La sinistra in Italia è traumatizzata. Questo spiega l’esasperazione dei toni, ogni giorno più aggressivi e più demagogici. Ha visto crollare tutte le sue certezze.

In breve tempo i compagni hanno perso le elezioni e il governo, vedendo insediarsi a Palazzo Chigi la leader della destra Giorgia Meloni. Hanno visto sgonfiarsi tutte le loro nefaste previsioni di crisi internazionale e di crollo dell’esecutivo di centrodestra (si è verificato esattamente il contrario).

Poi hanno perso la loro stella polare Usa con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca. Infine è scomparso papa Francesco che loro consideravano “il principale leader della sinistra” (D’Alema dixit). Continua

Per quanto i (neo, post o ex) comunisti nostrani, fischiettando, facciano finta di non conoscerlo, Vladimir Putin è (e rimane) un compagno, un comunista del Pcus fatto e finito, uscito dalla gelida fabbrica del Kgb. La riabilitazione dell’Urss in corso in Russia in questi anni (compresa quella di Stalin) lo dimostra platealmente. Come la felpa con la scritta CCCP esibita provocatoriamente dal ministro Lavrov in Alaska.

Cosa comporta il comunismo di Putin? Vuol dire che comprende soprattutto il linguaggio della forza, della supremazia militare e della violenza, perché è quello dalla storia sovietica, è il marxismo-leninismo. Perciò tende a considerare la mano tesa dell’avversario come un segno di debolezza. Continua

Walter Veltroni è il più rappresentativo leader della sinistra. Nel 1970, al tempo di Breznev, si iscrisse alla Fgci, organizzazione giovanile del Pci, di cui diventò poi dirigente. Agiografo ufficiale di Enrico Berlinguer (che fu il pupillo e l’erede politico di Togliatti), Veltroni è stato direttore dell’Unità, vicepremier di Prodi, ministro della cultura, sindaco di Roma e il primo segretario del Pd (forse sarà il prossimo candidato al Quirinale).

Ieri ha firmato un editoriale contro Trump sul Corriere della sera (dove pure il direttore arriva dall’Unità), con questo titolo: “Ma che fine ha fatto la serietà?”

È un titolo che qualcuno può facilmente ribaltare: ci si può chiedere “che fine ha fatto la serietà” anche quando si vedono persone, che sono state militanti e dirigenti del Pci al tempo dell’Urss, che oggi pretendono di insegnare la democrazia (anche agli americani). Continua

L’infatuazione marxista dei giovani del ‘68 ebbe un simbolo: il Vietnam, l’Indocina. Una generazione di politici intellettuali e giornalisti di sinistra si formò in quegli anni sbandierando quel simbolo.

È curioso che sia passato pressoché sotto silenzio il 50º anniversario della vittoria dei guerriglieri in Vietnam e in Cambogia che data appunto alla primavera del 1975. Perché nessuno più ricorda l’arrivo del regime comunista a Saigon e la presa del potere da parte dei Khmer Rossi in Cambogia?   Continua

L’ateismo, come la fede, è una scelta esistenziale dell’individuo. Invece con Marx divenne un pilastro filosofico dei partiti comunisti. Ma, come diceva Gilbert K. Chesterton, da quando gli uomini non credono più in Dio, non è che non credono in nulla: credono a tutto.

Infatti i comunisti avevano una fede cieca e assoluta nella loro ideologia. Prima professarono dogmaticamente la “religione” comunista: l’Unione sovietica era la salvezza. Vedevano nei Paesi dell’est il paradiso in terra, incuranti di ogni tragica smentita. E il capitalismo occidentale era il Male, il diavolo. Continua

Il governo europeista e anticlericale di Varsavia è in guerra con i cattolici polacchi. Wlodzimierz Redzioch, sulla “Nuova Bussola quotidiana”, ha illustrato l’ultimo episodio: “No al Museo di Wojtyła: il governo Tusk rigetta il cristianesimo”.

A 20 anni dalla morte del Papa il premier Tusk dovrebbe riconoscere il ruolo decisivo che egli ebbe nella liberazione del suo Paese e dell’Europa dal comunismo.

“Oggi” ha scritto il giurista Carlo Cardia “si può dire che Giovanni Paolo II è stato il pontefice più legato alla sua nazione, la Polonia, e quello che più ha contribuito a cambiare la storia del mondo”. Ecco come avvenne Continua

Oggi è il 35° anniversario dell’abbattimento del Muro di Berlino, evento simbolico che dette il via al crollo dei regimi comunisti dell’Est europeo(segnò di fatto la fine del Novecento). Ma è probabile che sui giornali questo anniversario non trovi grande spazio. E se anche uscirà qualche articolo sarà rievocativo: i partiti, la cultura e i media progressisti continueranno con l’atteggiamento di questi decenni sulla questione “comunismo”. Continua

Da mesi vediamo manifestazioni per la Palestina in cui si urla contro la cosiddetta occupazione israeliana (in realtà la Striscia di Gaza da decenni è governata dai palestinesi e così una parte della Cisgiordania).

Non se n’è vista una contro la vera occupazione (dal 1950) del Tibet da parte della Cina comunista la quale nel 1997 ha preso anche il controllo di Hong Kong e annuncia che presto toccherà a Taiwan (l’isola ha una grande importanza strategica per l’egemonia sull’area dell’Indo-Pacifico).

Ma chi manifesta contro la Cina? Nessuno. A quanto pare il regime comunista può occupare impunemente. Si protesta e si urla solo contro Israele, peraltro senza conoscere la storia del conflitto arabo-israeliano, né la situazione di quell’area. E non si protesta per lo Stato veramente occupato: il Tibet. Continua

“Perché ho scritto ‘Le favole del comunismo’ e perché questo titolo fa arrabbiare tanto tanti italiani”. Ha iniziato così Anita Likmeta, l’altroieri, il suo post polemico su X. La sua è una storia di immigrazione che però non piace a certi progressisti di casa nostra.

Tutto comincia con la madre Ela, sarta, che al crollo del regime comunista di Tirana scappa con due figli piccoli in Italia, dove sbarca nel 1991 con la famosa nave che arrivò a Bari carica di migliaia di albanesi. La giovane donna trova lavoro – appunto come sarta – e nel 1997 torna in Albania per prendere l’altra figlia rimasta con i nonni, che è Anita. Continua

Esattamente trent’anni fa, alle elezioni politiche del 27-28 marzo 1994, accadde un evento che avrebbe segnato la vita pubblica dei decenni successivi: la vittoria di Silvio Berlusconi che aveva appena fondato Forza Italia e aveva costruito – in tempi strettissimi – una coalizione di centrodestra (diversificata per territorio) prima inimmaginabile.

È ormai un avvenimento che appartiene alla storia. Si faranno studi e analisi sulle vicende di quegli anni, ma bisogna porsi anche una domanda di più largo respiro sui cambiamenti culturali che il “berlusconismo” politico comportò. Continua