Un tempo, degli esecutivi particolarmente dannosi, si diceva: “buoni a nulla, ma capaci di tutto”. Ma il ConteBis  a quanto pare supera – in negativo – tutti i peggiori governi della storia repubblicana.

I primi cento giorni della sua vita, che di solito trascorrono come una luna di miele, sono stati invece una luna di fiele : i partiti governativi sono stati divisi su tutto, in lite fra loro e al proprio interno, perdendo parlamentari e ministri, fra scissioni e dimissioni, senza alcuna idea condivisa sul Paese, sul suo futuro, sul ruolo nel mondo e perfino in Europa (ormai l’Italia nella Ue è ridotta a fare la cameriera della Merkel e di Macron).

Oltretutto con un livello di sfrontatezza  mai visto dal momento che non nascondono di essersi coalizzati (fra nemici acerrimi) solo per due motivi: impedire alla maggioranza degli italiani di mandare al governo il centrodestra  e fare l’abbuffata di nomine  della primavera.

Hanno incasinato situazioni drammatiche come l’Ilva  che sembravano avviarsi a soluzione e ora sono nel marasma; si azzuffano su questioni gravi come l’abolizione della prescrizione  e la concessione delle autostrade; brancolano nel buio  sulle diverse situazioni di crisi come Alitalia (così pure sulla Popolare di Bari e il Mps).

Ma soprattutto – per sudditanza alla Ue  – stavano per dare, alla chetichella, il via libera definitivo al Mes, che avrebbe gravemente compromesso la stabilità del sistema Italia, se non ci fosse stata l’insurrezione di Lega e Fratelli d’Italia (adesso tutto è stato rinviato e siamo sospesi sul ciglio del burrone).

Infine hanno reso l’Italia totalmente irrilevante sulla Libia, dove abbiamo sempre avuto forti interessi economici e strategici (dal petrolio alla questione immigrazione) e dove eravamo i principali giocatori in campo, mentre ormai siamo negli spogliatoi  con una serie di altre potenze che si confrontano sul terreno.

Marginalità italiana  che si evidenzia drammaticamente anche sulla crisi Usa/Iran, su cui il governo non è capace di balbettare nulla, mentre dai partiti di maggioranza tornano fuori rigurgiti di antiamericanismo vecchia maniera (che si sommano a certe inquietanti tendenze filocinesi).

È difficile immaginare un bilancio peggiore, ma a questo deprimente quadro manca il tassello più surreale, quello della legge di bilancio, che è il principale atto politico di un governo.

Oggi, tirando le somme, possiamo ricostruire la sua parabola come un’autentica farsa. Per giorni si è andati avanti con una serie di annunci poi rimangiati  di tasse o balzelli punitivi inverosimili (dalle merendine, alla plastica, dal contante alle auto aziendali).

Poi siamo passati alla giostra delle rimodulazioni e dei rinvii  delle tasse all’estate per non far perdere il Pd alle regionali in Emilia Romagna. In ogni caso sempre tasse, quando il governo precedente, gialloverde, non aveva introdotto nuove imposte, né aveva varato inasprimenti fiscali, ma aveva semmai messo soldi nelle tasche degli italiani.

Nel suo insieme questa legge di bilancio riesce nell’impresa di tassare ancor di più gli italiani, senza contenere nulla per rilanciare lo sviluppo  (con una crescita prevista quasi a zero e, secondo i dati di dicembre, con una manifattura che va peggio di tutti fra i grandi paesi dell’eurozona). Ma al tempo stesso facendo crescere il debito e il deficit. Un capolavoro di autolesionismo.

Infatti il famoso numeretto percentuale che indica la previsione di deficit, in rapporto al Pil, che nel 2018, al tempo del governo gialloverde, era previsto al 2,02  per cento, ora è previsto al 2,2 per cento.

Quindi un aumento approvato dalla Commissione europea  che non ha detto nulla, mentre – quando era al governo la Lega – minacciava tuoni e fulmini  per impedire una crescita minima del deficit: ormai è evidente a tutti che la Ue applica un criterio sfacciatamente politico, discriminando e punendo i governi che non sono graditi a Berlino e Parigi, pur avendo avuto i voti degli italiani.

Eppure è già chiaro oggi che le attuali previsioni del governo saranno disattese. Per nascondere un tale sfacelo l’esecutivo ha abbondato in propaganda.

Per esempio sulle famose clausole dell’Iva, Gualtieri, Conte e compagni hanno cercato di presentare il mancato aumento come una diminuzione delle tasse, credendo che gli italiani si facciano abbindolare  così.

Oltretutto il governo ha “spostato” quelle clausole agli anni successivi, infatti – scrive Guido Gentili sul “Sole 24 ore” – “in pista per il 2021 e 2022, assieme ad altri aumenti di tasse, ci sono già clausole per ben 47 miliardi”.

Con tutto questo Conte ha avuto il coraggio di affermare, alla conferenza stampa di fine anno, che “abbiamo messo in sicurezza il paese”. In sicurezza rispetto a cosa? Semmai hanno messo una carica di dinamite di 47 miliardi sotto i conti dei prossimi due anni.

Ma la propaganda più intollerabile e di sapore vetero-Pci è stata quella del ministro Gualtieri  che ha ripetuto di continuo “ci è stato lasciato da pagare il conto del Papeete”, dando ad intendere che hanno trovato un buco di bilancio provocato da Salvini e hanno dovuto pagarlo loro.

Una fake clamorosa. Infatti quel “conto” (i 23 miliardi di aumento previsto dell’Iva) proveniva in grande parte (per 19 miliardi) dai precedenti governi Pd e solo per 4 miliardi dal governo gialloverde.

Il quale governo gialloverde era guidato da Conte, non da Salvini, ed aveva ai ministeri economici dei grillini  o ministri del “partito istituzionale” (Tria) avversi a Salvini. Quindi non c’era nessun “conto del Papeete”, c’era semmai Conte. E c’è ancora dopo aver cambiato bandiera  in un batter d’occhio.

Oltre a questo, come si è visto, Gualtieri e il ConteBis lasciano ai prossimi due anni un conto da pagare di 47 miliardi. Il Papeete dunque è il loro.

Gli italiani già devono subire un governo di apprendisti stregoni, pernicioso per il Paese: purtroppo si vedono imporre anche queste incredibili bugie propagandistiche.

Che fanno il paio con un’altra grave scorrettezza ai danni del Parlamento, infatti la Camera è stata tagliata fuori dall’esame di questa legge di bilancio. Il leghista Claudio Borghi ha usato parole di fuoco: “Uno scandalo. Uno schifo. Platealmente incostituzionale”.

Tutto questo è stato compiuto da chi ogni giorno impartisce lezioni di rispetto delle regole e delle istituzioni. Quando arriverà “la resa del Conte” i danni fatti da costoro saranno comunque ingentissimi.

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Antonio Socci

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Da “Libero”, 5 gennaio 2020