Giovanni Lindo Ferretti è riuscito a esprimere in poesia il suggestivo dialogo fra un uomo, il suo cavallo e l’angelo, nel capitolo “il bardo intoni il canto. Singulto”
del suo ultimo libro, “Non invano” (Mondadori). Un dialogo che ricorda quasi le leopardiane “Operette morali”.

D’altra parte, nel suo misterioso e quotidiano ascolto della montagna appenninica e da lì di tutto il creato, Ferretti racconta di aver ricevuto una lezione di teologia, di politica e di filosofia proprio dal comportamento del suo cavallo più amato.

Ma bisognerebbe leggere come poesia, con i giusti spazi di silenzio dopo ogni verso (come qua sotto li trascrivo), pure certe pagine di prosa di questo libro:

“Il passato è ciò che posseggo,

il presente è il tempo che mi è concesso,

il futuro arriva

e mi troverà comunque impreparato.

Il mio aiuto, la mia sola forza,

sta nell’essere radicato.

Una famiglia, una comunità, una terra,

una lingua, una religione.

Usanze, costumi,

modalità dell’essere

e dei comportamenti.

E tutto sta finendo.

Moribondo, quando non già morto”.

Il nuovo libro di Ferretti è un meraviglioso mosaico (perché fatto di frammenti) dove, quasi ad ogni pagina, la prosa ha il passo della poesia. Finché l’autore si arrende a questo sguardo che gli urge dentro esprimendosi spesso in forma di canzone, come gli è più abituale. Continua