Guardi i siti economici e rabbrividisci: “Crollano le aspettative economiche tedesche ed europee. Futuro molto fosco”. Sfogli “Il Sole 24 ore” e ritrovi gli stessi scenari riferiti alle politiche monetarie della Fed e alla recessione incombente: “Borse sull’orlo del precipizio, rendimenti obbligazionari in fibrillazione e dollaro sul punto di sferrare un colpo da knock-out alle altre divise mondiali”.

Se poi si considera il conto della guerra in Ucraina pagato dall’Italia c’è da mettersi le mani nei capelli: a giugno, dopo quattro mesi, è stato calcolato in 70 miliardi fra mancate esportazioni e boom dell’inflazione, con la previsione di 180 miliardi a fine anno.

Lo stato dell’economia dopo diciotto mesi di esecutivo guidato da Mario Draghi (fra tracollo del Pil e del surplus commerciale, esplosione dell’inflazione e debito) è disastroso, con un sistema industriale che, per i prezzi dell’energia, rischia il naufragio (se si fermano le filiere produttive il costo sarà incalcolabile) e milioni di famiglie che si ritrovano in un’economia di guerra.

Se la nostra bolletta nel 2019 ammontava a 17 miliardi, quest’anno arriverà a 100 miliardi (solo come bolletta elettrica, senza considerare il gas). Gli addetti ai lavori dicono che così il “sistema Italia” non può reggere. Continua

Dunque aveva ragione Paolo Savona. Il tempo è galantuomo e dopo appena un mese si sta verificando esattamente quello che l’economista sardo aveva previsto, quello che voleva prevenire e che proponeva di governare: l’implosione dell’Unione Europea.

Tale preveggenza, che doveva essergli riconosciuta come un merito, gli è invece costata cara. Per essa infatti ha dovuto rinunciare al ministero del Tesoro su cui avevano posto il veto Mattarella e la Germania.

Adesso si scopre quanto Savona aveva visto giusto e quanto le sue proposte sarebbero (o saranno) utili all’Italia e alla stessa Europa. Infatti quelli che cominciano domani – secondo un’opinione diffusa – potrebbero essere i dieci giorni che sconvolgeranno l’Unione Europea, ossia quella costruzione tecnocratica e poco democratica che è stata imposta a Maastricht nel 1992. Continua