Il caos in cui Governo e Parlamento si sono ritrovati nelle ultime ore obiettivamente deriva dagli errori di Mario Draghi che è andato incontro a una disfatta: si può essere abili banchieri, ma non si è automaticamente degli statisti. Le sue sgrammaticature politiche sono state palesi e clamorose.
Anzitutto le dimissioni di giovedì scorso. Il Parlamento gli aveva dato la fiducia (ampia), ma il premier è andato a dimettersi per “il venir meno della maggioranza di unità nazionale”. Cosa era accaduto? Il M5S non aveva partecipato al voto sulla fiducia. La maggioranza c’era lo stesso, ma Draghi ha affermato che lui non intendeva guidare il governo se non c’era, a sostenerlo, la stessa coalizione con cui è nato.
Le sue dimissioni – dopo la fiducia del Parlamento – sono state per molti (anche all’estero) un gesto incomprensibile, oltretutto in un momento che tutti dicono delicato e drammatico per il Paese e per il mondo.
Che poi il premier abbia accettato di presentarsi alle Camere ha fatto pensare a una possibile marcia indietro, secondo il solito costume italico. In ogni caso ha dimostrato che le dimissioni erano state una decisione avventata. Continua