Ovidio ci fa un baffo. Il tempo delle metamorfosi – veloci e continue – è il nostro. Specialmente nel mondo che si definisce progressista (qualunque cosa voglia dire). Ormai tutti possono diventare tutto, in una transizione senza fine e senza approdi solidi.

Il testacoda identitario più surreale, quasi tragicomico, lo ha segnalato nei giorni scorsi Leonardo Panetta, giornalista di Mediaset, che ha illustrato, con un tweet e un video, un fenomeno stupefacente: “Alla Università della California, occupata dai manifestanti pro-Palestina, studenti progressisti fino all’altro ieri atei-gender fluid e così via si uniscono alla preghiera dei compagni di religione islamica. Nemmeno Houellebecq in Sottomissione aveva immaginato una scena così”. Continua

Ho visto lo spot delle patatine e francamente non mi ha scandalizzato. Non è un capolavoro, può essere ritenuto sciocco, fuori luogo, ma non mi pare grave.

Eppure ieri Avvenire informava: “Una chiara offesa alle convinzioni religiose delle persone. Con un provvedimento d’urgenza, il Comitato di controllo dell’Istituto dell’autodisciplina pubblicitaria ha bloccato la diffusione dei contestati spot di Amica chips in cui le ostie consacrate venivano sostituite dalle patatine”. Continua

Ieri abbiamo appreso – nientemeno dalle pagine di “Avvenire”, il quotidiano della Conferenza episcopale italiana – una cosa che nemmeno io ero arrivato a scrivere, nel mio libro “Non è Francesco”, sulla (tuttora) misteriosa “rinuncia” di Benedetto XVI.
Infatti alla pagina 2 del giornale dei vescovi si poteva leggere, testualmente, che ci sono stati “ambienti che, per i soliti motivi di potere e sopraffazione, hanno tradito e congiurato per eliminare papa Ratzinger, pur riconosciuto ‘fine teologo’, e l’hanno spinto alla rinuncia”.
Avete letto bene. E’ una notizia dirompente. 
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Chissà se Corrado Augias e Vito Mancuso, che su “Repubblica” denunciano l’ “operazione anestesia” della Chiesa sul cardinal Martini (specie sul “modo in cui Martini ha chiesto di morire”, dice Augias), saranno sobbalzati ieri, al titolo di “Avvenire” che recitava “Accudimento non ‘accanimento’”. Continua