Condivido le forti perplessità di Matteo Salvini sul Memorandum firmato dall’Italia con la Cina.  

So bene che con Pechino possono esserci opportunità commerciali da cogliere e so pure che i partner europei che oggi ci rimproverano lo stanno facendo più di noi e da tempo. Anche la UE predica bene e poi razzola male. 

Tutto vero. Ma qua c’è in gioco qualcosa di enorme, come gli equilibri geopolitici ed economici del mondo e bisogna andarci cauti, non si può irrompere in un tale campo minato con la naïveté, la superficialità e l’improvvisazione del nostro governo.

Basti citare il problema strategico sollevato dagli Stati Uniti, con grande allarme, quello delle telecomunicazioni: era sempre stato escluso, dall’esecutivo, che nel Memorandum si parlasse di telecomunicazioni e invece sono esplicitamente citate insieme ad altri temi strategici come energia e spazio. Fare il gioco delle tre carte su problemi così gravi dimostra una certa irresponsabilità.

Ma a parte questo enorme problema relativo al 5G e alla sicurezza, che in parte è stato contenuto grazie all’intervento del presidente Mattarella e della Lega, cosa c’è in gioco?

Il fatto è che siamo andati a metterci in mezzo allo scontro epocale fra due colossi: gli Stati Uniti e la Cina. E possiamo romperci le ossa.

Lo scontro è insieme economico e politico e riguarda il futuro del mondo. Come scriveva su “Limes” Francesco Sisci “lasse del potere economico del mondo si sta spostando”. 

Proprio in questi mesi la Cina sta tentando lo storico sorpasso sugli Stati Uniti per diventare il paese con il prodotto interno lordo più grande del pianeta. E secondo certi calcoli, se si paragonano i due paesi a parità di potere d’acquisto, già nel 2017 il Pil cinese è stato superiore a quello americano.

Da qui l’offensiva di Trump sui dazi, per riequilibrare il commercio mondiale in cui la Cina fa la parte del leone perché non garantisce né il libero mercato, né i diritti sociali e civili.

Senza un riequilibrio gli Usa e l’Occidente non saranno più il motore economico (e quindi politico) del globo. 

Non è preoccupante che lo diventi una potenza comunista che calpesta tutti i diritti umani e che ha 1 miliardo e 300 milioni di abitanti?

Del resto, come spiegava Pam Woodall, “la storia ci dice che, ahinoi, solo raramente tali spostamenti di potere economico avvengono in modo morbido”.

Si può davvero credere che gli Usa siano disposti a cedere alla Cina lo scettro del mondo? E l’Italia con chi si schiera?

Entrare nell’orbita economica cinese significa anche entrare nella sua orbita politica. Tanto è vero che già oggi la forza economica cinese condiziona i governi democratici occidentali : basti pensare al totale silenzio che essi osservano, nei rapporti con la Cina, sull’enorme problema dei diritti umani, fino al punto di rifiutarsi di ricevere il Dalai Lama per non “dispiacere” a Pechino. 

Il recente incidente verificatosi al Quirinale tra unfunzionario dell’ambasciata cinese in Italia e una giornalista del “Foglio”  fa capire come i cinesi considerano la libertà di stampa. E soprattutto fa capire che non intendono limitarsi a negarla in Cina, ma pretendono di farlo anche da noi.

Se già oggi, in nome degli affari, glissiamo allegramente sui diritti umani in Cina, domani cederemo anche sulla nostra democrazia se può danneggiare i “buoni rapporti”.

Del resto gli affari li fanno soprattutto i cinesi. Guido Crosetto ha picchiato sul governo: “Gli stessi che hanno fatto un provvedimento che punisce, giustamente e con una logica chiara, chi delocalizza in Romania, ora spingono alla creazione di un fondo pubblico per aiutare chi vuole delocalizzare in Cina. Con la logica politica non riesco a capire”.

Altro che Marco Polo, rischiamo di diventare Marco Pollo e farci spennare pure dai cinesi. Non è pessimismo, è realismo. Se son rose sfioriranno.

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Antonio Socci

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Da “Libero”, 25 marzo 2019

Il regime comunista cinese ha fatto terra bruciata attorno al Dalai Lama. La Cina non si contenta di aver invaso e annesso il Tibet, di perseguitare il popolo tibetano (ha sterminato migliaia di persone) e di aver costretto all’esilio il leader buddhista.

Grazie alla pressione diplomatica e al condizionamento economico che Pechino esercita, i governi e le istituzioni internazionali hanno sostanzialmente isolato il Dalai Lama.

E quando capita che egli venga (ancora per quanto?) ricevuto o invitato a qualche evento in Italia scattano delle manifestazioni contrarie anche da parte dei gruppi cinesi stanziati qua da noi. Sembra incredibile, ma i cinesi “d’Italia” protestano contro il Dalai Lama.

E’ accaduto un anno fa a Milano, quando gli fu data la cittadinanza onoraria (pure l’Ambasciata cinese protestò duramente) e – di nuovo – è stato organizzato da associazioni cinesi un corteo di protesta (ovviamente autorizzato), il 19 settembre prossimo a Firenze, in occasione del conferimento di una onorificenza al leader tibetano da parte del sindaco Dario Nardella.

Com’è noto nella zona tra Firenze e Prato è stanziata da anni una numerosissima comunità cinese. Si possono attraversare paesi interi vedendo per strada solo cinesi. Quindi è prevedibile che il corteo contro il Dalai Lama possa essere abbastanza consistente.

E’ un fenomeno folkloristico e irrilevante? Non proprio. E’ molto preoccupante.

Questo caso oltre a sollevare fortissimi dubbi sul grado di integrazione dei cinesi in Italia, ripropone una questione scottante sull’emigrazione (in generale) che è stata sollevata da Kelly M. Greenhill, docente di relazioni internazionali alla Tufts University e ricercatrice ad Harvard, nel libro “Armi di migrazione di massa” (LEG edizioni).

Richiamandosi a varie ricerche, la Greenhill afferma che Continua

Trovare in Occidente qualche personalità – della politica o della cultura – che oggi attacchi la tirannia comunista cinese è quasi impossibile.

Solo Trump sembra fare eccezione e infatti il mondo politico, intellettuale e giornalistico occidentale lancia anatemi contro di lui (e contro Putin, l’altro “cattivo”), non contro i despoti di Pechino.

Perfino il Dalai Lama, in Occidente, è stato isolato e dimenticato, secondo i desideri del regime cinese che lo considera un pericolo pubblico, perché simbolo del Tibet invaso dal regime maoista: l’8 dicembre scorso un altro tibetano si è dato fuoco per protesta ed è la 146a immolazione dal 2009 nell’indifferenza generale.

Per questo è un evento eccezionale la lettera che ieri, in occasione della Giornata mondiale per i diritti umani, è stata firmata da un centinaio di scrittori di tutto il mondo. Continua

Com’è noto perfino il Dalai Lama, che pure è in esilio ed è lui stesso ospitato in India, in questi mesi ha preso posizione criticamente sulla marea migratoria che si sta riversando sull’Europa: “sono diventati troppi. L’Europa e la Germania non possono diventare arabe. La Germania è la Germania”.

In quell’intervista alla Frankfurter Allgemeine Zeitung aggiungeva sui profughi: “Moralmente dovrebbero restare solo temporaneamente”, per poi tornare nel loro Paesi e “aiutarli nella ricostruzione”.

Chi invece fino a ieri si è sempre rifiutato di accettare queste sagge considerazioni è papa Bergoglio. Per quasi quattro anni ha tuonato contro chi voleva porre limiti all’emigrazione.

Ieri, improvviso il colpo di scena.

“MIRACOLO IN VATICANO: UN CIECO AVREBBE PARZIALMENTE RITROVATO LA VISTA”

Questo è l’ironica e un po’ irriverente battuta che circola in rete a proposito della parziale retromarcia ingranata finalmente (dopo quasi quattro anni) da papa Bergoglio, sull’emigrazione. Un blog del “Figaro” titola, più teologicamente: “Immigrazione: Il papa corregge Francesco”. Continua

I regimi comunisti sono sempre stati il trionfo dell’assurdo, dell’ottusità burocratica, il palcoscenico della demenzialità del potere, ma la Cina aggiunge adesso un altro tassello (tragi)comico.

Al capitolo V (articoli 36-39) dei nuovi regolamenti sulle attività religiose del regime comunista di Pechino, si dispone infatti che è vietato reincarnarsi senza il permesso del Partito.

E’ solo il regime che fa professione di materialismo ateo a poter certificare che si tratta di reincarnazione autentica.

Quindi i “budda viventi” del buddismo tibetano – per reincarnarsi – devono fare domanda, la quale “deve essere presentata per l’approvazione al dipartimento per gli affari religiosi del governo del popolo”.  Continua

C’è un tweet recente di papa Francesco che dice: “Chiediamo che vengano rispettati i popoli indigeni, minacciati nella loro identità e nella loro stessa esistenza”.

Benissimo. Condivido. Però mi chiedo: perché questo pontefice non difende anche il diritto all’identità e alla sopravvivenza degli “indigeni” italiani ed europei?

Perché la loro identità sarebbe da considerare cosa deteriore e detestabile? E perché la loro esistenza non dovrebbe essere salvaguardata?

ESTINZIONE

Se c’è un popolo che rischia davvero l’estinzione, oggi, è proprio quello europeo, anzitutto a causa di una deriva nichilista che, dagli anni Sessanta, ha spento la sua forza morale e spirituale, producendo una catastrofe demografica.

Pat Buchanan ha scritto:

Oggi nessuna grande nazione dell’Occidente ha una natalità capace di scongiurare  l’estinzione dei suoi nativi. Per la fine del secolo, altri popoli ed altre culture avranno in  gran parte ripopolato il Vecchio Continente.  L’Uomo Europeo pare destinato a finire come le 10 tribù perdute di Israele:  superate  in numero, assimilate e scomparse.  E  mentre i popoli europei, Russi, Tedeschi, Britannici, Baltici, calano in numero,  la popolazione dell’Africa,  stima l’ONU, raddoppierà in 34 anni, giungendo a due miliardi”. Continua