Tantissimi cattolici, negli ultimi anni, hanno guardato al card. Carlo Caffarra come una delle poche luci nelle tenebre presenti.

Un sacerdote mi confida che, proprio nei giorni scorsi, è andato da lui a dirgli il suo dolore per il disastro quotidiano che si vive nella Chiesa, riferendogli alcuni fatti.

Il cardinale è scoppiato a piangere e gli ha detto:

“Il Signore non abbandonerà la Sua Chiesa. Gli Apostoli erano dodici e il Signore ricomincerà con pochi. Immagina la sofferenza di S. Atanasio che rimase da solo a difendere la verità per amore di Cristo, della Chiesa e degli uomini. Dobbiamo avere fede, speranza e fortezza”.

Quel sacerdote mi confida: “il cardinale era molto addolorato, ma mi ha trasmesso tanto coraggio e tanto amore per la Chiesa”.

Il riferimento di Caffarra a S. Atanasio rimanda al momento più buio della storia della Chiesa. Quando gli eretici ariani nel IV presero il controllo della Chiesa.

Quasi da sola si levò la voce del vescovo Atanasio a difesa della verità cattolica. Egli fu scomunicato dal papa e subì quattro volte l’esilio. Continua

Il messaggio bergogliano sull’emigrazione di massa – che rischia di diventare il manifesto politico di una sorta di “partito dell’invasione” – è uno scivolone gravissimo per la Santa Sede e con tutta probabilità è stato voluto da Bergoglio anche in polemica con la recente “correzione” che la Segreteria di Stato vaticana ha dato alla sua ossessiva predicazione migrazionista (vedi QUI).
Il pronunciamento – oltretutto molto ideologico, da “sinistra sudamericana” nella sua superficialità demagogica – espone direttamente la figura del papa nell’agone politico: come un “papa re” dell’Ottocento egli si intromette nelle scelte tecniche che i parlamenti degli Stati debbono dare a problemi complessi.
Si intromette specialmente negli affari interni dell’Italia, in modo  del tutto smaccato. Non a caso ha reso noto il testo ieri, con cinque mesi di anticipo, cosa senza precedenti: per influire sul dibattito italiano sullo Ius soli e sul dibattito europeo e americano.
E’ facile ribattere a Bergoglio: egli è il sovrano assoluto di uno Stato in cui non entrano migranti e in cui non è concessa la cittadinanza né per ius soli, né per ius culturae. Quindi non si capisce perché vuole imporre lo “ius soli” a uno stato straniero come quello italiano. O agli altri Stati. Lo applichi allo Stato su cui lui ha un potere assoluto.

Continua

Anche la svolta, di queste ore, della Cei sulla questione migranti/Ong, da parte del card. Bassetti sembra avere dietro l’ispirazione della Segreteria di stato del card. Parolin, dove il ministro Minniti si è recato riservatamente, martedì scorso, a spiegare la sua posizione (QUI). E’ evidente che la dichiarazione di Bassetti rappresenta una presa di distanza  dall’estremismo migrazionista di Bergoglio e Galantino. Speriamo che sia permanente. Nell’ambiente bergogliano già negano che vi sia stata una svolta, ma basta confrontare le parole del card. Bassetti con quelle dell’ultrabergogliano mons. Perego (Fondazione Migrantes della Cei) intervistato lunedì scorso da “Repubblica” ( QUI ).

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Dietro l’irritazione del Vaticano per il mio articolo sui temi che oppongono Bergoglio e Parolin (anzitutto il dittatore Maduro), c’è il progetto del “partito curiale” che punta alla successione di Bergoglio proprio con il suo Segretario di stato. Ecco perché il tema Parolin-Bergoglio è oggi un tabù indicibile. Ci tornerò.

Prima va detto che per il papa la storia del despota rosso Maduro non è solo un disastroso scivolone che scredita un pontificato già sprofondato nel castrismo sudamericano. E’ pure l’evento che segna il naufragio dell’ideologia politica bergogliana. Continua

Gentilissimo sig. Socci,

già un’altra volta, confidando sulla sua sensibilità di credente, mi ero permesso di invitarla ad essere più obiettivo nel dare certe notizie, magari cercando informatori più attendibili.

Il suo pezzo ( QUI ) di oggi (domenica 6 agosto, ndr), mi spiace dirglielo, è offensivo nei riguardi del Papa e dello stesso Card. Parolin.

A parte la bufala su Enzo Bianchi, mancato Cardinale, deve sapere che la politica della Santa Sede su Maduro è stata mandata avanti di concerto tra la Segreteria di Stato e il Santo Padre, senza alcuna contrapposizione.

Così anche per il bimbo Charlie, il Santo Padre, una volta ricevuta la lettera dei genitori, ha concordato con la Segreteria di Stato le iniziative da intraprendere in favore del piccolo.

Il Card. Parolin non ispirò, nè corresse il Papa, si espresse e favorì la disponibilità del Bambin Gesù in caso di eventuale ricovero.

Tanto le dovevo per obiettività dei fatti e rispetto del ruolo del Santo Padre. Con cordiali saluti.

 + Angelo Becciu

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Domenica scorsa, quando è uscito il mio articolo sul Segretario di stato vaticano, card. Parolin, che cerca di rimediare o scongiurare i colossali guasti politici di papa Bergoglio, da Oltretevere mi arrivarono questi due riscontri: “Hai fatto centro” e “sarà un putiferio”.

In effetti mi è arrivata questa lettera (irrituale) la quale significa che ho messo il dito su una piaga molto delicata ed esplosiva.

Bisogna sapere che l’Arcivescovo Angelo Becciu è il sostituto per gli affari generali della Segreteria di Stato della Santa Sede.

E’ ai vertici del Vaticano, braccio operativo del papa e del Segretario di Stato. E’ toccato a lui, dunque, il compito di dirci che papa Bergoglio e il card. Parolin hanno perfetta identità di vedute, al contrario di quanto ha scritto il perfido Socci. Continua

E’ grossa, per Bergoglio, la sconfitta che ha subito sul Venezuela: ha perso la partita e si è dovuto piegare alla Segreteria di Stato del card. Parolin e ai vescovi del Venezuela che hanno preteso una sconfessione del despota rosso Maduro (firmata peraltro dalla stessa Segreteria di Stato).

Il papa argentino infatti era vicino a Maduro (lui è sempre “tenero” con tutti i tiranni rossi, da Fidel Castro ai cinesi, mentre demonizza Trump e i leader democratici).

Bergoglio si era perfino prestato, nel giugno 2013, a una parata propagandistica, in Vaticano, durante la quale si era fatto fotografare mentre benediceva Maduro sulla fronte.

Oggi che il despota ha ridotto alla fame il Venezuela (nonostante sia uno dei paesi più ricchi del pianeta: primo al mondo per riserve sfruttabili di petrolio), oggi che Maduro reprime nel sangue le proteste della piazza, il popolo e la Chiesa del Venezuela non potevano più accettare la tacita vicinanza del papa argentino al regime, così la Segreteria di Stato vaticana ha prevalso, facendo vincere oltretevere la linea dei vescovi venezuelani.

Capita sempre più spesso. Dentro la Chiesa ormai il regno del “papa argentino” viene definito con termini come “sciagura”, “disastro” e “flagello”.

Pur con lo stile felpato degli ambienti ecclesiastici, si notano le reti di protezione della Chiesa, di autodifesa per scongiurare i colpi o limitare o rattoppare i danni incalcolabili provocati da Bergoglio e dalla sua corte. Ed è, sempre più spesso, il cardinale Parolin, Segretario di Stato vaticano, il protagonista di quest’opera di contenimento e correzione (com’è accaduto sul Venezuela). Basti vedere le ultime settimane. Continua

La tragedia del piccolo Charlie ha inquietato gli animi di tantissima gente, sia laici che cattolici. C’è oltretutto un sovrappiù di strazio, perché i genitori avrebbero almeno voluto portare a casa il bambino…

Ieri, mano a mano che passavano le ore, un’onda di commozione e dolore ha attraversato tante coscienze, i telefoni dell’ambasciata britannica e la mail dell’ospedale sono stati intasati, tanto che ancora qualche giorno è stato concesso al bambino.

Si sono fatte spontaneamente centinaia di veglie di preghiera, dappertutto, e molti cattolici hanno preso d’assalto il centralino della Segreteria di stato vaticana e di Santa Marta per chiedere un intervento urgente di papa Bergoglio.

Lui parla su tutto, ogni giorno. Ha tuonato perfino contro coloro che si tingono i capelli (“a me fa pena quando vedo quelli che si tingono i capelli”). Ma – nonostante le richieste – Bergoglio si è rifiutato ostinatamente di dire una sola parola in difesa della vita di Charlie Gard (silenzio totale come per Asia Bibi e per tutti i casi non “politically correct”). Continua

A corredo del mio articolo (qua sotto) suggerisco la lettura di QUESTO editoriale di Matthew Schmitz uscito su “First Thing”.

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Il “vescovo vestito di bianco” (come Bergoglio si è definito a Fatima), ieri ha attaccato frontalmente il papa, Benedetto XVI che – per restare alla visione del “Terzo segreto” – somiglia molto all’altro protagonista di quella profezia: “il Santo Padre mezzo tremulo, con passo vacillante, afflitto di dolore e di pena”.

L’ATTACCO

Durante l’omelia di Santa Marta – quella in cui lancia messaggi, fulmini e avvertimenti – Bergoglio ha preso spunto da una lettura della messa, che parlava del congedo di san Paolo dalla comunità Efeso, per scagliarsi contro “il pastore che non sa congedarsi e si crede il centro della storia”.

Così ha sintetizzato la Radio Vaticana. E “Vatican Insider” – sito ultrabergogliano – ha titolato allo stesso modo: “Il vescovo deve sapersi congedare, non è il centro della storia”. Sottotitolo: “Il Papa a Santa Marta: il pastore deve lasciare bene, non ‘a metà’… e ‘senza appropriarsi del gregge’ ”.

“Vatican insider” ha provveduto a illustrare l’articolo con una foto dove si vede Bergoglio in elicottero: è un richiamo esplicito al volo in elicottero con cui il 28 febbraio 2013, dopo la “rinuncia”, Benedetto XVI lasciò il Vaticano per Castelgandolfo.

I due titoli sintetizzano bene la durissima omelia dove in effetti il papa argentino se l’è presa (senza nominarlo) con Ratzinger, “il pastore che non impara a congedarsi”.

Bergoglio indica l’esempio di san Paolo che “non ha fatto del suo gregge un’appropriazione indebita”. Come l’apostolo – dice Bergoglio – non bisogna credersi “il centro della storia, della storia grande o della storia piccola”, ma solo “un servitore”.

Perché ha rivolto questo duro attacco contro Benedetto XVI? In altre occasioni aveva citato proprio il silenzio del papa emerito come esempio di distacco e di discrezione. Ma in questi giorni Benedetto XVI ha parlato. Perciò è diventato il bersaglio da colpire. Continua

Nella foto papa Bergoglio che riceve in dono da Evo Morales la falce e martello dove è rappresentato il crocifisso (la stessa immagine è riprodotta sul medaglione che Morales ha messo al collo di Bergoglio come onorificienza).

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Il nuovo presidente della Cei voluto da papa Bergoglio, il card. Gualtiero Bassetti, come ha notato ieri Vittorio Feltri, di fronte all’eccidio dei 35 cristiani egiziani compiuto dai terroristi, se n’è uscito dicendo: “Non sono le religioni che provocano violenze e terrorismo”.

Eppure proprio l’editoriale dell’“Avvenire” (quotidiano della Cei) ieri spiegava che quei poveretti sono stati uccisi perché “hanno chiesto loro di rinunciare a Cristo e di diventare musulmani. Se avessero accettato li avrebbero risparmiati, ma hanno rifiutato”.

Dunque perché Bassetti parla di “religioni” (al plurale)? Non sono tutte la stessa cosa. C’è la religione dei carnefici e c’è quella delle vittime. Non si possono confondere vittime e carnefici.

La causa della strage è stata proprio religiosa: l’odio per la fede cristiana. Con buona pace di Bassetti.

Del resto dopo aver affermato che non sono “le religioni” a compiere questi orrori, il cardinale ha aggiunto: “sono loro schegge impazzite”. Ma “loro” e “schegge” sono al plurale. Quindi ci sarebbero “schegge impazzite” di tutte le religioni che fanno massacri?

A Bassetti risulta che vi siano organizzazioni di terroristi cattolici che uccidono quei musulmani che non si fanno battezzare in Chiesa? Continua

L’intervento con cui Benedetto XVI torna pubblicamente a pronunciarsi sulla vita della Chiesa, ha scatenato durissime reazioni, in linea con il clima di pesante intolleranza instaurato da Bergoglio e dal suo establishment (vedi QUI l’articolo di Marco Tosatti). Il mio commento intende mettere a fuoco la “svolta” di papa Benedetto.

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Il ritorno di Benedetto XVI (che forse non ha mai lasciato il papato): questa è la sensazione di molti cattolici. Sono bastati due suoi sorprendenti interventi per provocare la rabbia dell’attuale establishment bergogliano e – dall’altra parte – l’entusiasmo dei tanti credenti (smarriti e confusi) che ora riconoscono finalmente la voce del vero pastore.

Tre settimane orsono, in un messaggio al convegno sul suo pensiero politico voluto dal Presidente della Repubblica della Polonia e dai vescovi di quel Paese, Benedetto XVI aveva centrato “una questione essenziale per il futuro del nostro Continente” cioè “il confronto fra concezioni  radicalmente atee dello Stato e il sorgere di uno Stato radicalmente religioso nei movimenti islamistici”.

Papa Ratzinger aveva affermato che questa tenaglia fra laicismo (o ateismo marxista) e islamismo, due concezioni sbagliate, “conduce il nostro tempo in una situazione esplosiva, le cui conseguenze sperimentiamo ogni giorno. Questi radicalismi esigono urgentemente  che noi sviluppiamo una concezione convincente dello Stato, che sostenga il confronto con queste sfide e possa superarle”.

Era un evidente richiamo al suo storico discorso di Ratisbona che – non a caso – aveva fatto infuriare un certo laicismo di casa nostra e un certo mondo islamista.

Inoltre in queste ore è stato reso noto un altro intervento di Benedetto XVI che sta provocando un vero terremoto in Vaticano. Continua

Alberto Melloni – che insieme a Stefania Falasca è uno degli intellettuali di riferimento del bergoglismo – sabato scorso ha vergato un articolo destinato a uscire l’indomani, domenica, su “Repubblica”, col titolo “Fatima secondo Francesco”.

Deve averlo inviato prima della serata di sabato perché è stato clamorosamente smentito da Bergoglio quella sera stessa, mentre veniva messo in (prima) pagina.

Infatti Melloni ha scritto: “sulle apparizioni di Medjugorje c’è chi vuole distinguere fra le prime apparizioni e la loro serialità, ma il papa sa bene che qualcuno spera in un suo ‘no’ per mettergli contro non più quattro cardinali pieni di ‘dubia’, ma un popolo”.

Sembrava volesse far capire che Bergoglio non sarebbe caduto in tale “trappola”. Detto fatto. Proprio sabato sera – tornando in aereo da Fatima – il papa argentino ha bombardato a tappeto Medjugorje (dopo aver bombardato Fatima).

SCIVOLONE

Nei mesi scorsi si percepiva la contrarietà del papa argentino alle apparizioni mariane in genere e a quelle di Medjugorje in particolare (non gli piace questa Madonna più popolare di lui), ma s’intuiva che – avendo di mira sempre e solo il consenso – egli mai si sarebbe inimicato il popolo di Medjugorje. Tattica politica. Scaltrezza machiavellica.

Questa era l’ipotesi degli osservatori più attenti. Ebbene Melloni l’ha confermata nel suo articolo: Bergoglio – avendo la bussola del consenso e del successo – non avrebbe reso nota la sua sprezzante contrarietà alle apparizioni della “Madonna postina” per non mettersi contro il numeroso “popolo di Medjugorje”.

Era una strategia ben ponderata. Sennonché in aereo è arrivata quella domanda. Non è chiaro se il papa argentino non ha saputo trattenersi o se (all’insaputa di Melloni) ha cambiato strategia: fatto sta che ha dato la stura a tutta la sua contrarietà alle apparizioni quotidiane e ai messaggi di Medjugorje.

Così ha spiattellato quello che finora era strettamente riservato e che doveva restare nella discrezione delle stanze vaticane, esponendosi in prima persona con una sonora bocciatura che a Medjugorje è deflagrata come una bomba. Continua