In Italia è a rischio la democrazia? Non bisogna drammatizzare, ma oggi i segnali di un’involuzione che potrebbe far collassare il sistema democratico ci sono davvero e dovrebbero preoccupare tutti.

Non solo perché il governo è formato da due partiti che sono minoranza nel Paese (uno è crollato al minimo storico nelle politiche del 2018 e l’altro ha dimezzato i voti alle europee del 2019).

Non solo perché si sono barricati nel Palazzo, contro il Paese, e manifestano l’intenzione di non restituire la parola al popolo sovrano in nessun caso (nemmeno se crollasse l’Emilia Romagna rossa dopo l’Umbria), anche perché a primavera si decidono centinaia di nomine e poltrone. Continua

L’assurdo pasticcio che è stato fatto, dopo l’anticipazione del libro di Benedetto XVI e del card. Sarah, è spiegato benissimo in QUESTO articolo di Riccardo Cascioli

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Il libro scritto da Benedetto XVI e dal card. Robert Sarah, intitolato “Dal profondo dei nostri cuori”, ancor prima di uscire ha suscitato un terremoto e il fuoco di sbarramento sgangherato e rabbioso di certi bergogliani. Quasi che Benedetto XVI non avesse diritto di parola (lo stesso Bergoglio, in passato, lo aveva invitato a intervenire).

Il terremoto è stato provocato dall’anticipazione ai giornali della loro difesa del celibato sacerdotale (che definiscono “indispensabile”). Ma anche dal loro tono generale che prova la gravità della situazione, perché i due uomini di Dio – pur con rispetto verso il papa argentino – sembrano dire a Bergoglio: fermati, stai portando la Chiesa fuori strada, nel burrone. Continua

Si leggano attentamente queste righe (e mi scuso per la lunghezza della citazione): “Perché come Paese contiamo poco o niente? Una delle risposte è venuta questa settimana nella stretta di mano tra Putin ed Erdogan all’inaugurazione del Turkish Stream, il simbolo del fallimento della nostra politica estera nel Mediterraneo e in Libia. Quel gasdotto con il nome di South Stream doveva costruirlo l’italiana Saipem non Erdogan ma fu bloccato da Europa e Stati Uniti per sanzionare la Russia sull’Ucraina. Peccato che alla Germania in questi anni sia stato consentito di raddoppiare il North Stream con Mosca e alla Turchia, riottoso membro della Nato, di raggiungere accordi con Putin nel gas e persino negli armamenti. Dov’erano l’Unione europea e gli Stati Uniti? Hanno contribuito a bloccare i nostri interessi nazionali ma dato via libera a quelli altrui”. Continua

“Viviamo in un mondo di dittature, grandi o piccole che siano. Quella americana è la più forte”. Così iniziava ieri l’editoriale di “Repubblica”, che è il vangelo del progressismo italico. Editoriale di prima pagina (che quindi esprime la posizione del giornale) firmato dal suo fondatore, Eugenio Scalfari.

Prevedendo lo sbalordimento di qualche lettore, Scalfari subito dopo (bontà sua) spiegava che “formalmente non è una dittatura” quella americana, perché “c’è un presidente che governa, sotto il controllo del Parlamento. Ma si chiama Trump e abbiamo visto in queste ore di che cosa è capace”.

Scalfari si riferisce all’azione contro l’uomo forte dell’Iran, il generale Soleiman. Questo episodio gli basta per affermare che gli Stati Uniti sono la dittatura più forte del mondo.

Dittatura che non c’era con Obama, il quale faceva bombardare la Libia per rovesciare Gheddafi, con tutta la catastrofe che ne è seguita, ma non veniva annoverato da Scalfari fra i dittatori. Anzi, lui era un benemerito premio Nobel per la Pace. Continua

Un tempo, degli esecutivi particolarmente dannosi, si diceva: “buoni a nulla, ma capaci di tutto”. Ma il ConteBis  a quanto pare supera – in negativo – tutti i peggiori governi della storia repubblicana.

I primi cento giorni della sua vita, che di solito trascorrono come una luna di miele, sono stati invece una luna di fiele : i partiti governativi sono stati divisi su tutto, in lite fra loro e al proprio interno, perdendo parlamentari e ministri, fra scissioni e dimissioni, senza alcuna idea condivisa sul Paese, sul suo futuro, sul ruolo nel mondo e perfino in Europa (ormai l’Italia nella Ue è ridotta a fare la cameriera della Merkel e di Macron). Continua

Il giorno di Natale, in Nigeria, lo Stato islamico – secondo quanto riferisce l’agenzia Asianews – ha “decapitato” 11 cristiani, che erano stati da loro catturati. I Jihadisti hanno rivendicato la strage come “messaggio ai cristiani del mondo intero”. Anche alla vigilia di Natale, in un villaggio cristiano vicino a Chibok, avevano ucciso sette persone e avevano rapito un giovane.

Tuttavia questo macello del terrorismo musulmano non sembra interessare ai nostri media e ai governi dell’Occidente (con l’eccezione di Boris Johnson che in questi giorni ha tuonato contro le persecuzioni ai cristiani e contro il boicottaggio a Israele).

A quanto pare solo se muoiono sui gommoni che affondano davanti alle coste libiche, in partenza verso l’Italia, le popolazioni africane fanno notizia e infiammano la coscienza dei “buoni” e degli umanitari. Continua

Il Natale riscalda il cuore anche di chi non frequenta più la Chiesa. Come scriveva, nella Storia dell’idea d’Europa”, il laico Federico Chabod  “non possiamo non essere cristiani, anche se non seguiamo più le pratiche di culto, perché il Cristianesimo ha modellato il nostro modo di sentire e di pensare in guisa incancellabile; e la diversità profonda che c’è fra noi e gli Antichi… è proprio dovuta a questo gran fatto, il maggior fatto senza dubbio della storia universale, cioè il verbo cristiano. Anche i cosiddetti ‘liberi pensatori’, anche gli ‘anticlericali’ non possono sfuggire a questa sorte comune dello spirito europeo”.

Stessi concetti del papa laico Benedetto Croce  che, nel 1942, scriveva Perché non possiamo non dirci cristiani”  osservando: “Il Cristianesimo è stato la più grande rivoluzione che l’umanità abbia mai compiuta: così grande, così comprensiva e profonda, così feconda di conseguenze, così inaspettata e irresistibile nel suo attuarsi, che non meraviglia che sia apparso o possa ancora apparire un miracolo, una rivelazione dall’alto. Continua

Fra i vari “comandi” lasciati da Gesù ai suoi fedeli, secondo un dotto frate domenicano di Bologna, “quello più trascurato è: ‘Guardate’. La bontà dei sensi, che ci aprono al mondo creato da Dio, non è sempre stata compresa: il primo martire domenicano, fra Pietro, morì proprio per difendere la fede nel Dio buono, Creatore e Signore del cielo e della terra. Ambrogio, dal canto suo, ha scritto pagine memorabili che ci testimoniano il fatto che la bellezza della creazione e il saperla gustare sono vie di comunione con Dio”.

È il domenicano fra Stefano Prina  a cominciare così, sul sito dei frati predicatori di Bologna, un articolo intitolato “Buon pastore buongustaio”, dedicato al grande vescovo di Milano. Continua

Non avevo ancora visto QUI  questa celebrazione della Pachamama in San Pietro, con Bergoglio, davanti all’altare, il 4 ottobre scorso, in apertura del Sinodo sull’Amazzonia. Si resta allibiti. Capisco perché si parla di profanazione idolatrica  e di necessità di riconsacrare la basilica di San Pietro. Forse non sarà “l’abominio della desolazione nel luogo santo” (Mt 24,15)  profetizzato da Gesù, ma di certo suscita molta inquietudine.

 

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E’ un Natale triste per i cristiani se si pensa alle tante “dissacrazioni”  di questi giorni che non sarebbero permesse verso nessun’altra religione. Basta qualche titolo.

Due settimane fa il party bolognese intitolato “Immacolata con(trac)cezione”. Il “Giornale”  titolava: Collettivi choc: veglia blasfema. La Madonna circondata da preservativi”.

Dieci giorni fa c’è il caso del poster di Roma  su cui Vittorio Feltri, indignato, ha scritto parole di fuoco. Titolo del “Tempo”: “Gesù eccitato con un bambino. Bufera sul Macro per un manifesto blasfemo. La denuncia di Fratelli d’Italia: vergogna, la Raggi intervenga”.

C’è pure dell’altro. Giovedì il “Messaggero”  titola su “Netflix, la satira con Gesù gay. Fratelli d’Italia chiede di ritirare il film”.

In tutti questi casi a protestare non è il Vaticano, né la Cei, ma sono i partiti del centrodestra, insieme ai cattolici (lasciati soli dai pastori) e a qualche giornalista di buon senso. Infine qualche ecclesiastico pronuncia delle timide e insipide parole. Continua

Suscita molta ilarità  la rilettura dei giornali italiani di questi mesi che inneggiavano alle manifestazioni londinesi contro la Brexit. Secondo la maggior parte dei nostri quotidiani e dei nostri politici di Sinistra, era evidente che i britannici non volevano (più) uscire dall’Unione europea.

Il 23 marzo  celebravano trionfalmente “un milione in piazza contro la Brexit”  (titolo del Corriere della sera). La settimana dopo “Avvenire”  titolava: “Inglesi sull’orlo di una crisi di Brexit: ‘Restiamo nell’Ue e basta’”. Continua