Trovare in Occidente qualche personalità – della politica o della cultura – che oggi attacchi la tirannia comunista cinese è quasi impossibile.

Solo Trump sembra fare eccezione e infatti il mondo politico, intellettuale e giornalistico occidentale lancia anatemi contro di lui (e contro Putin, l’altro “cattivo”), non contro i despoti di Pechino.

Perfino il Dalai Lama, in Occidente, è stato isolato e dimenticato, secondo i desideri del regime cinese che lo considera un pericolo pubblico, perché simbolo del Tibet invaso dal regime maoista: l’8 dicembre scorso un altro tibetano si è dato fuoco per protesta ed è la 146a immolazione dal 2009 nell’indifferenza generale.

Per questo è un evento eccezionale la lettera che ieri, in occasione della Giornata mondiale per i diritti umani, è stata firmata da un centinaio di scrittori di tutto il mondo.

UNA VOCE

E’ indirizzata al dittatore comunista di Pechino, Xi Jinping, e tra le firme più famose ci sono quelle di Salman Rushdie, Margaret Atwood e John Maxwell Coetzee.

Questi intellettuali denunciano l’arresto da parte del regime e la “sparizione” di diversi intellettuali cinesi che, in questi anni, si sono battuti per la libertà di coscienza e per il rispetto dei diritti umani.

In particolare Liu Xiaobo, Premio Nobel per la pace, che è stato condannato a 11 anni per aver scritto in favore della democrazia (sua moglie Liu Xia è agli arresti domiciliari).

Un altro caso denunciato è quello dell’accademico Ilham Tohti che è stato condannato all’ergastolo semplicemente per aver espresso i suoi dubbi sulla repressione del regime nei confronti della minoranza uigura dello Xinjiang.

L’agenzia Asianews, dando notizia di questa lettera, spiega che la Cina, è lungi dal volgere verso la democrazia. Anzi, “da quando Xi Jinping ha preso il potere nel 2012, in Cina si registra un forte giro di vite su dissidenti, scrittori, giornalisti, attivisti, accademici e avvocati per i diritti umani”.

Di questa brutta piega del regime comunista in Occidente non si ha sentore. Il sistema mediatico e le diplomazie dei governi sembrano aver rimosso la tragedia dei diritti umani in Cina.

EFFETTO BERGOGLIO

Pure la Chiesa cattolica, con l’arrivo al papato di Bergoglio, ha cancellato il “problema”, come una questioncella del passato che va dimenticata: hanno fatto impressione, fra i cristiani perseguitati, le imbarazzanti parole da lui pronunciate a questo proposito, in una famosa intervista.

Per tutto questo anche la voce di Asianews (dei missionari del Pime), fra le poche a dare puntuale notizia delle violazioni dei diritti umani in Cina, è molto scomoda. E pare mal vista in Vaticano.

Infatti papa Bergoglio sta spingendo fortemente per un accordo con il regime cinese sulla nomina dei vescovi e per ottenerlo si è esposto con una disponibilità esagerata verso Pechino (va ricordato che l’Associazione patriottica, la Chiesa di regime, era stata definita da Benedetto XVI “incompatibile” con la dottrina cattolica).

Le attuali posizioni vaticane hanno seminato sconcerto fra i cattolici cinesi che sono rimasti fedeli alla Chiesa (la cosiddetta “Chiesa sotterranea”).

Tanto che il cardinale Zen, vescovo emerito di Hong Kong, che è la voce storica della Chiesa perseguitata, un grande combattente per la fede e la libertà, ha esternato il suo netto dissenso.

Asianews, agli occhi della corte bergogliana, ha la “colpa” di dar voce a questa Chiesa perseguitata e al cardinale Zen.

Del resto i fatti danno ragione a lui. Infatti pure la situazione della libertà religiosa in Cina sta peggiorando, non migliorando: “la recente pubblicazione della nuova bozza di regolamento delle attività religiose in Cina non fa bene sperare” ha scritto Sandro Magister. “Appare ancor più punitiva della precedente, nei confronti delle ‘attività religiose illegali’ e ‘dipendenti dall’estero’. Un duro colpo per la Chiesa cattolica ‘sotterranea’ ”.

Tuttavia alla Cina tutto viene perdonato.

CENSURA

Anche dai media e dai governi occidentali. Perfino sulle questioni ambientali che di solito appassionano sia il progressismo occidentale che il papa argentino.

In questi giorni le stesse fonti ufficiali del regime hanno dichiarato – come scrive Asienews – che “la Cina ha il primato mondiale su tutti i tipi di inquinamento: anidride solforosa, gas d’azoto, emissioni di carbonio. In particolare, la regione Pechino-Tianjin-Hebei, la più industrializzata, è anche una delle più inquinate del pianeta”.

Ma per Bergoglio “l’economia che uccide” è quella occidentale, non quella comunista. E anche ambientalisti e politici progressisti sono stranamente afoni.

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Antonio Socci

Da “Libero”, 11 dicembre 2016

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