Siamo entrati nell’epoca della post-libertà. Forse non ce ne siamo davvero resi conto. E’ un tempo in cui le elezioni non sono più decisive per assegnare il potere, la sovranità popolare sta su “Scherzi a parte” e i parlamenti e i governi sono espropriati da cessioni di sovranità verso tecnocrazie non elette (nazionali e sovrannazionali).

Nel nostro Paese che si avvia alle elezioni sarebbe necessaria una riflessione seria su questi temi, non sulle quisquilie che spesso riempiono le cronache politiche.

Una riflessione anzitutto nel centrodestra dove si trovano le migliori intuizioni (per esempio su euro, Ue, emigrazione, sovranità nazionale, rapporti internazionali, valori tradizionali, tassazione, giustizia e sviluppo), ma spesso manca la riflessione strategica.

Le diverse componenti del centrodestra – che si stanno “annusando” per cercare un accordo elettorale – dovrebbero anzitutto meditare su quanto è accaduto in Italia nel 2011 e poi sulle vicende recenti: la Brexit, l’elezione di Donald Trump e le elezioni in Francia (e negli altri paesi europei). Continua

Questa Unione europea non c’entra niente con l’Europa dei popoli. E’ solo una “Grande Germania” che domina a spese di tutti gli altri stati, ormai sudditi.

La Germania afferma il suo interesse geopolitico con l’unica “arma” che può usare – la moneta e la politica economica deflattiva – dopo che (con la sconfitta bellica del III Reich) ha rinunciato alla forza militare, a una politica estera e a un’identità nazionale. Proprio nella moneta ha posto la sua identità.

Macron propone alla Francia di fare la “spalla” di Berlino (di fatto è la strategia di Hollande), sperando così di poter lucrare rendite di posizione. L’Italia è il solito vaso di coccio, una terra di conquista di potenze straniere come accade dal XV secolo.

Abbiamo una classe dirigente che non ha idea dei progetti geopolitici in campo e non ha una strategia di difesa dell’interesse nazionale. E’ il modo migliore per venire spolpati. Ma se non si capisce il presente non si ha una chance di sopravvivenza.

La crisi in cui ci troviamo deriva da due fallimenti ideologici e imperiali (come fallì il sistema comunista e la sua ideologia). I due fallimenti suddetti rimandano al “partito di Davos” e al “partito della troika”, che rappresentano il tempio delle élite e delle tecnocrazie dominanti. Continua

Ieri si celebrava il 25 aprile. Nella mia famiglia, per motivi storici, è davvero una festa della liberazione. Così avrei voluto scrivere su Twitter: viva l’Italia libera e indipendente dall’occupante tedesco.

Ma – mi sono detto – qualcuno potrebbe accusarmi di “sovranismo”? Si può ancora sventolare il tricolore e parlare di indipendenza nazionale e di occupanti tedeschi? Si può ancora rivendicare la sovranità degli italiani? Oppure è diventato disdicevole parlare di “patria”, di “indipendenza” e di “libertà”?

Non siamo forse nel Paese le cui élite hanno teorizzato da qualche decennio la necessità del “vincolo esterno” (cioè di stranieri che ci danno ordini) perché quello italiano – a loro dire – sarebbe un popolo incapace di governarsi da solo?

Eppure quando è stato libero di governarsi quello italiano è stato il popolo del “miracolo economico”. Dopo le rovine della Seconda guerra mondiale abbiamo fatto stupire il mondo.

Come, perché e quando abbiamo perso l’identità, l’orgoglio e la fiducia in noi – perdendo poi gran parte della sovranità – è una storia che sta cominciando a emergere, ma che aspetta ancora di essere scritta.

Fatto sta che oggi ci troviamo obbligati ad “appartenere” politicamente e monetariamente – come sudditi – a quella “Grande Germania” che si fa chiamare “Unione europea”. Continua

Dopo i recenti e ripetuti terremoti nel Centro Italia, ecco che arrivano le alluvioni in Piemonte, Liguria e Sicilia.

E così, dopo le recriminazioni sulla fragilità edilizia dei nostri borghi e delle nostre case, siamo ora a lamentare il solito dissesto idrogeologico, anche se è incoraggiante constatare che alcuni dei lavori di prevenzione fatti in questi decenni sono risultati efficaci per limitare, in parte, i danni.

Del resto siamo nel 50° anniversario dell’alluvione di Firenze e – pur con tutta la fastidiosa retorica delle celebrazioni – la ricorrenza, che di nuovo ci ha messo davanti alle immagini di Santa Croce e della Biblioteca Nazionale nel fango, ci ha ricordato due cose vitali.

La prima: questi disastri (alluvioni, frane, dissesti e terremoti) sono periodici, appuntamenti fissi e purtroppo certi, perciò spendere in prevenzione – oltre a scongiurare perdite di vite umane – significa in realtà risparmiare su costi economici sicuri che altrimenti sarebbero astronomici.

La seconda: tali periodiche catastrofi si abbattono sul Paese più bello del mondo che è un’immensa gioielleria, quindi – oltre ai morti che sono la tragedia più grande e oltre ai costi economici – c’è un altro incalcolabile danno che va considerato: lo scempio della nostra bellezza nazionale, della nostra ricchezza spirituale, della nostra identità, del nostro passato, dunque del nostro futuro.

I-TAL-YA

Anche questo si può quantificare in termini economici perché la cultura e il turismo, in un Paese come il nostro, sono – o dovrebbero essere – le nostre risorse più grandi, il nostro “petrolio”, la nostra più forte “industria”, come si sente dire spesso (a parole).

Ma la bellezza del nostro paese, i paesaggi, le cattedrali, le opere d’arte, i borghi, la cultura sono anzitutto un capitale spirituale che non è calcolabile economicamente perché è la nostra anima, ci rende unici nel mondo e unici nella storia umana.

L’Italia è veramente – come recita una splendida “traduzione” dall’ebraico di I-Tal-Ya – l’ “Isola della rugiada divina” (è il bellissimo titolo del portale ebraico in lingua italiana).

E’ un Paese dove tutto è bellezza. Sono come la Cappella degli Scrovegni o Piazza del Campo anche le campagne dove non si distingue il genio creatore di Dio da quello degli uomini. Continua

La decisione di Matteo Renzi di bloccare nuove sanzioni della Ue alla Russia ha spiazzato tutti ed è una mossa coraggiosa che potrà avere conseguenze importanti. Difficile dire se c’è dietro una strategia, una visione anche geopolitica oppure se è frutto di istinto, di improvvisazione tattica.

Il premier ha disorientato certi suoi fan “ultra-atlantisti” di casa nostra e ha irritato May, Merkel e Hollande che invece spingevano in direzione di nuove (e controproducenti) sanzioni, seguendo la politica aggressiva verso la Russia del duo Obama/Clinton.

Matteo ha sorpreso anche perché era di ritorno proprio dal viaggio negli Stati Uniti, dove era stato accolto con grandi onori ed era stata declamata ai quattro venti la coincidenza di vedute tra lui e Obama. Eppure, il giorno dopo, ha bloccato le nuove sanzioni alla Russia pur sapendo che la priorità dell’attuale presidente americano è proprio la “guerra” a Putin. Continua

<<“Pil fermo da 15 anni”, l’allarme di Confindustria>>. Questo titolo di “Repubblica”, venerdì, illustrava i dati del Centro studi di Confindustria.

In effetti – in questi quindici anni – il pil (cioè la ricchezza prodotta dal Paese) è rimasto fermo.

Quindici anni di crescita perduta. Con l’economia in profonda depressione sono cresciute le tasse (dal 40,2 al 43,5 per cento), i giovani disoccupati (dal 23,7 al 36,9 per cento) e il debito pubblico (dal 108 per cento sul Pil all’attuale 132 per cento).

E’ la fotografia di una disfatta, di un Paese al fallimento. Eppure nessuno sembra chiedersi perché questa catastrofe si è prodotta da quindici anni a questa parte.

Cosa è successo quindici anni fa che ha mandato in coma l’economia italiana? Continua

E’ doloroso ammetterlo, ma sull’Italia spadroneggiano proprio tutti. Grazie alla sottomissione, più o meno zelante, delle nostre “classi dirigenti” (si fa per dire).

Un paio di esempi. Obama mette nel mirino Putin (mentre non batte ciglio per mesi davanti ai massacri dell’Isis) ed ecco che noi veniamo costretti a porre alla Russia sanzioni economiche che ci costano un occhio della testa (in tempi di crisi).

Sarkozy ha brutti sondaggi alla vigilia delle presidenziali, dunque s’inventa una sciagurata guerra alla Libia per abbattere Gheddafi (e risalire nei sondaggi) ed ecco che noi siamo arruolati, obtorto collo, in quell’impresa demenziale che destabilizza un Paese alle porte di casa e mette a rischio i nostri contratti petroliferi (che guarda caso fanno gola proprio alla Francia).

Il danno e la beffa. Ma è soprattutto la Germania a farla da padrona. Direttamente o tramite quella succursale del governo tedesco che chiamano ipocritamente “Unione europea”.

IL RUGGITO DEL CONIGLIO

L’ultimo esempio è di queste ore. La Merkel ancora detta la linea all’Europa pretendendo che tutti mantengano le sanzioni alla Russia, ma intanto la Germania, zitta zitta, raddoppia il gasdotto del Nord (North Stream) con la Russia (con Gazprom): ha l’obiettivo strategico di diventare lo snodo dell’energia per tutta l’Europa.

Naturalmente a restarci fregata è la solita Italia (e l’Europa meridionale) perché nel 2014 l’Europa – accusando Gazprom di monopolismo – aveva fatto saltare il gasdotto del Sud – South Stream – che avrebbe avvantaggiato l’Italia (l’Eni era capofila).

Sono i tedeschi, che dettano legge. Noi siamo sudditi e il “ruggito del coniglio” dei giorni scorsi, al vertice Ue, di Renzi – pur lodevole – finisce per essere patetico, perché resta solo uno sfogo di parole “permesso” dalla Merkel ai sudditi.

Magra consolazione per Renzi poter dire: “ne ho prese tante, ma le ho detto ‘birbante!’”. E’ drammaticamente chiaro che noi siamo una colonia assoggettata e da spolpare. Continua

A Roma, simbolo perfetto di una gloria millenaria (passata) e della miseria presente, grande bellezza e grande monnezza, come al solito hanno superato anche quest’onda di piena con la scialuppa di salvataggio dell’ironia. Rassegnata e beffarda. Continua