Alcuni giornali cercano in vari modi di provocare la Lega e di rappresentarla ora come la “mina vagante” ora come l’anello debole della nuova maggioranza di governo.

Ma è vero l’esatto contrario per chi ha seguito il dibattito parlamentare e osserva l’implosione chiassosa del M5S (con espulsioni e scissione) e quella (meno chiassosa) del Pd di Zingaretti, specialmente con l’uscita di scena di Conte.

E’ evidente infatti l’enorme trauma che il governo Draghi rappresenta per i giallorossi. Così come è evidente la serenità (politica) di Matteo Salvini (a cui si somma quella di Renzi e quella di Berlusconi). Il motivo è semplice.

Il trauma di Pd e M5S non deriva solo dalla perdita del potere reale che avevano in duopolio nel governo Conte bis (e già questo non sarebbe poca cosa). C’è di più. Continua

Certe notizie passano quasi inosservate, ma sono le più rivelatrici. Mi ha colpito una cosa accaduta, nella disattenzione generale, durante le consultazioni di Mario Draghi per formare il nuovo governo.

Così venerdì sera, ascoltando la lista dei ministri, l’ho sintetizzata in questo tweet: “Da padre che vive il (vero e proprio) dramma della disabilità, ringrazio Matteo Salvini perché è stato l’unico che ha portato sul tavolo del premier incaricato la sofferenza di milioni di persone dimenticate da tutti e inascoltate: un ministero per i disabili è una grande cosa”.

Il leader della Lega ha spiegato, in un’intervista a Mentana, che negli incontri con Draghi – oltre all’ovvio e primario obiettivo di spazzar via il flagello Covid – ha portato alla sua attenzione la necessità di “un ministero per le disabilità, perché in Italia ci sono sei milioni di disabili troppo spesso inascoltati, ed (il ministero) è stato creato”.

Salvini ha segnalato anche la necessità di un ministero “ad hoc” per il turismo, “che è il settore che ha sofferto di più in questo anno di crisi e che rappresenta il 13 per cento del Pil”. Continua

Nel disperato annaspare di questi giorni, Nicola Zingaretti – dopo essere stato “smacchiato” pure da “Repubblica” e da Concita De Gregorio – ieri è andato nel programma di Lucia Annunziata e (senza capire che la guerra è finita) ha riproposto la demonizzazione della Lega attribuendole “il progetto politico per cui il nuovo era un attacco alle democrazie occidentali e la morte dell’Europa”.

Cosa che, detta da chi viene dal Pci e guida il partito erede del Pci, da chi ha iniziato la sua segreteria con una clamorosa gaffe sul ruolo positivo che ebbe l’Urss, è quantomeno sorprendente.

Peraltro il suo vice Andrea Orlando, ancora nel 2019, andava – a nome del Pd – a rendere omaggio alla tomba di Togliatti nell’anniversario della morte, quel Togliatti che, con il suo Pci, non fu proprio un paladino delle “democrazie occidentali”, né un sostenitore della Comunità europea (vedi il libro di Luca Cangemi, “Altri confini. Il Pci contro l’europeismo”). Continua

Nicola Zingaretti stizzito ribatte su Facebook a Concita De Gregorioperché lo aveva sbertucciato ieri su “Repubblica”. Il suo è uno scivolone emblematico di questo momento politico e del tracollo di “quel che resta del Pci”.

Il flash sarcastico della giornalista (certamente non di destra) prendeva spunto dalla goffa performance del segretario Dem, all’uscita dal colloquio col Capo dello Stato: “E’ tanto una brava persona… però ogni volta che inciampa esita traccheggia, tira fuori dalla tasca un foglietto da leggere, non trova l’uscita e qualcuno deve prenderlo per il gomito – per di qui, segretario – Nicola Zingaretti lascia dietro di sé l’eco malinconica di un vuoto. Come un ologramma, sorride e svanisce”.

Ci manca solo la perfida battuta di Fortebraccio: “Arrivò una berlina, si aprì lo sportello, non scese nessuno: era Cariglia”. Si trattava di una traduzione della battuta attribuita a Winston Churchill: “un taxi vuoto si è fermato davanti al n.10 di Downing Street, e ne è sceso Attlee”.

Zingaretti non è paragonabile ad Attlee, ma a Sinistra ora temono che non sia paragonabile neppure a Cariglia, il quale può sembrare quasi uno statista a confronto con l’odontotecnico romano capitato – per le strane vicende piddine – alla segreteria del partito. Continua

Premetto: stimo molto sia Matteo Salvini che Giorgia Meloni. Sono leader politici generosi e appassionati. Due giovani leader che vogliono bene all’Italia e che hanno dimostrato di essere fra coloro che non cercano poltrone, ma desiderano far risorgere questo nostro Paese.

Tuttavia mi chiedo se adesso hanno imboccato la strada giusta. Si ha il dovere di dire la verità anche quando può dispiacere: io devo confessare che non capisco come stanno affrontando la crisi di governo. Parlo da semplice cittadino, da italiano, da padre di famiglia: sono molto preoccupato.

In questo momento continuare a dire solo “al voto, al voto” è politicamente suicida ed è un disastro per questo nostro disgraziato Paese. Serve solo a restare del tutto ai margini, lasciando gli altri indisturbati a fare i loro giochi: in concreto è un gran regalo a Giuseppe Conte, al Pd e al M5S, ed è un venir meno alle proprie responsabilità. Continua

L’agonia di questo governo si trascina in un’imbarazzante ricerca di transfughi che paralizza tutto, mentre l’Italia è in emergenza sanitaria ed economica. L’obiettivo è un qualche rattoppamento dell’esecutivo. Oggi Eugenio Scalfari su “Repubblica” sostiene che “Conte è appoggiato in questo suo tentativo anche dal presidente della Repubblica”. Ma, per quanto mi risulta, questo non è vero. Il Presidente Mattarella è invece il primo ad essere sconcertato dalla situazione a cui vorrebbe metter fine per dare all’Italia la stabilità di guida di cui ha assoluto bisogno. Ed ecco l’articolo che ho pubblicato stamani su “Libero”.

 

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Ma come e perché siamo arrivati a questo punto? Come e perché ci siamo ritrovati ad essere fra i paesi più devastati del mondo dal Covid (per numero di vittime e crollo economico), mentre il governo dà lo spettacolo avvilente di questi giorni?

Perché questo esecutivo non risponde del suo fallimento, nemmeno in Parlamento, sebbene (come dimostra il formidabile libro di Luca Ricolfi, “La notte delle ninfee”) i suoi disastrosi errori siano palesi?

Come e perché quell’Italia che è stata un tempo la quarta potenza industriale del mondo, oggi depressa e collassata, è ormai un cumulo di rovine? Continua

Sono in corso grandi manovre attorno alla (possibile) crisi di governo. Ieri Paolo Mieli, sul “Corriere della sera”, ha cercato di convincere il Pd che gli converrebbe scegliere le elezioni, perché questa coalizione di governo è tenuta insieme solo dal deprimente desiderio dei suoi parlamentari “di tenersi stretto il proprio seggio”, quindi non ha respiro e visione.

Mieli ha ricordato che tutto questo è stato bocciato da due grandi vecchi della Sinistra come Macaluso e Formica che ritiene addirittura “un obbligo” andare al voto, lasciando che sia un nuovo e legittimato parlamento (dopo il taglio dei seggi) a scegliere il prossimo Capo dello Stato, i membri del Csm e i giudici costituzionali. Continua

A volte ritornano e – leggendo ieri, sulla “Stampa”, l’ennesima intervista al compagno Goffredo Bettini (stratega di Zingaretti e leader ombra del Pd) – in effetti appariva evidente: è tornato il Pci. Sotto mentite spoglie, ma è tornato.

Nell’aria c’è molto più che la sola operazione nostalgia partita da qualche settimana (con libri, articoli e iniziative varie) in vista del 100° anniversario della fondazione (21 gennaio 1921).

Non mi riferisco neanche all’ideologia, di cui semmai è custode fedele Marco Rizzo, segretario di un altro “Partito Comunista” ridotto ai minimi termini, ma coerente col marxismo-leninismo. Continua

I parametri vitali del governo Conte bis ieri indicavano “decesso”, a voler prendere per buone le parole di Ettore Rosato, vicepresidente della Camera e coordinatore nazionale di “Italia Viva”, che ha dichiarato: “A oggi non c’è più la fiducia tra la maggioranza e il premier”.

Infatti un tempo, dopo un’esternazione simile di un importante esponente di un partito di governo, il presidente del Consiglio sarebbe salito al Quirinale a rassegnare le dimissioni.

Ma ormai è totalmente saltata la grammatica istituzionale e politica e sappiamo che parole come quelle di Rosato prospettano, casomai, una trapasso in differita. Infatti i quotidiani da giorni mettono in pagina la cronaca di una morte annunciata che sembrerebbe doversi verificare, definitivamente, dopo il 6 gennaio. In questo caso l’Epifania, che “tutte le feste si porta via”, ci libererebbe pure dei guastafeste (come ieri li ha definiti Vittorio Feltri). Continua

“Quando le cose si fanno serie, è necessario mentire”, diceva tempo fa un presidente della Commissione europea. Di solito le “cose serie” nella Ue sono gli interessi di Germania e Francia.

Infatti, per capire la “riforma del Mes” su cui il Parlamento deve votare il 9 dicembre (da non confondersi col Mes sanitario), bisogna prima superare una giungla di balle.

Chiediamoci: per chi suona la campana? Risposta: per noi. Gli italiani non lo sanno, ma, camuffandosi dietro sigle inglesi e dietro la nebbia delle tecnicalità per addetti ai lavori, stanno perfezionando un marchingegno che potenzialmente può assestare una mazzata su di noi, sui nostri risparmi e sul futuro dei nostri figli. Continua