In questi tempi di pensiero uniforme e preconfezionato, sui media e nella rete, quindi nelle relazioni sociali, sembra tornata di grande attualità la canzone di Giorgio Gaber, “Il conformista”.

E’ la perfetta rappresentazione del mondo dei semicolti e dei cosiddetti intellettuali di oggi, seguiti e imitati pedissequamente da greggi che pascolano sui social e nei media:

Il conformista

è uno che di solito sta sempre dalla parte giusta

ha tutte le risposte belle chiare dentro la sua testa

è un concentrato di opinioni

E quando ha voglia di pensare pensa per sentito dire

forse da buon opportunista

si adegua senza farci caso

e vive nel suo paradiso”.

Ovviamente “il conformista” che un tempo fu “fascista” poi è diventato “marxista-leninista/ e dopo un po’ non so perché mi son trovato Americanista” (il testo dice: cattocomunista, ma lui cantando dice “americanista”).

Ma soprattutto – dice Gaber, facendo una carrellata degli ultimi decenni – è stato “un po’ sessantottista”, da qualche tempo “è ambientalista”, per un po’ è stato “come un po’ tutti socialista”, ma in sintesi oggi è “progressista,/ al tempo stesso liberista antirazzista” e pure “animalista” (non più “assistenzialista”). E naturalmente è “ottimista europeista”, “femminista” e “pacifista”. Continua