L’Italia si trova in una crisi profonda che mette a rischio non solo la sua prosperità, ma ormai la sua stessa sopravvivenza come nazione e come Stato indipendente e sovrano.

Ernesto Galli della Loggia inizia un suo libro appena uscito, “Il tramonto di una nazione. Retroscena della fine”, con queste drammatiche parole: “Sono nato italiano, ma mi viene da chiedermi, a volte, se morirò tale… mi sembra che siano molti gli italiani che sentono ogni giorno crescere dentro di sé una sensazione sempre maggiore di spaesamento e alla fine quasi di estraneità”.

La decadenza generale, la sensazione di essere una nave alla deriva nella tempesta, un vaso di coccio tra vasi di ferro, l’espropriazione di sovranità che l’Italia ha subito (da Unione europea, mercati finanziari e altri poteri internazionali), la crisi economica ormai cronica in cui stanno soffocando il Paese, la prospettiva molto concreta dell’estinzione demografica con la contemporanea invasione migratoria, fanno dubitare fortemente che fra due generazioni ci sia ancora l’Italia.

La prima repubblica è finita, la seconda non è mai cominciata e le attuali leadership – che da anni si dimostrano almeno impotenti di fronte allo sfascio del Paese – risultano inadeguate e spesso dannose.

Anche il centrodestra, che pure sembra avere le idee più sensate, non dispone di una credibile e autorevole ipotesi di leader di governo per guidare la rinascita.

In Italia c’è un vuoto spaventoso di classi dirigenti che nella Sinistra è amplificato dalle idee perniciose che coltivano e dalle politiche fallimentari che realizzano.

E’ una crisi più grave di quella che la Francia visse a metà degli anni Cinquanta e che – col tramonto della Quarta Repubblica – portò al governo il generale Charles De Gaulle che varò la Quinta Repubblica (con una nuova Costituzione che tagliò – fin troppo – le unghie ai partiti).

Molti ritengono che all’Italia occorrerebbe appunto questo: un De Gaulle nostrano. Ed è il centrodestra che ne è alla ricerca e potrebbe proporlo. Vediamo di farne un possibile identikit.

CHI L’HA VISTO?

Dovrebbe aver servito il Paese con competenza e facendosi onore, ma senza provenire dalla palude della classe politica romana, né dai salotti “intellettuali” o finanziari.

Dovrebbe avere preparazione ed esperienza, anche internazionale, attitudine alla guida, capacità di analisi e una visione chiara dei problemi del Paese e della meta a cui guidarlo. Per ridargli dignità sulla scena internazionale.

Dovrebbe assumere come bussola proprio l’“interesse nazionale” (come fanno gli altri Paesi: Francia, Germania, Stati Uniti, Gran Bretagna), obiettivo da perseguire senza alcuna sudditanza, né psicologica né politica né ideologica, verso governi o poteri stranieri: in pratica si cerca qualcuno che non si faccia mettere i piedi in testa e che non permetta ulteriori umiliazioni ed “espropri” dell’Italia.

C’è chi ritiene che una tale figura possa essere trovata – esattamente come De Gaulle – proprio fra i vertici di quei militari italiani che, in questi decenni, si sono distinti – agli occhi del mondo – per aver condotto con grande professionalità e intelligenza tante missioni di pace in zone molto pericolose e complesse (anche le nostre forze armate sono fra le “eccellenze italiane” che il mondo apprezza).

Infatti, in questa “riserva della repubblica” (si parla di coloro che sono già in congedo e non sono più militari) si trovano uomini che – per esperienza internazionale, alta preparazione e attaccamento all’Italia – potrebbero oggi risultare preziosi per il nostro disgraziato Paese (negli Usa è normale passare dalla vita militare a cariche politiche o di governo).

Del resto già oggi più d’uno – di quel mondo – interviene mostrando una capacità di analisi che non si trova tra politici e intellettuali. Sia i militari di orientamento progressista, sia quelli di orientamento liberal-conservatore in genere convergono sul tema della sovranità nazionale.

E’ forse ascrivibile al primo tipo il generale Fabio Mini che – per esempio su “Limes” – propone riflessioni storico-politiche e geostrategiche che fanno sempre riflettere.

Mentre il generale Marco Bertolini rappresenta una sensibilità che il centrodestra può trovare più affine. Due suoi interventi recenti hanno mostrato una chiarezza di visione assai significativa, che spicca in un panorama di lumaconi senza grinta o di furbetti cinici e incapaci.

Il generale Bertolini è stato Comandante del Comando operativo interforze e ha partecipato, spesso in ruoli di guida, a tante missioni militari italiane all’estero (Libano, Somalia, Bosnia Erzegovina, Macedonia, Kosovo). E’ stimato anche a livello internazionale. Nel 2008 ha assunto l’incarico di Capo di Stato Maggiore del Comando Isaf in Afghanistan: primo ufficiale italiano a ricoprire un tale ruolo.

IDEE CHIARE

Dunque Bertolini – oggi generale in congedo (ha 64 anni) – interpellato in questi giorni dopo un intervento pubblico, ha spiegato che l’enorme ondata migratoria può e deve essere bloccata, per esempio fermando le Ong, le quali – ha dichiarato il generale – “la devono smettere di prendere i migranti e di portarli da noi, che passivamente li dobbiamo subire, visto che rimarranno qua. Adesso, di fatto, c’è quasi un servizio di traghettamento che non fa sicuramente i nostri interessi”.

In questa intervista al “Giornale” ha spiegato: L’Italia si trova al centro del Mediterraneo e nel Mediterraneo bisogna essere forti, politicamente, economicamente, culturalmente e, perché no, anche militarmente. Il nostro Paese, invece, non vuole esercitare la forza. In quest’area si scontrano gli interessi di altri Paesi fortissimi, che sono i classici vasi di ferro e se noi ci proponiamo come vaso di coccio, perché abbiamo dei confini porosi, perché accettiamo chiunque arrivi, perché siamo passivi nei confronti delle iniziative politiche e militari degli altri, siamo destinati a pagarla molto cara”.

Poi ha aggiunto: “Se dovessimo andare avanti in questa maniera scompariremo. Si usa il termine sovranità come se fosse una bestemmia dimenticando che, invece, è il valore per cui hanno giurato i militari, ma anche i ministri”.

Bertolini ha poi risposto a quei politici che – da sinistra – affermano che noi abbiamo bisogno dei migranti: “Dimenticano di dire che i motivi per cui non facciamo più figli sono dovuti alle scelte fatte da loro perché è stata distrutta la famiglia, ci sono state politiche contro la natalità, provvedimenti umilianti per la famiglia naturale (…). Abbiamo bisogno di giovani, ma non possiamo importarli e non possiamo sostituire gli italiani con i cittadini acquisiti ai quali si dà un passaporto”.

Richiesto poi di commentare la risposta “piccata” di Gentiloni all’Ungheria, proprio sui migranti, ha detto: “avrei gradito che gli stessi toni li avessimo utilizzati quando ci hanno imposto delle sanzioni alla Russia che vanno solo contro i nostri interessi”.

Il 2 luglio del 2016, nel suo discorso di congedo dall’Esercito per raggiunti limiti di età, disse: “Ritengo che una società che voglia sopravvivere, debba preservare con tutte le forze la propria identità e le proprie tradizioni. Poi, sarà ovvia, per ogni nuovo venuto, la necessità di adeguarsi alla nostra cultura. Ma se pensiamo che la nostra identità possa esclusivamente basarsi sul ‘Made in Italy’, sulle eccellenze della nostra cucina e sui centimetri di pelle nuda che esponiamo in pubblico, stiamo freschi. Senza radici cristiane, cosa ci resta da difendere, il nostro benessere? Quanto ai diritti, faccio parte di una generazione che era stata educata al rispetto dei propri doveri”.

Una personalità con un tale curriculum, con questo carattere e queste idee – che trovano nel centrodestra orecchie molto attente – potrebbe oggi candidarsi alla leadership con più credibilità, agli occhi degli elettori, dei politici attualmente sulla scena. E potrebbe rappresentare una svolta per il Paese.

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Antonio Socci

Da “Libero”, 29 luglio 2017

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