In Vaticano è appena iniziato il “Sinodo sulla sinodalità”: una tale Babele, confusa e autodistruttiva, che è stata ribattezzata da qualcuno “Casinodo”.

Nei giorni scorsi il cardinale Raymond L. Burke ha dato la chiave di lettura più realistica dell’evento: È purtroppo molto chiaro che l’invocazione dello Spirito Santo da parte di alcuni ha per scopo il far andare avanti un’agenda più politica e umana che ecclesiale e divina”. Continua

“In principio era il Verbo, alla fine le chiacchiere”. L’aforisma di Stanislaw Lec sembra adatto al Sinodo appena iniziato che è stato definito “il Concilio di Francesco”.

Basti dire che quello cominciato il 10 ottobre a Roma e ieri, in tutte le diocesi cattoliche del mondo, è un Sinodo sulla “sinodalità”. Un tema che sembra un cortocircuito, soprattutto se si pensa che papa Bergoglio, fin dall’inizio, ha (giustamente) tuonato contro la Chiesa “autoreferenziale”, cioè la Chiesa che si occupa di se stessa.

Adesso proprio lui ha deciso un Sinodo sul Sinodo che “si articolerà in tre fasi, tra l’ottobre del 2021 e l’ottobre del 2023, passando per una fase diocesana e una continentale, che daranno vita a due differenti Instrumentum Laboris, fino a quella conclusiva a livello di Chiesa Universale”.

E non è finita, perché tale Sinodo universale – che abbraccia tre anni – si interseca con l’esplosivo Sinodo della Chiesa tedesca e con il cammino sinodale della Chiesa italiana, che è cominciato a maggio e si concluderà nel 2025, nonché con i Sinodi locali che sono iniziati in diverse importanti diocesi.

Davanti alla montagna di documenti che saranno partoriti da tutte queste chiacchiere sinodali potremmo dire – restando al Prologo del Vangelo di Giovanni – “e il Verbo si fece carta”.

Ma, fra tanta carta, cosa resterà del Verbo? Dove gli uomini del XXI secolo troveranno concretamente il consolante abbraccio del Figlio di Dio, il vero Samaritano che comprende, sostiene, guarisce le ferite e salva? A quale angolo di strada si trova la compassione di Dio? A quale indirizzo reale si può incontrare? Con quale volto? Continua

E’ accaduto in una città polacca della Slesia, Legnica, che prende il nome dalle sue miniere di lignite. E’ un evento enorme, ma si è verificato in sordina.

Il 25 dicembre del 2013, nella chiesa parrocchiale di San Jacek, durante la Messa di Natale, il sacerdote distribuisce la comunione e un’ostia consacrata cade inavvertitamente per terra.

Secondo le norme in questi casi si raccoglie la particola e la si pone dentro il tabernacolo in un bicchiere d’acqua dove di lì a poco si dissolverà.

Così hanno fatto. Ma dieci giorni dopo, il 5 gennaio del 2014, uno dei sacerdoti si accorge che l’ostia c’è ancora e, in una sua parte, è diventata rosso sangue. Viene avvertito il vescovo che – passate due settimane – istituisce una commissione di studio.

Si prelevano alcuni campioni dalla zona rossa della particola e si sottopongono a rigorose analisi del Dipartimento di Medicina Legale che – alla fine degli esami di laboratorio – trae queste conclusioni: “Nell’indagine istopatologica si è scoperto che i frammenti di tessuto contengono parti frammentate di muscolo striato. L’insieme assomiglia molto al muscolo cardiaco, con le alterazioni che appaiono di frequente durante l’agonia. Gli studi genetici indicano l’origine umana del tessuto”. Continua

Circola un’indiscrezione su un presunto scontro fra papa Bergoglio e Benedetto XVI, ma io ritengo che non possa esserci stato. Se non altro per il carattere dei due, politico-gesuitico il primo, mite e gentile il secondo. Entrambi molto attenti ad osservare forme rispettose.

Può essersi trattato di una lamentela, con il sapore della velata critica, da parte di Bergoglio, ma lì in Vaticano anche un lieve sussulto è il segnale di un sommovimento profondo.

Sembra infatti che Bergoglio non abbia gradito l’elogio pubblico che Benedetto XVI ha fatto del cardinale Robert Sarah, il prelato africano che ha appena pubblicato in varie lingue il libro “Dio o niente”. Continua

1. Tutta la nostra speranza è in Cristo; egli è tutta la nostra gloria, gloria vera e salutare. La vostra Carità non ode oggi per la prima volta queste cose: voi infatti appartenete al gregge di colui che provvidamente pasce Israele 1. Ma, siccome ci sono pastori che amano esser chiamati pastori mentre si rifiutano d’adempiere l’ufficio di pastori, scorriamo le parole ad essi rivolte dal profeta secondo la lettura che abbiamo or ora ascoltato. Voi ascoltate con attenzione; noi ascolteremo con tremore.
Vescovi e cristiani.
2. “Il Signore mi rivolse la parola e mi disse: Figlio dell’uomo, profetizza contro i pastori d’Israele e di’ ai pastori d’Israele” 2.
Abbiamo ascoltato poc’anzi la lettura di questo testo, sul quale abbiamo stabilito d’intrattenerci alquanto con la vostra Santità. Ci aiuterà il Signore a dirvi il vero; e a ciò riusciremo se non presumeremo dirvi cose nostre. Infatti, se diremo del nostro, saremo pastori che pasciamo noi stessi, non le pecore; se invece ci viene dal Signore quel che diciamo, qualunque sia la persona che vi pasce, è sempre il Signore a pascervi.
“Queste cose dice il Signore Iddio: Guai ai pastori d’Israele! Essi pascono soltanto se stessi. Non è invece compito dei pastori pascere le pecore?” 3.
Vuol dire: i pastori non debbono pascere se stessi ma le pecore, sicché questo è il primo motivo per cui vengono rimproverati tali pastori: perché pascono se stessi e non le pecore. (…) Il Signore ci ha posti in questo luogo (di cui dovremo rendere stretto conto) per un tratto della sua condiscendenza e non certo per i nostri meriti. Ebbene, noi siamo insigniti di due dignità che occorre ben distinguere: la dignità di cristiani e quella di vescovi. La prima, cioè l’essere cristiani, è per noi; l’altra, cioè l’essere vescovi, è per voi.
(…) Noi, oltre ad essere cristiani, per cui dovremo render conto a Dio della nostra vita, siamo anche vescovi, e quindi dovremo rendergli conto anche del nostro ministero. Vi fo presente tale difficile situazione affinché vogliate compatirci e pregare per noi. Verrà infatti il giorno in cui tutto sarà sottoposto a giudizio 5; e quel giorno, se per il mondo intero è lontano, per i singoli uomini è vicino, coincidendo con l’ultimo giorno della propria vita. (…)
L’esempio dell’apostolo Paolo.
7. Un manto di questo genere aveva ricevuto dal buon popolo di Dio lo stesso Paolo, vedete, quando diceva: “Mi avete ricevuto come un angelo di Dio. Io infatti vi rendo testimonianza che, se fosse stato possibile, vi sareste cavati persino gli occhi per darli a me” 19.
Egli però, pur essendo stato fatto segno di tanto onore, forse che li risparmiò, a motivo dell’onore ricevuto, e li abbandonò nell’errore, temendo d’essere da loro rinnegato o elogiato con meno trasporto, poiché li rimproverava? Se avesse agito così, sarebbe stato tra coloro che pascono se stessi e non le pecore.
Avrebbe infatti ragionato così: Che me ne importa? Ciascuno faccia ciò che gli piace; il mio sostentamento è assicurato, e così pure il mio onore. Ho latte e lana a sufficienza. Vada pure ciascuno dove gli pare.
Ma davvero? ogni cosa è a posto per te quando ciascuno va dove gli pare? Non voglio supporre che tu sia vescovo; ti prendo come uno qualunque del popolo: ma anche allora varrebbero per te le parole: “Se un membro soffre, ne soffrono insieme tutte le membra” 20.
Pertanto l’Apostolo, ricordando ai lettori come si erano comportati nei suoi riguardi per non sembrare dimentico dell’onore da loro ricevuto, attesta che lo accolsero come un angelo di Dio e che, se fosse stato possibile, si sarebbero persino cavati gli occhi per darli a lui. Nonostante ciò, però, egli si china sulla pecora malata, in via di decomposizione, per incidere la piaga e non lasciar progredire l’infezione. Diceva: “Per avervi annunziato la verità, son dunque diventato vostro nemico”? 21. Ecco uno che dalle pecore prese il latte, come poco fa ricordavamo, e si coprì con la loro lana, ma non trascurò le pecore. Egli infatti cercava non i vantaggi propri, ma quelli di Gesù Cristo 22.
Una predicazione aberrante.
8. Mai dunque succeda che veniamo a dirvi: Vivete come vi pare! State tranquilli! Dio non condannerà nessuno: basta che conserviate la fede cristiana. Egli vi ha redenti, ha sparso per voi il sangue: quindi non vi dannerà. Che se vi viene la voglia d’andarvi a deliziare con gli spettacoli, andateci pure! Alla fin fine che male c’è? E queste feste che si celebrano nell’intera città, con grande tripudio di gente che banchetta e – come essa crede – si esilara, mentre in realtà si rovina, alle mense pubbliche… andateci pure, celebratele tranquilli: tanto la misericordia di Dio è senza limiti e tutto lascerà correre! Coronatevi di rose prima che marciscano 23! E anche dentro la casa del vostro Dio, quando ve ne venisse la voglia, banchettate pure! rimpinzatevi di cibi e bevande insieme con i vostri amici. Queste creature infatti ci sono state date proprio affinché ne godiate. O che Dio le avrebbe mai date agli empi e ai pagani, negandole poi a voi? Se vi facessimo di questi discorsi, forse raduneremmo attorno a noi folle più numerose; e, se pur ci fossero alcuni che s’accorgessero come nel nostro parlare diciamo delle cose inesatte, ci inimicheremmo questi pochi, ma guadagneremmo il favore della stragrande maggioranza.
Tuttavia, comportandoci in questa maniera, vi annunzieremmo non le parole di Dio o di Cristo, ma le nostre parole; e saremmo pastori che pascono se stessi, non le pecore.
Il pastore che uccide le pecore sane.
9. Dopo aver detto che cosa amino questi pastori, [il profeta] ci dice che cosa trascurino. Pecore viziate si trovano infatti per ogni dove, mentre sono pochissime le pecore sane e grasse, cioè nutrite del solido cibo della verità e capaci, per dono di Dio, di cibarsi in buoni pascoli.
Ora i cattivi pastori non risparmiano nemmeno queste. Non basta loro trascurare le prime, cioè le malate, le deboli, le fuorviate, le sperdute; per quanto sta in loro, essi ammazzano anche le forti e le grasse. Eppure esse vivono: vivono per un dono della misericordia di Dio, ma, per quel che dipende dai pastori cattivi, essi le uccidono. In che modo, mi chiederai, le uccidono? Vivendo male, dando cattivo esempio. O che forse fu detto invano a quel tal servo di Dio, esimio tra le membra del sommo Pastore: “Offri a tutti te stesso quale modello di opere buone” 24, e ancora: “Sii modello per i tuoi fedeli” 25?
Succede infatti talora che la pecora, anche quella forte, rilevi la condotta cattiva del suo pastore. Se per un istante essa distoglierà lo sguardo dai comandamenti del Signore, e lo fisserà sull’uomo, inizierà a dire in fondo al suo cuore: Se il mio pastore vive in questa maniera, chi sono io che non debba permettermi le stesse cose che egli fa? In tal modo uccide la pecora forte. (…)
Partecipi della croce di Cristo.
11. Come giudicare allora quei pastori che, per timore di dispiacere a chi li ascolta, non solo non premuniscono i fedeli contro le tentazioni che li sovrastano ma anche promettono una felicità temporale che Dio in nessun modo ha promessa allo stesso mondo? Dio predice al mondo, come tale, travagli su travagli, sino alla fine, e tu pretendi che il cristiano da tali travagli sarà esentato? Essendo invece cristiano, avrà da soffrire in questo mondo più che non gli altri! Dice infatti l’Apostolo: “Tutti coloro che vogliono piamente vivere in Cristo soffriranno persecuzioni” 33.
Piaccia o non piaccia a te, pastore che cerchi i tuoi vantaggi e non quelli di Gesù Cristo, l’Apostolo afferma: “Tutti coloro che vogliono piamente vivere in Cristo soffriranno persecuzioni”; e tu di’ pure: Se vivrai piamente in Cristo, diguazzerai nell’abbondanza di ogni bene. E se non hai figli, ne avrai e li alleverai tutti e nessuno ti morrà… Questo è dunque il tuo edificare? Guarda che cosa fai e dove costruisci. (…)
La sopportazione della prova.
13. “Ciò che era debole – dice – voi non l’avete sostenut”o 49. Son parole rivolte ai pastori cattivi e falsi, ai pastori che cercano i propri interessi, non quelli di Gesù Cristo; a coloro che godono per i vantaggi del latte e della lana ma non si curano affatto delle pecore e, quando le vedono malate, non le ristorano. (…)
L’eretico va ricondotto all’ovile.
14. “Quelle che erano fuorviate, voi non richiamaste [all’ovile]. Ecco il pericolo che ci sovrasta in mezzo agli eretici. Quelle che erano fuorviate non richiamaste[all’ovile]; quelle che si erano perdute non le ricercaste” 53.
Noi, si voglia o no, ci troviamo in balia di predoni e come fra i denti di lupi feroci. In mezzo a tali nostri pericoli, vi scongiuriamo di pregare per noi. Si tratta di pecore riottose, le quali, quando si vedono ricercate nella via dove si sono smarrite, si proclamano estranee a noi per un loro errore e con loro perdizione.
Perché vi interessate di noi – dicono -, perché ci ricercate? Quasi che la ragione per cui ce le prendiamo a cuore e le ricerchiamo non sia l’essere loro nella falsità e sulla via della perdizione!
E insistono: Se sono nell’errore e nella perdizione, perché mi vieni appresso? perché mi cerchi? Proprio perché sei nell’errore, te ne voglio cavar fuori; proprio perché sei perduto ti voglio ritrovare! Ma io voglio errare così, e così magari perdermi! Vuoi errare e perderti così? Quanto più saggiamente io voglio impedirtelo! Ve lo dico francamente: Sarò un importuno, ma conosco le parole dell’Apostolo: “Annunzia la parola, insisti e quando è opportuno e quando è importuno” 54.
A chi si predica opportunamente e a chi importunamente? Opportunamente a chi vuol ascoltare, importunamente a chi non lo vuole.
Ebbene, sarò importuno quanto vi pare, ma con coraggio debbo dirvi: Tu vuoi camminare nell’errore e andare alla perdizione? Io non lo voglio. Del resto, non lo vuole nemmeno colui che mi infonde timore. Sì, anche se io lo volessi, osserva cosa mi dice lui, cosa mi fa risuonare agli orecchi: “Le pecore fuorviate voi non avete richiamate [all’ovile] né avete ricercato le pecore perdute” 55.
Dovrò io temere te più che non lui? Tutti infatti “dovremo presentarci al tribunale di Cristo” 56.
Non ho quindi timore di te, in quanto tu non riuscirai di certo a rovesciare il tribunale di Cristo, magari sostituendolo con quello di Donato. Pertanto ti richiamerò se sei una pecora sbandata, ti cercherò se sei perduta.
Vuoi o non vuoi, farò così. E se nel ricercarti mi feriranno i rovi delle siepi, anche in tal caso mi caccerò nelle loro strettoie, frugherò per tutte le siepi e con tutte le forze che mi darà il Signore, autore della mia paura, mi spingerò per tutto il mondo, richiamando all’ovile chi si era sbandato, ricercando chi s’era perduto. Se tutto questo ti riesce insopportabile, non andare fuori strada, non metterti sulla via della perdizione.

Sant’Agostino, Discorso 46

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