Il clamoroso flop dell’appello di Romano Prodi ad appendere fuori dalle finestre la bandiera europea, il 21 marzo, fa un po’ ridere, ma dovrebbe pure far riflettere.
Oltretutto era stato rilanciato dai media e soprattutto era stato fatto proprio dal Pd che – per bocca del suo nuovo segretario Zingaretti – aveva twittato: “Chiedo a tutti di aderire e di raccogliere l’appello lanciato da Romano Prodi, di farlo nostro. Noi ci saremo!”.
Loro ci sono stati, infatti, ma con pochi intimi: bandiere europee alle finestre non se ne sono viste da nessuna parte. Solo “Repubblica” ha comicamente parlato di “successo dell’iniziativa”, espressione che in questo caso può avere solo un significato satirico…
Del resto il Pd non si è limitato a esporre (in solitario) la bandiera europea sul balcone (e solo quella europea, senza il tricolore), ha pure cancellato la bandiera italiana dai suoi social.
Cosa che ha scandalizzato molti, fra cui Giorgia Meloni che ha commentato: “Non contenti delle continue dimostrazioni di sudditanza, il Pd ufficializza la propria anti-italianità eliminando definitivamente il tricolore da Twitter e lasciando solo la bandiera dell’Ue. Ma quanto sono ridicoli?”.
A suo modo è una scelta simbolica assai rivelatrice. Infatti il Pd fa persino peggio del Pci che almeno, nel suo simbolo, dietro la bandiera rossa con falce e martello (che era la bandiera dell’Urss ), aveva mantenuto la bandiera italiana.
La Meloni – e non solo lei – considera dunque il Pd come il referente politico del partito anti-italiano. La cui ideologia viene quotidianamente amplificata e rilanciata su gran parte dei media.
E’ questo che spiega sia l’impopolarità del Pd (con tutta la Sinistra), sia il flop dell’appello prodiano. Un flop che, soprattutto alla vigilia delle elezioni europee, è clamoroso ed emblematico (sebbene taciuto dai media).
Il motivo è semplice: gli italiani hanno capito benissimo, sulla propria pelle, che fregatura sono stati l’euro e l’Unione europea.
Perfino un centro studi tedesco di recente ha calcolato che a vent’anni dall’entrata in vigore della moneta unica, la Germania è il paese che ci ha guadagnato di più e l’Italia è il paese che ci ha perso di più (“Nessun altro Paese l’euro ha portato a perdite così elevate di prosperità come in Italia”).
Per la precisione il nostro Paese ha avuto una perdita totale di 4.325 miliardi di Pil ed è di 73.605 eurola perdita economica pro capite degli italiani dal 1999 al 2017.
Al contrario per la Germania si calcola un guadagno di 1.893 miliardi di euro, ovvero 23.116 euro per abitante.
Tutto questo è conseguenza del meccanismo della moneta unica che è un marco svalutato e una lira super valutata ed era stato perfettamente previsto dagli economisti.
In questo quadro si capisce perché, nei giorni scorsi, il premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz, a proposito della possibile uscita dell’Italia dall’euro, ha dichiarato: “Se l’Italia esce causa una tragedia in Europa, se rimane la causa in Italia…”.
Ecco perché nella Ue vogliono un’Italia sottomessa e obbediente ai loro interessi che poi sono perlopiù quelli tedeschi. Vogliono un’Italia che accetta di continuare a suicidarsi per gli interessi stranieri.
Non a caso ieri Manfred Weber, il tedesco che la Merkel ha candidato alla guida della prossima Commissione europea, in una intervista a “Repubblica”, è arrivato a sfoderare un’arroganza da padrone dichiarando testualmente che “le destre nazionaliste vogliono riprendersi sovranità” ma lui vuole vincere le elezioni europee per scongiurarlo.
Così – ha aggiunto – “i paesi del Nord come la Germania, l’Austria o la Finlandia si devono prendere cura dei ragazzi dell’Europa del Sud”.
La traduzione è semplice: l’Italia, con la leadership della Lega salviniana, intende riprendersi la propria indipendenza e sovranità, per difendere i propri interessi nazionali, ma noi glielo impediremo continuando a tenerla sotto il nostro teutonico stivale.
Alle prossime elezioni europee dunque gli italiani dovranno decidere se dare un futuro di prosperità al nostro Paese, o votare per il bene della Germania facendoci definitivamente sottomettere come una colonia.
Va anche considerato che, in ogni caso, quell’operazione di palazzo compiuta nel 1992 e chiamata Unione Europea (da non confondersi con la precedente Comunità europea) è ormai al collasso.
Non solo per l’avanzata dei partiti euroscettici (ultima in ordine di tempo la vittoria elettorale in Olanda). Ma anche perché vanno in piazza i popoli che non sopportano più il regime germanico e l’impoverimento che comporta. Anche l’impoverimento di democrazia.
Lo dimostrano le vicissitudini della Brexit da cui emerge che la UE è come il Patto di Varsavia, una “unione” da cui non si può uscire se non pagando un prezzo salatissimo: un luogo da cui non si può uscire ha un solo nome: prigione.
Ma il collasso della UE è dimostrato pure dall’esplosione delle piazze in Francia, qualcosa che rischia di somigliare a una guerra civile.
François Billot de Lochner, in un articolo intitolato “Stiamo andando verso una nuova rivoluzione?”, ha riportato “un recente sondaggio” da cui emerge che “il 40% dei francesi è convinto che non saranno possibili cambiamenti nella loro società, senza una rivoluzione!”
Per far capire quanto è clamoroso questo dato, Billot de Lochner spiega che “mai i francesi, dopo la rivoluzione del 1789, si erano mostrati a tal punto rivoluzionari”, tanto è vero che “nella primavera del 1789, alla vigilia della Rivoluzione… gli storici più seri stimano che i rivoluzionari che volevano davvero abbattere la monarchia, erano meno del 5%. Eppure, con meno del 5% di rivoluzionari dichiarati, dal giugno 1789 la Francia fu messa a ferro e fuoco. Quali rischi possono esserci per la nostra società, con una percentuale del 40%?”.
Poi conclude: “Come si poteva immaginare che l’incredibile disprezzo di una piccola casta politico-mediatica verso una larga maggioranza della popolazione francese, in particolare del ceto medio, si sarebbe un giorno tradotta in una reazione violenta, di cui i Gilet gialli sono solo la punta dell’iceberg?”
Chi s’illude di risolvere il problema con la dura repressione, come Macron, o – come Weber – con il potere tecnocratico per rimettere in riga “i ragazzi del Sud Europa” è destinato al fallimento.
Nessun altro popolo europeo sarà disposto a subire quello che ha sopportato la Grecia. Del resto ci sono tanti segnali (come il recente crollo dell’indice PMI manifatturiero in Germania) che faranno capire a Berlino che il sistema di Maastricht è al capolinea. Non si può più tirare la corda, perché si spezza.
L’errore è stato pretendere di sostituire la precedente Comunità europea che De Gasperi, Adenauer e Schuman avevano costruito sulle comuni radici culturali cristiane, con una costruzione artificiale che ha sostituito le comuni radici cristiane con il dio-Mercato, che è basata sull’imposizione di una devastante moneta unica e sulla tecnocrazia europea la quale svuota le identità e le sovranità nazionali.
Il politologo Jérôme Fourquet sostiene che in Francia la cancellazione della matrice giudaico-cristiana è all’origine delle profonde divisioni e fratture del Paese. La stessa cosa si può dire per l’Unione Europea.
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Antonio Socci
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Da “Libero”, 24 marzo 2019