Tantissimi cattolici, negli ultimi anni, hanno guardato al card. Carlo Caffarra come una delle poche luci nelle tenebre presenti.

Un sacerdote mi confida che, proprio nei giorni scorsi, è andato da lui a dirgli il suo dolore per il disastro quotidiano che si vive nella Chiesa, riferendogli alcuni fatti.

Il cardinale è scoppiato a piangere e gli ha detto:

“Il Signore non abbandonerà la Sua Chiesa. Gli Apostoli erano dodici e il Signore ricomincerà con pochi. Immagina la sofferenza di S. Atanasio che rimase da solo a difendere la verità per amore di Cristo, della Chiesa e degli uomini. Dobbiamo avere fede, speranza e fortezza”.

Quel sacerdote mi confida: “il cardinale era molto addolorato, ma mi ha trasmesso tanto coraggio e tanto amore per la Chiesa”.

Il riferimento di Caffarra a S. Atanasio rimanda al momento più buio della storia della Chiesa. Quando gli eretici ariani nel IV presero il controllo della Chiesa.

Quasi da sola si levò la voce del vescovo Atanasio a difesa della verità cattolica. Egli fu scomunicato dal papa e subì quattro volte l’esilio.

Ma di lì a poco la Chiesa tornò alla vera fede e, in seguito, canonizzò Atanasio proclamandolo Padre e Dottore della Chiesa.

Il sacerdote che ha parlato col cardinale ripete che egli era molto addolorato. Si può forse pensare che sia morto di crepacuore. Di certo nel segreto della preghiera aveva offerto a Dio la sua vita per questa povera cristianità smarrita.

Egli era certo che nel mondo e nella Chiesa alla fine il Signore vincerà. Così si è trovato protagonista, negli ultimi anni, di una poderosa difesa della fede cattolica e dei sacramenti di fronte all’Amoris laetitia di papa Bergoglio.

Lo confortavano, in questa testimonianza, le parole profetiche che aveva ricevuto anni prima da suor Lucia di Fatima, in una lettera in cui lei gli aveva scritto che “lo scontro finale tra Dio e Satana sarà sulla famiglia e il matrimonio”.

Questa vicenda – oltre a rivelare a tutti la sua la sapienza, la sua fede e il suo coraggio – ha messo in luce anche la sua profonda umanità.

Ne ho un ricordo personale. Era il 15 agosto del 2010, festa dell’Assunta. Mia figlia Caterina si era appena risvegliata dal coma ed era ricoverata alla “Casa dei risvegli”, sulle colline bolognesi.

Quel giorno – sorprendendoci – vedemmo arrivare, nella calura, col suo modo dimesso e semplice, il cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna.

Venne a trovare Caterina di cui aveva seguito il dramma (eravamo in contatto indiretto) e stette con noi tutto il giorno.

Era vestito come un semplice prete. Andò anche a salutare e benedire tutti gli altri, malati e familiari. Un vero uomo di Dio.

Lo conoscevo fino ad allora come teologo di grande spessore, amico e collaboratore di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI che lo stimavano moltissimo.

Ma quel giorno – in quel luogo di dolore e di speranza – lo scoprii come vero padre. La sua umanità e la sua saggezza paterna mi colpirono e le ho ritrovate tutte nella sua ultima missione per la Chiesa.

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Antonio Socci

Da “Libero”, 7 settembre

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