Giovanni Guareschi voleva essere la voce “dei milioni e milioni di uomini comuni che, con la loro assennata mediocrità, tengono in piedi la baracca di questo mondo”.

Torna in mente oggi perché, nell’Italia profonda, l’Italia popolare, il 2 novembre ancora si visitano i cimiteri e si ricordano i nostri morti, quei “milioni di uomini comuni” da cui abbiamo ricevuto la vita e il cui lavoro, le cui sofferenze, hanno costruito la nostra Italia. Continua

In questo secondo anno di pandemia la giornata che la Chiesa dedica alla Commemorazione dei defunti, il 2 novembre, suggerisce anche considerazioni laiche sulla drammatica emergenza che ha provocato tante vittime.

L’anno passato, in questi giorni, eravamo nel pieno della seconda ondata(gestita male dal governo Conte) che fu assai peggiore della prima e fece il doppio delle vittime.

Il giorno 31 ottobre del 2020 avemmo 31.758 nuovi casi (quest’anno sono stati 4.526) e piangemmo 297 morti (quest’anno 26). Entrarono in terapia intensiva 97 nuovi malati, per un totale di 1.843, mentre il 31 ottobre di quest’anno erano 4 in meno del giorno precedente (in totale sono in terapia intensiva solo 346 persone). Continua

Forse quest’anno per le strade deserte non ci sono nemmeno i venditori di caldarroste a regalare allegria ai ragazzi (si sono mai viste caldarroste igienizzate?) e pure per i fiorai saranno magri incassi. Infatti, per la paura collettiva del contagio, è diventato arduo perfino visitare i cimiteri. Peraltro sono vietati gli assembramenti…

Così, anche questo pietoso rito, religioso e sociale, che, per un giorno, ci faceva ricordare le persone amate e sostare davanti ai loro volti, visitando le loro povere spoglie in terra consacrata, ci viene rubato da un nemico invisibile.

In questo 2 novembre si dovrebbe rileggere il capolavoro di Delio Tessa: “Caporetto 1917 – L’è el dì di mòrt, alegher”. Continua