Nel 2008 a Benedetto XVI, invitato dal Rettore, fu impedito di parlare all’Università di Roma. Invece venerdì scorso papa Bergoglio è stato accolto a braccia spalancate.

Il “pensiero unico” dominante vedeva Benedetto XVI come il fumo negli occhi (specie per il discorso di Ratisbona), mentre riconosce papa Bergoglio come un suo simbolo.

In effetti in quella sede Bergoglio non ha mai parlato da papa: nel suo discorso, durato ben 45 minuti, non è mai stata usata la parola “Dio”, né è stato menzionato il nome di Gesù Cristo (c’era nel discorso scritto che gli avevano preparato, ma lui non lo ha letto).

Bergoglio non si è occupato di temi spirituali o culturali, né ha fatto riferimenti alle scottanti notizie d’attualità, come l’assurda legge francese, voluta dai socialisti, che proibisce la difesa della vita nascente sulla rete (chi si esprime contro l’aborto su internet rischia multe salatissime e pure il carcere).

Siamo ad una preoccupante svolta illiberale in Europa che va a colpire i cristiani, ma riguarda la libertà di pensiero e di parola di tutti. E la democrazia. Un tema che in una università sarebbe stato perfetto. Ma Bergoglio lo ha ignorato.

Il papa non si è mostrato interessato al tema della libertà di coscienza, né alla tragedia dell’aborto che fa 50 milioni di piccole vittime all’anno. Tanto meno, parlando di violenza, ha parlato dei cristiani perseguitati e massacrati.

Anzi, sempre venerdì, in un altro messaggio ai “Movimenti popolari” (di cui fa parte anche il Leoncavallo) Bergoglio ha affermato che “non esiste il terrorismo islamico”.

Quindi – siccome “non esiste” – il papa può infischiarsene delle sue vittime cristiane.

OSSESSIONE?

Bergoglio parla sempre di un argomento: l’immigrazione. A Pasqua e a Natale, a Santa Marta e nei discorsi che tiene per il mondo. Anche all’Università si sono sorbiti l’ennesimo discorso sull’emigrazione. Continua

E’ vergognoso e suicida, per un grande Paese come l’Italia – una delle prime potenze industriali del mondo – avere il 40 per cento di disoccupazione giovanile (fra i 15 e i 24 anni).

Significa che una generazione – con immense potenzialità – rischia di essere sacrificata o restare ai margini della vita (per gli errori delle classi dirigenti): sacrificata sull’altare di politiche (europee ed eurocentriche) che si sono dimostrate fallimentari.

Dovremmo far di tutto per capovolgere quelle politiche e cambiare strada. Altro che chiedere “più Europa”, dovremmo chiedere più Italia, più interesse nazionale. Finalmente.

Ho tre figli – tutti fra i venti e i trent’anni – e so bene quanto sia doloroso e ingiusto per loro pagare quegli errori dei diversi governi e avere davanti a sé un’interminabile e sfibrante strada di precariato mal pagato e senza prospettive sicure.

Anche in questi giorni – per alcuni fatti di cronaca – si è tornati a parlare del “precariato” dei giovani come di un dramma esistenziale, prima che sociale. E lo è. E’ il connotato del nostro tempo.

CIO’ CHE NON SI DICE

Tuttavia c’è un dramma più vasto che lo contiene: è un clima sociale che – oltre a negare un lavoro sicuro – ci nega la speranza, un clima che de-moralizza i popoli.

Viviamo in una mentalità dominante futile, che sembra voler occultare le cose per cui vale veramente la pena vivere. E’ il falò delle vanità, ma recitato sul Titanic… Continua

Sono rimasto sinceramente colpito e amareggiato dalla durezza delle polemiche che negli ultimi giorni sono divampate fra cattolici (col contributo dirompente della stampa laica).

Non sono uno a cui non piaccia il confronto, anche vigoroso e polemico, ma quella a cui stiamo assistendo è ormai una sorta di guerra civile tra cattolici, una criminalizzazione reciproca in cui non si ravvisa più molto di cristiano. E non va bene. Non si può andare avanti così.

Molte parole dure e offensive sono state usate dai due campi contrapposti. E ho dovuto constatare che nei confronti di papa Bergoglio, in particolare nei social, vengono usate da alcuni delle espressioni che sono del tutto inaccettabili.

E’ vero che taluni lamentano di essere bersagliati – a loro volta – da alcune espressioni che il papa usa, specie nelle omelie di Santa Marta, verso certi cattolici (i cosiddetti “rigidi”) e si sentono offesi.

Ma questa non è una ragione per usare parole o giudizi che travalicano la normale e corretta critica.

Penso che il momento che vive la Chiesa sia davvero delicato e drammatico. Per quanto mi riguarda non ho nessuna intenzione di contribuire a questo clima da “guerra civile fra cattolici”.

Perciò d’ora in poi ho deciso di tirarmi fuori da questa mischia (nella quale peraltro mi prendo, da tempo, la mia parte d’insulti).

Se mi occuperò della situazione della Chiesa (e lo farò meno di prima) eviterò accuratamente di usare espressioni che possano involontariamente alimentare animosità e rancori, cercando le espressioni che più invitino al dialogo fraterno. E vorrei che questo “codice” fosse condiviso, così da riportare il confronto dentro i binari cristiani.

Mi permetto anche – pur essendo solo un normale cattolico di parrocchia – di invitare tutti a pregare per papa Francesco, perché il Signore lo aiuti nel suo ministero e lo illumini possibilmente facendogli comprendere la situazione di sofferenza e di confusione che vivono tanti cristiani a motivo delle cose da lui dette o decise.

Preghiera da estendere anche a papa Benedetto, perché possa essere accolto il suo paterno contributo alla vita della Chiesa in questo momento così delicato.

Una preghiera che – ovviamente – è anche per la nostra personale conversione, perché ciascuno deve pensare anzitutto alla propria salvezza personale.

Siccome sicuramente questo post susciterà reazioni istintive sbagliate, preciso che tutti coloro che hanno obiezioni da fare all’attuale pontificato dovrebbero rileggersi l’intervista al Foglio del card. Caffarra (o quelle del card. Burke) e sintonizzarsi su quello stile, lo stile dei veri pastori, che sono veri esempi di paternità.

C’è bisogno di quella pacatezza, di quell’amore alla Verità e di quella carità. Non basta testimoniare la Verità (questo è il nostro dovere), bisogna anche farlo nella maniera giusta. Questo è quello che penso (e mi conforta che quanto ho scritto in questo post sia compreso nella sua continuità con quanto ho scritto in questi anni, come dimostra l’articolo che potete leggere qui con il mio commento e qui da solo).

Continua

Beppe Grillo per gli auguri natalizi ha rilanciato un vecchio articolo di Goffredo Parise del 1974, intitolato “Il rimedio è la povertà”, ed è stato rimbeccato da Giuseppe De Rita che ha notato come “i cantori della povertà non sono mai poveri”.

In effetti le cronache mondane di Dagospia non ci mostrano un Grillo col saio che mangia pane secco, ma un paffuto signore nella villa sul mare o sullo yacht ancorato in Costa Smeralda.

Buon per lui, ma non sembra il miglior testimonial dell’idea di “decrescita felice” di Serge Latouche, anche perché la decrescita l’abbiamo avuta davvero in questi anni e gli italiani hanno verificato che non è per nulla felice.

E’ anche una gaffe politica quella di Grillo, considerato che il M5S oggi fa il pieno di consensi proprio fra i giovani e gli arrabbiati che sono rimasti vittime del crollo del Pil in questi anni di crisi. Del resto questo pontificare di povertà dallo yacht fa tornare in mente un tornante grottesco della storia italiana: gli anni Settanta. Continua

L’altroieri, nell’editoriale di “Avvenire”, giornale dei vescovi, Enzo Bianchi assicurava che i terroristi di Berlino non ce l’avevano con il Natale cristiano:

“A Berlino la calamita per l’ attentatore non è stato il Natale in sé, ma la sua commercializzazione diffusa: non certo la celebrazione del mistero cristiano dell’incarnazione, bensì la sua riduzione – sovente lamentata anche dagli stessi cristiani – a gioioso mercato di doni e di regali, di profitti e di buoni sentimenti a basso prezzo”.

Ma è proprio sicuro il Bianchi che i terroristi, pianificando la strage, abbiano distinto (come fini intellettuali) il cosiddetto “Natale consumistico” (da esecrare e colpire) dalla “celebrazione del mistero cristiano dell’incarnazione” che invece loro rispetterebbero?

Ed è sensato fare una simile distinzione di fronte a un massacro tanto crudele e demenziale?

Peraltro è assurdo pensare che un semplice mercatino di Natale, con normali bancarelle dove si comprano cosucce a pochi euro, possa essere considerato un simbolo di consumismo.

Ma il tormentone clericale (e pure laico) contro i regali ci viene inflitto da tempo ed è ormai insopportabile il moralismo che ogni anno, sui giornali o nelle chiese, lancia invettive contro il presunto “Natale consumistico”, di cui oltretutto – e purtroppo – non si vede traccia, considerate la crisi e le ristrettezze delle famiglie italiane. Magari avessimo un Natale consumistico. Continua

Ieri il “New York Times” parlava della “corsa contro il tempo” di papa Bergoglio per trasformare definitivamente la Chiesa in un club “progressista” come piace ai radical-chic.

Per riuscirci – secondo il NYT – dovrebbe creare un numero di cardinali bergogliani in grado di eleggere un successore a sua immagine e somiglianza. Ma l’operazione è ardua. Non basta il Concistoro di ieri.

Negli ambienti cattolici c’è ormai la sensazione che questo pontificato sia finito in un vicolo cieco, venuto meno oltretutto il contesto politico in cui è nato (la presidenza Obama/Clinton). Continua

Nel mio articolo del 28 ottobre (che potete rileggere QUI ) segnalavo la clamorosa intervista del card. Müller, Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, alla Radio vaticana in lingua tedesca.
Un vaticanista (sebbene molto felpato e non molto ardimentoso), dovendo intervistare lo stesso cardinal Müller (QUI), è partito dalle stesse mie conclusioni. E scrive: “Sembra quindi di capire che anche per il cardinale Müller siamo di fronte, per usare le categorie a cui ha fatto ricorso tempo fa monsignor Georg Gänswein, a una sorta di «ministero comune», «collegiale» o «sinodale», all’interno del quale ognuno porta un contributo specifico”.
La sua prima domanda ripropone al cardinale proprio quelle sue dichiarazioni (che io avevo segnalato e rilanciato).
E il card. Muller risponde: “In effetti stiamo vivendo una fase molto speciale nella storia della Chiesa: abbiamo il Papa, ma anche il Papa emerito”.
Inoltre nell’ultima risposta poi aggiunge:
“Benedetto e Francesco (…) si dedicano pienamente alla missione del successore di Pietro, e questa è una grande ricchezza per la Chiesa”. Continua

E’ scoppiato il caso di padre Giovanni Cavalcoli, il domenicano che ai microfoni di “Radio Maria” (e poi ad altri microfoni) ha detto, sul terremoto e le unioni civili, delle enormità che sono state comprensibilmente bacchettate dal Vaticano.

Subito “Corriere della sera” e “Repubblica” hanno cercato di incasellare p. Cavalcoli nel fronte “destro”. Il “Corriere” ha scritto che il frate “ha fama di ultrareazionario”. E “Repubblica” ha cercato di farlo passare come un teologo avverso a papa Bergoglio.

Si dà il caso invece che p. Cavalcoli sia un acceso sostenitore di papa Bergoglio. Infatti – nel pieno delle polemiche del Sinodo sulla famiglia – gli fornì un un decisivo supporto teologico.

Il 17 ottobre 2015 fu pure intervistato su “Vatican insider” dal più bergogliano dei vaticanisti, Andrea Tornielli, a sostegno delle tesi del papa e, in quell’occasione, in cui si scagliò contro il “conservatorismo rigorista”, Tornielli lo presentò come un’autorità.

Non parliamo poi di “Radio Maria” il cui tifo bergogliano è sfegatato: da lì piovono fulmini e saette su tutti coloro che avanzano riserve sulle idee di Bergoglio. Continua

E’ stato il terremoto più forte dal 1980, con epicentro a Norcia, la terra di san Benedetto. Sono stati colpiti in modo particolare i luoghi dell’anima, le chiese, e la basilica del santo Abate è stata distrutta.

E’ rimasta in piedi solo la facciata, un’immagine che a molti è apparsa come un presagio di una chiesa che sta crollando lasciando in piedi, appunto, solo la facciata.

Per alcuni – che considerano il cristianesimo una iattura – questo è addirittura un auspicio. Ma credo che resteranno delusi.

Poi c’è un’altra associazione di idee che ha accomunato addirittura Beppe Grillo e Matteo Renzi: il fatto che sia stata travolta la città e la basilica del Patrono d’Europa ha fatto scrivere a Grillo che “dall’Europa dobbiamo ricevere tutto il sostegno necessario: lo sforamento di decimali nel rapporto deficit Pil non può essere un argomento accettabile da parte di Bruxelles”.

Credo sia una considerazione che oggi può accomunare tutti gli italiani. E si presta anche a una riflessione più profonda: questa ferita nei luoghi del Patrono d’Europa ci fa pensare a questa Europa che ha perso la sua anima, un’Europa che è stata fatta dai santi ed oggi è in mano ad aridi tecnocrati.

Molti non sanno come e quanto il monachesimo abbia davvero “ricreato” l’Europa, devastata e regredita, dopo il crollo dell’impero romano. Continua

Winston Churchill diceva che il Cremlino (a quel tempo c’era il regime comunista) era “un dilemma avvolto in un mistero, racchiuso in un enigma”.

Qualcosa di simile potremmo dire oggi del Vaticano. Forse è anche per quest’aura di segreto – oltre alla solennità e alla bellezza della “location” – che ha tanto successo una serie, pur banale e surreale, come “The young pope”.

Molto più appassionanti della fiction sono i misteri del Vaticano vero. Dove, per la prima volta nella storia della Chiesa, un papa – dopo mesi di pesanti attacchi – si è “dimesso” (per ragioni oscure), ma in realtà rimanendo papa.

Un Vaticano dove oggi convivono due papi, senza che nessuno abbia spiegato com’è possibile, dal momento che è sempre stato insegnato che può esserci un solo Successore di Pietro.

Dove – probabilmente – qualcosa di importante sta accadendo in questi giorni, dietro il silenzio impenetrabile dei sacri palazzi.

Purtroppo i media da tempo sembrano disinteressati all’informazione sulla Chiesa e la Santa Sede, forse perché troppo impegnati nelle celebrazioni e negli osanna.

Fatto sta che nessuno, almeno in Italia, sembra essersi accorto di una intervista esplosiva del numero 2 della Chiesa, il card. Gerhard Ludwig Müller, Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede (è il ruolo che ricoprì il card. Ratzinger al tempo di Giovanni Paolo II). Continua