggero, 27 settembre). Continua

In un Paese come l’Italia, anestetizzato e abbindolato dalla propaganda e dalla disinformazione, non si è ancora capito in quale baratro ci hanno portato. E – per quanto possa sembrare incredibile – non lo hanno capito nemmeno quelli che ci hanno trascinato quaggiù. Intendo la classe politica.

Infatti, alla vigilia della corsa elettorale, sui giornali si leggono annunci di programmi mirabolanti che stanno per essere sfornati dai diversi schieramenti: dal taglio delle tasse alle pensioni, dal reddito di cittadinanza ai finanziamenti allo stato sociale, dai fondi per la scuola a quelli per lottare contro la disoccupazione fino al ritorno del famoso Articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.

Bene. C’è solo un problema: le chiavi e il portafoglio di casa nostra sono ormai in mano ad altri. In Italia non governano più gli italiani.

In maniera molto chiara – quasi brutale – lo ha fatto presente ieri Sergio Fabbrini in un inciso del suo editoriale pubblicato dal “Sole 24 ore”, dove si legge: “I politici italiani continuano a pensare come se fossero all’interno di uno stato sovrano indipendente”. Continua

Forse è il clima pre-elettorale che induce alla propaganda. Fatto sta che in questi giorni il premier Gentiloni sprizza ottimismo da tutti i pori. Sembra che veda brioche dappertutto come la regina Maria Antonietta.

A lui e allo stato maggiore del Pd sfugge il paese reale, che “non ha pane”, cioè fa fatica sui beni essenziali. Non vedono il vero stato di salute dell’Italia. Anzi – per restare in tema – si può dire che sfugge loro anche lo stato di salute degli italiani.

Perché quello della sanità è davvero uno dei “termometri” (è il caso di dirlo) più indicativi della crisi e della decadenza sociale in cui questo Paese sta precipitando da anni.

Secondo la prima edizione dell’“Osservatorio sul bilancio di welfare delle famiglie italiane” presentato nei giorni scorsi da Mbs Consulting, questi anni di forzata austerità europea sono andati a gravare sui servizi fondamentali della vita della gente inducendo il 36,1% delle famiglie a rinunciare ad almeno una prestazione essenziale (un dato che sale addirittura al 56,5% per le fasce sociali più deboli).

E’ soprattutto l’assistenza agli anziani e ai non autosufficienti che è stata penalizzata del 76,2%, ma anche le cure sanitarie (36,7% di rinuncia ad almeno un intervento, che per i più svantaggiati è il 58,9%).

Uno degli indicatori più inquietanti del naufragio di questi anni è proprio quello relativo alle cure sanitarie perché mette in gioco i beni vitali e la distruzione dello stato sociale: quando si arriva ad avere una massa di migliaia e migliaia di persone che – una volta che si ammalano – non hanno i soldi per curarsi e comprare medicine, nemmeno per un semplice mal di denti, si sta davvero scivolando verso il Terzo Mondo. Continua

Non dico che sia scoppiata la pace, ma quantomeno lo Stato islamico è sconfitto e sta ormai per essere sepolto fra Siria e Iraq.

Inoltre la Siria intravede all’orizzonte una possibile normalizzazione che mette fine a una guerra terrificante e ad essere sconfitta da questo esito è la passata amministrazione Usa, quella di Obama e della Clinton che avevano sostenuto la guerra ad Assad.

Sebbene non sia affatto finito il terrorismo islamico nel mondo, dell’eliminazione del Califfato, con i suoi crimini disumani, non si può che rallegrarsi (oltretutto questo dovrebbe anche ridurre i flussi migratori verso l’Europa).

Gli addetti ai “livori” dei giornali italiani sono troppo impegnati, da due anni, a spargere odio e veleni contro Trump e contro Putin per accorgersi che – nel frattempo – il presidente americano e quello russo, insieme con il leader cinese Xi, stanno cercando di dare una sistemata a un pianeta dissestato, allontanando e fermando altre guerre e conflitti. Continua

A Gad Lerner piacciono le missioni impossibili. Basti dire che tempo fa ha accettato di dar consigli alla “presidenta” Boldrini su come diventar simpatica alla gente. I risultati sono noti.

Ora sembra si sia votato a un altro obiettivo sovrumano: trasformare Pisapia in un leader, in uno statista. Ma – trovandosi di nuovo ad arare il mare – sembra ripiegare su quello che gli riesce meglio: la parte “destruens”, demolire le altre candidature alla leadership nella grande rissa del centrosinistra.

Un’occasione d’oro gli si è presentata in questi giorni, quando Antonio Funiciello, Capo staff del presidente del consiglio Gentiloni, ha firmato sul “Foglio” un lungo articolo per dimostrare che l’unico possibile candidato premier del dopo elezioni è – guarda caso – proprio Gentiloni.

SCHIETTO

Per accreditarlo Funiciello ha usato tanti argomenti, ma ha avuto pure la pessima idea di ricorrere anch’egli alla scorciatoia ormai percorsa da tanti: quella di riscrivere la biografia, una tentazione che solitamente porta nel pantano del ridicolo.

Infatti ha affermato: “l’unico premier di centrosinistra di un paese rilevante è Paolo Gentiloni, un liberaldemocratico schietto che con la tradizione socialista ha qualche contatto, ma nessuna diretta o indiretta discendenza”. Continua